di Paolo Campidori. Era il 1960 quando fra le sacre sponde dell’italica penisola andava in scena, come su di un enorme teatro, il cosiddetto “Boom economico”, periodo altrimenti chiamato “I favolosi anni ’60″. L’Italia in quel periodo stava veramente vivendo un “boom economico”? Molti lo credevano, altri invece snobbavano questa idea e, nella loro scetticità, facevano finta di crederci. In realtà, nel nostro Paese, le cose erano cambiate profondamente; l’industria stava prendendo piede a scapito dell’agricoltura, e nelle case arrivavano delle pingui ‘mesatine’, come le chiamavano dalle parti di Terni, che permettevano all’italiano medio di fare una vita un po’ più agiata. Ognuno si motorizzava, come poteva, acquistava la Vespa, la Lambretta e un po’ più tardi la “quattroruote”, la famosa “Cinquecento” idolo dei giovani dell’epocae c’era chi si poteva permettere la ‘spyder’ rossa. In questo mio racconto (vero dalla prima all’ultima parola) racconto o meglio traccio uno ‘spaccato’ della società bene, dei VIP romani, nella pineta e spiaggia di Fregene a pochi chilometri da Roma, dove io, insieme ad altri miei compagni della Scuola Alberghiera di Firenze, fummo mandati per uno ‘stage’ di studio-lavoro (ma soprattutto lavoro). Io che venivo dalla campagna del Mugello, timido e un po’ imbranato, mi ritrovai in questo ambiente per me ‘surreale’ del litorale laziale, allora molto alla moda, dove i VIP romani avevano la propria villa, immersa nel verde dei pini. Le ville avevano un aspetto orientale, magico, ed io che venivo dalla campagna mi sembrava di vivere dentro una favola.
Sono sicuro che a qualcuno questo titolo sembrerà un po’ esagerato. In realtà lo è. Alcuni lettori diranno: “le solite megalomanie di Campidori”? No, questa volta non è così e cercherò do piegarvi perché. Durante il mio primo tirocinio estivo, quando da giovanissimo frequentavo la scuola alberghiera di Firenze, Aurelio Saffi, corso quadriennale di segreteria, fui mandato con altri compagni di scuola a fare uno ‘stage’ della durata di tre mesi e mezzo (dalla chiusura delle scuole al rientro di settembre) a Fregene presso Roma. L’albergo e notissimo ristorante “Villa dei Pini” era, allora, il locale più alla moda, ma anche il più ’chic’ della costiera (Tanto era di moda che fu incluso in un paio di fiilms-documenti della vita notturna dei nababbi dell’epoca, come “Europa di notte” ed un altro che non ricordo il titolo) . Era, decisamente, un luogo di ritrovo per VIP, qualche nome di allora? Per il momento vi dirò che c’era tutto il mondo della politica, del cinema, della televisione, degli scrittori, commediografi, ecc. ecc. La televisione in bianco e nero (non ricordo bene l’anno, ma mi sembra fosse il 1960) si stava affacciando prepotentemente alla ribalta e stava dando “filo da torcere” al cinematografo, e anzi, lo stava sostituendo. Prima di farvi alcuni nomi, vi dirò che molti di questi personaggi si trattenevano a Villa dei Pini per tutta la stagione estiva, e il sabato e la domenica si aggiungevano, vari altri personaggi, che avevano la villa a Fregene, per passare il sabato sera insieme, per fare giochi di società, oppure di beneficenza.
Il grande comediografo napoletano Eduardo De Filippo
Qualche nome: i Ministri Pella, e Scelba (uno di loro era il premier), Alberto Moravia, lo scrittore, autore di tanti libri di successo, il commediografo Eduardo di Filippo che si era portato tutta la famiglia (figlioletto, baby sitter, ecc.), e poi un nutrito numero di attori, cantanti, cinematografari: citerò fra gli altri: Marcello Mastroianni, Mario Riva, il Quartetto Cetra, Raf Vallone, ecc. ecc. Io, al contrario dei miei compagni che furono destinati a fare i camerieri, ebbi molta fortuna (si fa per dire) e fui destinato al bar di Villa dei Pini a fare il barista. Ho imparato lì a fare tanti cocktails usando lo shaker e a fare tante altre bevande ‘à la mode’. Ora i ricordi sono un po’ svaniti, ma tuttavia ancora molto presenti nella mia mente. Ce ne sarebbero aneddoti da raccontare. Uno dei clienti fissi che tutte le sere si sedeva nel salotto-bar, proprio davanti a me era Edoardo De Filippo con il figlioletto ed una graziosa baby sitter napoletana, che era anche simpatica. Eduardo, da buon napoletano, voleva il caffé alla napoletana, quello verace e se lo gustava piano piano. Ce l’ho ancora davanti agli occhi Eduardo, con n il volto solcato da rughe profonde, dagli zigomi pronunciati e sempre con la stessa espressione semi-seriosa, che nascondeva però un umorismo attento e intelligente. Un altro ‘ospite’ fisso dell’Hotel Villa dei Pini era il famoso Mario Riva, mancava solo per gli impegni (di registrazione) RAI, del Musichiere; lo stesso facevano il Quartetto Cetra, allora molto famosi.
Il grandissimo attore Marcello Mastroianni
Ve li ricordate? Erano sempre insieme, compagni inseparabili, anche a Villa dei Pini. Ogni sabato il “Quartetto”, e amici, si riunivano davanti al televisore per vedere il programma da essi registrato nel corso della settimana (allora i programmi erano rigorosamente in differita). Un altro ospite che io ho visto per lungo tempo in albergo e che ho avuto come cliente fisso al bar era lo scrittore Alberto Moravia, sempre taciturno, non rideva mai. C’è un aneddoto che lega questo noto scrittore con un nostro cameriere. Sia questi che Moravia erano claudicanti da una gamba e spesse volte capitava che si ‘incrociassero’ nel ristorante, o nel giardino: uno, per questa loro mancanza piegava a destra e l’altro a sinistra e certe volte rischiavano di urtarsi. Era davvero comico, anche se non dobbiamo scherzare sui difetti delle persone.
Gli inseparabili del Quartetto Cetra, famosi negli anni ’60
Ho fatto tanti cocktails a Marcello Mastroianni e a tante attrici che soggiornavano a Villa dei Pini. Raf Vallone, insieme ad un noto industriale della pasta, era l’organizzatore di feste di società e anche di beneficenza, e queste si svolgevano nla sera dopo cena. Tanto per farvi capire l’eccentricità di questo luogo di villeggiatura per VIP, furono ospiti per un mese (forse più), tutto il seguito del Re dello Yemen, con i dignitari e qualcosa come un paio di centinaio di concubine, sempre scortatissime da soldati del Re con la sciabola sguainata. Esse passavano dal ristorante, dove avevano una sala esclusiva, alla loro dependance, tutte in fila, con il volto coperto ad esclusione degli occhi. Esse non frequentavano il bar, tutto ciò che desideravano veniva portato loro nella loro dependance di lusso.
Donne vestite con abiti orientali
Concubina orientale – Dipinto, collezione privata
Mi è capitato di vederle spesso, passare in fila, a dovuta distanza, poiché sarebbe stato un pericolo per la vita di tutti coloro che fi fossero avvicinarti alle concubine del Re. Alcune di loro trasparivano dai loro ‘veli’ (burka) delle facce ‘orientali’ da favola, con occhi davvero incantevoli. Alcune di queste erano giovanissime, altre più ‘mature’, alcune erano addirittura anziane. Un fotografo, un reporter di un importante settimanale si arrampicò fino al primo piano della dependance per fotografarle e per fare un servizio, che sicuramente gli avrebbe fruttato un bel gruzzolo. Fu subito scoperto da una di queste ‘guardie’ che con una sciabolata gli tranciarono un paio di dita, con conseguente sequestro della macchina fotografica. Essi stavano in una sorta di “isola” territoriale diplomatica, per cui questo fotografo veramente rischiò molto. Il Re, invece soggiornava in un hotel di lusso a Roma, con un ristretto numero di dignitari di corte. Il re era vecchio e malato, forse aveva contratto una di quelle malattie veneree, allora malattia molto comune in Oriente e nello Yemen. Un giorno, annunciò una sua visita al suo Harem, e durante il viaggio da Roma a Fregene, una volta arrivato a Maccarese (ormai alle porte di Fregene) chiese di tornare a Roma poiché il viaggio gli pareva troppo lungo!!!
Questo e tanti altri aneddoti simpatici mi affiorano alla mente, come ricordo di un’età spernsierata, proprio come era quella dei “favolosi anni ’60″.
Paolo Campidori, Copyright
Featured image Alberto Moravia. Altre immagini, fonte Paolo Campidori.
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