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I figli dell’ombra di Maria Tranquilli

Creato il 19 febbraio 2016 da Soleeluna

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Cassandra, dopo aver salutato la sua amica Aleesha, si diresse a casa e mise in carica la batteria dell’ipod che intendeva usare per la corsa del giorno seguente. Non era più sua abitudine andare a messa la domenica mattina, motivo per cui i Morales l’accoglievano in casa loro con sorrisi tirati sulle labbra.

Nuda, si diresse al bagno dove intendeva lavarsi. Pensare alla freddezza con cui sarebbe stata accolta da Euphemia le fece rimpiangere di avere accettato l’invito.

Insaponò i capelli rosso-rame e si diede una sciacquata al viso bianco, caratterizzato da un piccolo naso all’insù tipico di tutta la sua famiglia.

Con gli occhi di due tonalità diverse – il sinistro celeste e l’altro viola – e una fronte importante, Cassandra era considerata di bell’aspetto da molti dei ragazzi che frequentavano l’unico istituto scolastico di Whitesouls.

Babette Perry:

Come ogni giorno Babette Perry, aveva aperto gli occhi con estrema pigrizia, desiderosa di rimanere tutto il giorno a letto. Si costrinse a tirare fuori un piede dal caldo piumino, dove sarebbe rimasta accoccolata, non solo per quel giorno ma forse per la sua intera esistenza.

Si diresse in bagno strascinando i piccoli piedi ereditati dalla nonna materna. Piccola e con lunghi capelli neri che la giovane lasciava sempre sciolti e dei tratti somatici tipicamente indiani, dopo essersi data una leggera rinfrescata si diresse in camera sua per vestirsi.

Nolan Mayer

Con la mente piena di pensieri, Nolan raggiunse il ponte per passare il fiume che in quel periodo dell’anno era in secca. Si era preso una cotta per Cassandra più o meno in concomitanza con Robert Sharman il quale, a sua differenza, era riuscito a fare breccia nel cuore della ragazza.

Sebbene una parte di lui aveva, soprattutto nei primi tempi, accusato molto la rivalità con l’altro, non era mai riuscito a considerarlo un vero nemico in amore.

Il suono delle ruote di un’auto che inchiodano bruscamente strappò Nolan dal suo sogno ad occhi aperti, il ragazzo spostatosi goffamente nel tentativo di non essere investito incrociò per un attimo lo sguardo pieno di collera di Samuel Ortiz capitano della squadra di pallanuoto di Whitesouls.

«Che cazzo, palla di lardo guarda dove vai!» urlò Sam senza smettere di suonare il clacson.

Coline Cooper

Coline era la prima a chiedersi che cosa ci facesse con un perfetto idiota come Samuel Ortiz. Con la sua intelligenza, con la sua bellezza e classe, sapeva di poter avere qualsiasi ragazzo della città e forse del mondo intero, ma alla fine si era accontentata di un semplice capitano della squadra di pallanuoto.

Diede una sistemata al vestitino, ci teneva ad essere sempre impeccabile ma senza eccedere: mantenere un certo decoro era d’obbligo a Whitesouls se non si voleva finire nella lista nera della città.

Spesso impegnata nel volontariato all’ospedale e tra gli anziani, la ragazza, con un quoziente intellettivo degno di nota era riuscita a diventare un esempio per le sue compagne di scuola e un vero modello per molti altri.

Diede un’occhiata di sbieco al fidanzato impegnato nella guida, «Ti va di fare l’amore?» gli chiese avvicinandosi a lui con fare provocante.

Constant Young

Erin aveva visto lo sguardo di suo figlio spengersi ogni giorno di più e l’essere impotente l’aveva avvicinata ancora di più a Dio.

Aveva anche tentato, con l’aiuto di padre Morales, di coinvolgere Constant in quel viaggio spirituale nel quale lei si era incamminata da sola. Suo marito si era completamente buttato nel lavoro, incapace di accettare la realtà.

Ma la parola di un uomo, morto duemila anni prima, non riusciva a cancellare quella sensazione di sconforto che l’handicap aveva lasciato nel cuore di Constant.

E se l’apprendere cosa fosse successo ai suoi amici, che erano con lui in auto quel giorno lo aveva profondamente scioccato, scoprire che mai più sarebbe tornato a camminare lo aveva distrutto psicologicamente.

Garnette Long

Garnette Long insegnate di scienze con un completo molto elegante e di classe, amava risparmiare tanto quanto concedersi ogni lusso, si alzò dal tavolo e, con la sua borsetta da sera, si diresse alla toilette per le signore.

Non aveva mai preso in considerazione l’idea di diventare moglie di qualcuno, né tanto meno madre; entrambi erano, a suo dire, due ruoli che richiedevano molto tempo ed energie e non se la sentiva di affrontare un’esistenza fatta di sacrifici e rinunce.

Si diede una rinfrescata al viso mentre una serie di domande le invadevano la mente come un fiume in piena; passare tutta la vita con Wilburn non le dispiaceva, ma lavare, cucinare, occuparsi di lui quando ne avrebbe avuto bisogno.

Un matrimonio avrebbe implicato dei figli, miriadi di pannolini sporchi di cacca comparvero nella sua mente.

Davanti ai suoi occhi scomparvero le ore dedicate allo shopping, al parrucchiere del sabato mattina, alle sedute dall’estetista: quelli erano soldi suoi, denaro che gestiva in modo di avere tanto spendendo poco e non voleva condividerlo con altri, era suo, apparteneva solo a lei.

Samuel Ortiz

Sam barcollando si diresse al letto dove si sdraiò pesantemente.

Rimase per qualche istante in una specie di dormiveglia e in quel frangente, quasi in automatico, la mano gli scivolò nei pantaloni. Cominciò a toccarsi eccitato, avrebbe voluto che Coline fosse lì con lui e il pensiero gli riportò alla mente come l’aveva trattata quella mattina.

L’incapacità di gestire l’ira era il motivo per il quale da bambino aveva dovuto frequentare uno psicologo che, grazie a diverse tecniche, era riuscito ad insegnargli come gestirsi.

Poi un giorno, complice qualche birra di troppo, Sam si era lasciato andare ad un attimo di rabbia. Ricordava bene quella sensazione di liberazione che aveva provato, e il pensare ad essa e a cosa era stata capace di fargli fare, lo eccitò maggiormente.

Mosse la mano con più trasporto mentre nella sua mente il ricordo di lui sopra Nikosi Sullivan si fece più vivo, rammentò le sue mani sporche di sangue e il viso del giovane, che aveva osato dargli dell’omosessuale, completamente tumefatto dai cazzotti.

Aleesha Morales

  «Mamma è di sopra con Aleesha, la sta aiutando con la fascia di contenimento» ripose Chasity con fare quasi disgustato. Non era tanto l’idea di indossare la fascia ad infastidirla, anche lei la portava, ma le storie che quella mattina sua sorella aveva fatto pur di non metterla.

  «Mi duole la schiena» aveva urlato tra le lacrime mentre supplicava sua madre di risparmiarla almeno per quel giorno.

  «Non avresti questo problema se tu non fossi una peccatrice!» le aveva urlato in faccia Euphemia inorridita da quanto accaduto la sera prima. «Sei una vergogna per me, una vera disgrazia, non posso lasciarti uscire un attimo che mi torni subito a casa con pensieri osceni nella mente, tu sei incapace di stare lontano dal peccato e questo tuo atteggiamento offende Nostro Signore!» continuò a rimproverarla.

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