È un classico della fantascienza anni ’50, ma non si può considerare il capolavoro del grande scrittore americano. Ci ha lasciato migliori testimonianze con “Cristalli sognanti” e con lo struggente “Nascita del superuomo”. Gurlick è un vagabondo, un pezzente che scrocca un goccetto nelle bettole e fruga nei bidoni della spazzatura per rimediare qualche avanzo sfuggito ai gatti randagi. Per uno strano caso, ingolla una spora annidata in un residuo di panino alla salsiccia. Il microrganismo non è di questo mondo, viene dalle profondità dello spazio ed è, ovviamente, l’avanguardia di una strana invasione. Gurlick diventa il testimone involontario, anzi il tramite di una incredibile trasformazione che si profila agli occhi dell’umanità. I cittadini del mondo, di ogni razza sesso età, sono destinati ad unire le loro menti a quelle di Gurlick-Alieno e diventare un unico grande organismo psichico. Allora tutti sentiranno le sensazioni di tutti, sperimenteranno gli interessi degli altri, i loro gusti, le loro pene, le loro gioie. Condivideranno interessi, capacità e conoscenze. L’umanità diventerà un blocco unico, indivisibile. Ma il risultato sarà certo?
Qui sta l’attualità del libro, che leggiamo d’un fiato, spinti da curiosità e meraviglia. In questo mondo diviso (ma destinato a stare unito nel fenomeno della globalizzazione) gli individui diffidano degli altri individui, cercano disperatamente la loro identità, criticano il diverso e si sentono costantemente minacciati. Eppure c’è un costante richiamo all’unità e alla solida-ietà. O si attua il vero incontro tra i popoli o si è destinati a sperimentare nuove guerre e nuove barbarie, ancora peggiori di quelle che si sono già vissute.
Questa è la sfida vera dell’immediato futuro. Si legga “Identità e violenza” del filosofo ed economista indiano Amartya Sen, per averne un’idea.
Sturgeon è mosso dalla stessa esigenza e dagli stessi timori. Solo che lui è uno scrittore di fantascienza e preferisce intrattenerci con una storia incredibile e fulminante. Una parabola, ma che ha qualcosa di profetico, sia pure in una visione pessimistica.
Giuseppe Novellino