Tra tutti i titoli presentati nel concorso torinese, una posizione di rilievo la occupa sicuramente La plaga (la piaga), pellicola d'esordio della regista catalana Neus Ballús (classe 1980). Ritratto sociale di taglio semidocumentaristico composito e sfaccettato che non si presenta come un affresco collettivo bensì come un quadro di esistenze ai margini lineare e toccante, il film mette in scena cinque storie intrecciate nella canicola spagnola di fine estate: un wrestler moldavo che lavora come bracciante, un agricoltore che coltiva cibo organico, una prostituta sola nella campagna alla periferia di Barcellona, un'infermiera filippina e l'anziana Maria (alla cui memoria il film è dedicato), donna con gravi malformazioni fisiche attaccata alla vita e alle proprie radici.
A dominare le vite dei personaggi (che interpretano loro stessi) sono la solitudine, la crisi economica, l'insofferenza, la disillusione, il desiderio di evasione da una realtà in cui sembra non esserci spazio per sperare in un futuro migliore. Intorno a loro, in un clima di precarietà tangibile, la periferia di Barcellona, tra complessi industriali, costruzioni popolari e strade ad alto scorrimento.
Fortemente radicato alla realtà, il film emana una sincerità di intenti che diventa partecipazione emotiva assoluta. La pietas per i personaggi, è il pregio più evidente di una pellicola che, senza alzare la voce, rifiutando espedienti patetici, si eleva ad una rappresentazione di provincia livida e toccante, in cui la dignità dei protagonisti non viene mai meno, nemmeno nelle situazioni più desolanti.
Il sapiente uso del paesaggio, che non si limita ad essere uno sfondo su cui si muovono gli attori, è evidente nello scarto finale in cui, dopo una pioggia catartica, la regista lascia spazio ad una possibile (ri)nascita.
«A causa del sentimento di solitudine e incertezza che lo pervade, considero La plaga un western contemporaneo» (Neus Ballús).
Voto: 3/4