I Fori Imperiali di Roma come l’Acropoli di Atene? Strade chiuse, monumenti aperti alla città
Creato il 14 giugno 2013 da Filelleni
Atene: l’Acropoli; Roma: i Fori Imperiali … Hanno qualcosa in comune queste due città con i loro monumenti simbolo? Sì, molto. Ed ancora di più, ci auguriamo, dopo il promesso ed atteso annuncio del neo-sindaco Ignazio Marino: dal 15 agosto l’area dei Fori Imperiali sarà pedonalizzata. Di frequente siamo intervenuti su questo argomento. Non abbiamo alcuna intenzione di tornare sul già scritto, né di riproporre la lunga e tormentata storia del progetto e delle sue trasformazioni, da Ernesto Nathan a Antonio Cederna, da Luigi Petroselli a Francesco Rutelli, fino alle recentissime battaglie intraprese da Legambiente. Acqua passata a questo punto. Ora un progetto -minimale quanto volete- c’è. Sarà chiuso il tratto dell’asse dei Fori Imperiali compreso tra via Cavour, Largo Corrado Ricci e il Colosseo: qui passeranno solo mezzi pubblici. Il traffico privato sarà dirottato sul percorso via degli Annibaldi/ Nicola Salvi/ Labicana. Una porzione del quartiere Monti sarà così compresa all’interno della ZTL. Come evidente, si provvederà a fluidificare il passaggio delle auto nelle strade alternative e saranno predisposti controlli ai varchi della ZTL. Ma perché chiudere strade intorno ai monumenti simbolo delle città che finora –del tutto impropriamente- sono serviti da magnifici, spettacolari, spartitraffico? Così Alberto Arbasino aveva definito il Duomo di Firenze prima della pedonalizzazione dell’ ottobre 2009; così, in molti hanno detto del Colosseo. Per rendere le città più vivibili? Più appetibili per i turisti? Contro lo smog? Tutto qui? In realtà non si tratta solo di chiudere una strada e di controllare gli accessi della ZTL. Bisogna chiudere strade per aprire i monumenti, per restituire parchi archeologici/culturali non solo ai turisti, ma innanzi tutto ai cittadini. Atene insegna. Lì sì, sono state pedonalizzate Dionysiou Areopagitou, Apostolou Paulou e via Hermou. Basta passeggiare, una sera d’estate, sotto l’Acropoli illuminata, proseguire oltre e scorgere il profilo dell’Hephaisteion, arrivare fino al Dipylon ed al Ceramico, lasciarsi incantare davanti alla Torre dei Venti, alle colonne dell’Agorà romana, fermarsi di fronte ai marmi del Partenone illuminati dietro i vetri del nuovo Museo dell’Acropoli per avere la certezza del successo dell’operazione. E non ho ricordato le chiese, le moschee le facciate neoclassiche, i palazzi più recenti. La chiusura delle strade è inserita in un progetto molto più ampio e complesso che parte da lontano. Come per Roma non si tratta di un’idea nuova. Contestualmente alla scelta di Atene quale capitale della neonata nazione greca, nacque l’idea di un grande parco che, in omaggio al glorioso passato della città, fosse esclusivamente archeologico. I progetti ottocenteschi prevedevano una forte cesura, una vera e propria netta contrapposizione, tra l’antico e il moderno che, preferibilmente, sarebbe dovuto nascere altrove. E’ sul finire degli anni ’70 del XX secolo che, per fronteggiare degrado ed inquinamento del tessuto urbano, si provvide alla redazione di un organico piano denominato “Atene città capitale 2000”. Il progetto, trasformatosi in legge (n. 1515/1985), propugnava la riqualificazione della città ed in particolare del suo centro storico e faceva esplicito riferimento alla realizzazione di un grande parco culturale cittadino che comprendesse i più importanti e ben noti monumenti di età classica e bizantina, i resti della città ottomana e del XIX secolo unitamente a piazze, vie o edifici di rilevante importanza storica. Va da sé come l’assunto di base non si limitasse alla mera riproposizione di un parco archeologico. Per la prima volta, allargando gli orizzonti, si prospettava un parco culturale che, con pari diritti, comprendesse anche le evidenze monumentali di età successiva. Articolato in dodici settori esso comprende: il Kolonos Hippios, le aree dell’Accademia e del Dromos; il Ceramico; le colline meridionali; l’Agorà del Ceramico, l’Agorà romana, la Biblioteca di Adriano, l’Areopago, l’Acropoli e le sue pendici; il quartiere di Plaka; il Palazzo Reale con il giardino nazionale e Zappeion; l’Olympieion con le rive dell’Ilisso; il primo cimitero di Atene; la collina dell’Ardetto e lo stadio; l’area compresa tra il Museo Bizantino e l’Hilton ed infine il Licabetto e le sue pendici. Abbandonata la giustapposizione tra antico e moderno, è piuttosto l’idea del dialogo e della lettura della topografia storica della città nel suo complesso a sostanziare il progetto. Nella piena consapevolezza della complessità della realtà urbana da intendersi come un variegato e fluido palinsesto comprendente in sé intrecci e stratificazioni di età greca, romana, bizantina, ottomana, neoclassica e moderna, si è volutamente fatto proprio della mescolanza e della contaminazione il valore da perseguire ed il tratto caratteriale da preservare. E nelle bollenti notti estive, come anche nelle terse giornate che, spesso già a febbraio, preannunciano la primavera, non sono solo i turisti a passeggiare nelle strade pedonalizzate del parco. Ma soprattutto gli Ateniesi. Famiglie che sciamano, visitano; coppie che si fermano e guardano; giovani in bicicletta; ragazzi ai tavolini dei bar a sorseggiare una bibita o a mangiare un gelato; bambini che giocano sul pavé. Tutti immersi nelle antichità perfettamente reintegrate nel tessuto urbano e restituite alla cittadinanza. Anche a Roma, in futuro, sarà così? Non resta che da augurarselo.
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