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I fuochi fatui della Campania

Creato il 17 novembre 2013 da Albertocapece

manifestazione-terra-dei-fuochi-aversa-la-mia-terra-e-avvelenataAnna Lombroso per il Simplicissimus

Succede, in tempi di caduta degli dei, di dimenticare qualcuno dei miracoli annunciati. L’intraprendente demiurgo, allora in pieno esercizio,  l’aveva  promesso: Napoli sarò liberata dai rifiuti nel giro di pochi giorni.  E aveva messo all’opera il suo fedele addetto alle emergenze, il prestigiatore capace di nascondere macerie di città, memorie, esistenze dietro l’impersonale e autoritario  ordine militaresco di tende, camper, nelle quali ricoverare terremotati come rifiuti da nascondere e di scavare trincee abusive nelle quali seppellire altri rifiuti da rimuovere dalla vista, ma non certo dal futuro, sempre più minacciato e avvelenato.

Ieri tra telefonate a dir poco inopportune, ostensioni della mummia, rigurgiti di congiurati riconoscenti ma ingrati,  pensose e prudenti piccole ribellioni di ricattati alleati, la politica e la democrazia si sono manifestate, fuori dai talk show e dai tg, riversando nei territori dei fuochi 100 mila cittadini anche per la questura, sotto la pioggia battente, fieri e rabbiosi, come un fiume in piena.

Già li sento i Calderoli e i diversamente leghisti, proclamare che una popolazione disordinata, geneticamente pigra e irregolare, dedita alla trasgressione più che all’organizzazione, se la meriti la pena di veder morire avvelenata la sua gente, che i suoi campi siano intossicati, che sono proprio loro a appiccare quei fuochi.. incendi che, si sa, scoppiano in tutto il Paese, ogni volta che si supera la soglia di guardia e il livello di migliaia di discariche abusive, illegali, legali ma non legittime, comunque incontrollate fino a diventare illimitate, a trasformarsi in montarozzi  a perenne memoria di crimini collettivi e senza confini.

Era esteso il fronte degli interessi che imputava il disastro ambientale a dissipati cittadini incuranti delle magnifiche sorti e progressive della raccolta differenziata in oculati sacchettini, omettendo industrie sleali stranote, commerci in odor di mafia, brand dell’export in varie direzioni secondo ispirazioni coloniali o accordi con partner più imprenditoriali capaci di farci pagare per poi trarre energia e materie prime dalla nostra ignavia.

Mentre invece venivano non solo trascurate, bensì ostacolate, le misure di un ciclo «virtuoso» dei rifiuti: riduzione alla fonte, promozione del riuso, raccolta differenziata spinta, compostaggio – domestico, in impianti o in fattoria – della frazione organica; impianti per il recupero degli imballaggi; revamping degli impianti per la separazione, trattamento e recupero della frazione indifferenziata, insomma i tanti accorgimenti e  i tanti processi che in paesi  non soggiogati da politiche criminali, legali o no, hanno davvero convertito quello che buttiamo in ricchezza.

Basta tornare un po’ indietro, al 2008 dei miracoli, quando il Pd campano esultava per la scelta di Bertolaso, per i suoi illusionismi “ corrette scelte dei siti per la localizzazione di nuove discariche e degli impianti necessari per un ciclo moderno e completo di gestione dei rifiuti”, rivendicando – era il segretario regionale del partito a parlare – che “ripetiamo che sindaci del Pd con la fascia tricolore non saranno mai alla testa di proteste popolari per contestare le decisioni”.

Ieri i sindaci c’erano, ma non c’erano bandiere dei partiti sleali, che anche i più riottosi si vergognano dei delitti consumati a danno dell’ambiente, dei cittadini, del futuro. Perpetrati per favorire la corsa agli inceneritori:  quattro, o cinque, oppure tre, per nutrire il business degli studi mai compiuti, mai realizzabili, mai davvero autorevoli, sempre di parte,  per alimentare il brand delle eco balle, quelle promosse da soci occulti, dalla criminalità organizzata vera padrona dei luoghi, vera  fuochista  dei roghi nelle discariche, che sprigionando diossine e altri cancerogeni, fanno circolare la paura, il ricatto di una implacabile e ineluttabile sottomissione.

Il Mattino, che non è certo un organo di stampa anarco-insurrezionalista, ogni tanto riporta il monitoraggio dei falò effettuato da “privati” come un farmacista di Giugliano che con encomiabile puntualità si è preso la briga di aggiornare la mappa degli incendi, in quella che fu la Campania Felix e altrove. E ieri qualcuno ha fotografato per l’ennesima volta l’ingresso della Resit, la discarica-industria   dell’avvocato Cipriano Chianese, che fu definita dalla Commissione di inchiesta sui rifiuti, una macchina di morte, come l’Aids; o i terreni da Villaricca fino al litorale Domiziano,  dove ormai l’avvelenamento di suoli e acque ha raggiunto livelli di irrecuperabilità.

E non vengano a dirci che questa è un’emergenza meridionale, se sono stati seppelliti qua i veleni dell’Acna di Cengio, probabilmente dell’Enichem, quasi certamente della Farmoplant, come ci ha informato il pentito Vassallo.

Era la Campania Felix, una terra opima, ricca e generosa. Ora sono geografie morte, sulle quali i settimanali spargono un veleno in più, quello dell’oltraggio, come i creativi del Nord, per propagandare prodotti innocui ma non innocenti, se tanto fertile export è partito da là e i burattinai sono gli stessi mafiosi ormai a loro agio e ben accolti nella pingue Padania.  Le più ferite sono quei duecento e oltre ettari gravidi di veleni, un livello di inquinamento che si estende alle falde acquifere per 2 mila ettari, dove da decenni il paesaggio è mutato, punteggiato dalle bandierine delle battaglie contro la salute, l’ambiente, il paesaggio, quelle delle discariche, una ogni mille abitanti, 40 in un solo chilometro quadrato, 15 milioni di rifiuti solidi urbani interrati.

Ma vien su da terra da ieri un po’ di speranza, che quei centomila che hanno sfilato sotto la pioggia, abbiano voglia di essere di nuovo felici, di vincerla quella guerra.


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