Anna Lombroso per il Simplicissimus
E basta denigrare il governo, neanche fossero ubriachi che procedono a tentoni mossi solo da interessi opachi che contrastano con quello generale, incompetenti in ogni materia tecnica salvo l’ingegneria, ma del consenso, arruffoni e sconnessi dal popolo del quale dovrebbero rappresentare e soddisfare bisogni e aspettative.
In occasione del Def invece hanno mostrato una inattesa cautela ed una lodevole propensione alla parsimoniosa gestione della spesa, come bravi padri di famiglia, influenzati forse dalla propensione alla premurosa e prolifica dedizione agli affetti domestici del nuovo ministro delle infrastrutture, che rischia di superare di gran lunga la paterna sollecitudine del suo predecessore. E infatti con mano ferma, che vuole testimoniare non solo simbolicamente la discontinuità con un passato ingombrante, zac! è stato tagliato il catalogo di ben 400 opere ed interventi per un ammontare di quasi 380 miliardi di spesa, riducendoli a “soltanto” 51.
I più sospettosi, gli inveterati disfattisti adesso si chiederanno grazie a quali criteri e secondo che requisiti quelle 400 opere erano state individuate come prioritarie, strategiche, improcrastinabili. E come mai ora siano state retrocesse a optional secondari, seconde scelte, accessorie per non dire eccedenti.
Come nel caso della Orte Mestre , la lunghissima autostrada di collegamento tra il Lazio e il Veneto, 400 km a un costo stimato 10 miliardi, promossa ad intervento di evidente pubblica utilità prima del 2003, tanto da rappresentare un laboratorio sperimentale dei fasti dello Sblocca Italia, volti a aggirare lacci e laccioli, ostacoli burocratici e giuridici in nome della sua rilevanza e del giovamento per la collettività, introducendo una originale novità normativa che offriva ai promotori del progetto -una società che fa capo all’ex europarlamentare PDL Vito Bonsignore, oggi esponente del Nuovo Centrodestra – l’opportunità inizialmente unica, ma presto imitata, di accedere ai benefici della “defiscalizzazione”, ovvero a un finanziamento pubblico indiretto pari a circa 2 miliardi di euro.
Ma ecco che a boicottare la realizzazione dell’insostituibile e necessario lavoro ci si mette l’inchiesta giudiziaria “Sistema” che la annovera insieme all’Alta velocità Brescia-Verona, e alla Cispadana tra l’A22 e l’A13 tra quelle che godevano dello speciale interessamento dello zar del Ministero, alacremente sollecito a favorire famigli non solo suoi, sodali e associati tanto da praticare una strategia di intimidazioni e minacce fino a prospettare “l’insorgenza di ostacoli burocratico-amministrativi” per l’approvazione delle opere”, nel caso “di mancato conferimento di incarichi” alla rapace cricca che faceva il bello e il cattivo tempo negli uffici del dicastero delle Infrastrutture. Ed infatti quando nel luglio scorso la Corte dei Conti “boccia” l’intervento, impugnando la decisone del Cipe in merito alla generosa defiscalizzazione, si costituisce una task force di imprenditori interessati, tra i quali spicca il solito Perotti, a salvare ad ogni costo l’opera. E ci riesce con fulminante rapidità, con l’inserzione zitta zitta introdotta nella canicola del 25 agosto scorso, di un comma da hoc che riconferma la strategicità ineludibile della Orte-Mestre nel decreto Sblocca Italia, così che nel novembre l’autostrada senza la quale non possono decollare sviluppo e occupazione, può partire. O così sembrava, perché, insinueranno i più malevoli, il Def ne stabilisce la retrocessione e il declassamento a sovrappiù, cui è lungimirante e saggio rinunciare, probabilmente per non andare a sfruculiare in una materia esplicitamente inquinata e rischiosa.
Eh si, ci vuol poco a trarre qualche conclusione sugli intenti distorsivi della Legge Obiettivo, sulla sterminata lista di opere che si vorrebbero realizzare di nessuna utilità collettiva, sulle deroghe, proroghe ed eccezioni che diventano la regola nel sistema “eccezionale” degli affidamenti, sulla prevalenza di una politica dei trasporti che trascura la qualità del servizio da offrire ai cittadini, privilegiando gli investimenti ad alta intensità di cemento, asfalto e consumo di suolo. Ci vuol poco a diffidare della cosiddette priorità sulla cosiddetta pubblica uliti, sull’egemonia delle emergenze messe in campo per introdurre e applicare regimi speciali e straordinari. Insomma ci vuol poco a capire perché anziché agire sulla difesa del territorio, sul suo risanamento, sul riequilibrio di fiumi e sull’assestamento di montagne, si propongono interventi faraonici inutili e dannosi che per fortuna non si realizzano a conferma che è più remunerativo il non fare del fare. E che il regalo del Def consiste nel tagliare non opere e risorse, ma annunci e promesse.
È già qualcosa, forse la buona novella che hanno paura di una improvvisa eclissi dell’impunità. Ma è meglio non farsi illusioni, sono troppi quelli della “cupola” dei grandi affari, alcuni dei quali non hanno nemmeno avuto bisogno di rubare direttamente per danneggiare paese, cittadini, democrazia con sprechi, disprezzo di regole e leggi, incompetenza, favoritismi, clientelismo, menzogne, illusioni criminali. Basti per tutte una frase pronunciata davanti a una platea Pd dall’ex ministro Maurizio Lupi: “Per le grandi opere non serve che ci sia traffico, si fanno e poi il traffico arriverà”.