Nel giro di poche settimane il costruendo gasdotto Turkish Stream è diventato oggetto di numerosi dibattiti, sia sui giornali che in ambienti finanziari e soprattutto politici: il progetto, che sulle ceneri del defunto South Stream avrebbe la funzione di trasportare il gas russo in Europa attraverso la Turchia, ha già fruttato ad Atene un memorandum d’intesa con la Russia, finalizzato alla realizzazione del prolungamento di Turkish Stream sul territorio greco. Ma tra i membri dell’Ue non è solo la Grecia a flirtare con il gas russo. Anche la Bulgaria ha proposto di costruire un “braccio” che colleghi il gasdotto turco-russo al proprio territorio, e ciò è sorprendente, considerato che ad affondare il progetto russo del South Stream furono proprio i cavilli burocratici con cui Sofia, di fatto, impedì lo sbarco delle tubature dal Mar Nero sulle sue coste.
Sebbene il progetto sia ancora in fase embrionale (formalmente Mosca e Ankara non hanno siglato alcuna partnership a riguardo) è difficile pensare che, come appunto accaduto con il suo illustre predecessore, non venga portato a compimento. Troppo alto è l’interesse russo di trovare al più presto un sostituto di South Stream, troppo appetitoso il ruolo di hub energetico del tra Mediterraneo ed Europa al quale la Turchia vuol candidarsi.
Quando Turkish Stream inizierà a consegnare in Grecia il gas proveniente dal Caucaso, dall’altra parte dell’Adriatico sarà già attivo il Gasdotto Transadriatico (TAP), che dal 2020 avrà il compito di trasportare il gas del Mar Caspio in Puglia, da dove SNAM Rete Gas avrà il compito di distribuirlo nel Vecchio Continente. Il TAP rappresenterà qualcosa di più di una semplice infrastruttura: costituirà un vero e proprio cambiamento epocale, poichè andrà a sfidare il monopolio russo per ciò che riguarda le forniture di gas all’Europa ed eleverà l’Azerbaijan al ruolo di potenza energetica, con tutti i benefici politico-economici che questo status comporta.
Se Turkish Stream costituisce una sorta di variante di South Stream, il TAP è destinato ad assumere il ruolo che avrebbe dovuto avere Nabucco, il gasdotto che l’Ue pensava di costruire per sganciarsi dall’eccessiva dipendenza dalle fonti energetiche russe, il cui progetto poi è stato accantonato per l’enormità dei costi. A conferma dell’endorsement comunitario, basta considerare un fattore non da poco. Nonostante appartenga per il 20% alla Socar, la compagnia energetica di Stato dell’Azerbaijan da cui compreremo anche il gas trasportato dallo stesso gasdotto, dal 2013 il TAP è esente dal rispetto delle rigidissime norme Ue contenute nel Terzo Pacchetto Energia, che proibiscono ad una società energetica di esser contemporaneamente proprietaria e gestore dell’infrastruttura con la quale la risorsa energetica verrà distribuita: un muro giuridico contro il quale invece è andato a schiantarsi lo stesso South Stream, bloccato dall’Ue per via del doppio ruolo di gestore-proprietario della russa Gazprom.
Sebbene in questi mesi di crisi Ue-Russia si sia parlato spesso di diversificare le fonti di approvvigionamento con gas proveniente anche dall’Iran e dal Turkmenistan, ad oggi l’ “oro blu” dell’Azerbaijan resta l’unica alternativa concreta a quello russo: l’Europa ha già siglato accordi di fornitura di gas azero per 25 anni, ed anche se le relazioni con Mosca dovessero tornare al sereno, gli obblighi contrattuali imporrebbero comunque agli acquirenti europei l’obbligo di ricevere specifici quantitativi di gas.
Naturalmente, lo sbarco in Europa del gas azero non significherà affatto l’esclusione di Mosca dall’ “Albo Fornitori” comuniario. Tutt’altro. Attraverso il TAP l’Azerbaijan potrà inizialmente soddisfare il fabbisogno energetico dell’Europa con soli 10 miliardi di metri cubi di gas, quantitativo notevole per un piccolo Paese, ma di molto inferiore a quello russo, che nel 2014 è stato di circa 155 miliardi di metri cubi.
Di questo gap con Gazprom la Socar ne è consapevole, tanto che l’obiettivo della compagnia azera per i prossimi anni sarà quello di incrementare la produzione per venire sempre più incontro alle richieste dei consumatori europei, ma ciò richiederà necessariamente altri investimenti per ampliare la capacità distributive del TAP in Europa. A meno che anche la Socar, considerate anche le affinità politiche tra Turchia ed Azerbaijan, non decida di servirsi anch’essa di Turkish Stream e in particolare della sua appendice greco-russa per allargare la sua offerta.
Un’ipotesi tutt’altro che remota, stando alle recenti dichiarazioni del numero due del colosso energetico azero Elshad Nasirov, secondo il quale potrebbe essere economicamente più conveniente adoperare Turkish Stream che investire sull’ampliamento del Corridoio Southern Gas, di cui i gasdotti Transadriatico (TAP) e Transanatolico (TANAP) sono parte.