Mi intrometto nella querelle sulla presunta ghettizzazione delle persone GLBT Gay.tv qui e qui) per esprimere quelli che, a mio parere, sono punti importanti in questa discussione.
Per prima cosa consiglio, soprattutto ai più giovani e a chi non lo ha ancora letto, il bel libro di Andrea Pini, dal titolo provocatorio: Quando eravamo froci ( 384 p., 25 €, edizione Il Saggiatore). È un libri importante per capire come sia cambiata non solo la comunità GLBT ma anche la visione del mondo gay sia all’interno che all’esterno delle varie comunità. C’è stata, comunque la si voglia mettere, un’evoluzione dovuta alle lotte ma anche al mutare dei costumi e ad una maggiore quantità di informazioni relative alla sessualità e al mondo QUEER. Purtroppo, ancora troppo spesso, la quantità non va di pari passo con la qualità. La necessità di avere luoghi d’incontro omosessuali era sicuramente più necessaria un tempo di oggi. Vorrei ricordare che l’omosessualità, sino a diversi decenni fa, era considerata come una malattia, come un vizio, che c’erano addirittura leggi che la punivano con la detenzione. Durante il fascismo Mussolini usò il confino per le persone omosessuali (a tal proposito un libro e una graphic novel molto interessanti: Goretti, Giartosio La città e l’isola, 275 p., 13,50 €, Donzelli editore e De Santis Colaone, In Italia sono tutti maschi, 173 p. 16,00 €, Kappa edizioni) e il silenzio, il non dichiararsi, gli incontri fortuiti e i luoghi di ritrovo “velati” erano l’unico modo per non essere discriminati e per poter stare fra “simili”.
Ed è proprio il desiderio di stare fra simili che spinge, ancora oggi, molte persone GLBT a ricercare in prevalenza luoghi di ritrovo QUEER.
C’è da dire subito una cosa. Quando parliamo di comunità GLBT tendiamo sempre a fare di tutta l’erba un fascio. Ovviamente non è vero che le persone omosessuali frequentano solo ambienti per omosessuali. Ci sono persone GLBT che non hanno mai messo piede in un ritrovo per omosessuali, in una sauna, in una dark o, semplicemente, in una discoteca o in un ristorante GLBT. Non tutte le persone GLBT amano frequentare questi luoghi. Conosco omosessuali che preferiscono il cinema, l’opera, il teatro.
Ma non c’è nulla di male a desiderare e/o a frequentare ritrovi per omosessuali perché è naturale voler sentirsi a casa fra la propria gente. Pensate per esempio agli immigrati o ai tifosi di una squadra, o agli amanti della lettura.
Se sono un lettore accanito forse, dico forse, vorrò frequentare persone che condividono la mia stessa passione, se sono un emigrato o un immigrato, magari, desidero parlare, almeno per qualche ora al giorno, la mia lingua, stare fra persone che comprendono le mie tradizioni, i miei gesti, senza per forza, ogni momento, dover fare attenzione a quello che dico o faccio per non venire frainteso. Questo non significa che io non sia integrato nella società, non significa che frequento solo il circolo letterario o i miei gruppi etnici o religiosi, non significa che non abbia rispetto per chi è diverso da me o che mi senta superiore o che mi stia ghettizzando.
Quella dell’autoghettizzazione da parte delle persone GLBT è una querelle che torna periodicamente e che trova diverse fazioni pro o contro. Ed è un problema che solo noi ci poniamo. La maggior parte degli eterosessuali frequentano solo posti per eterosessuali. Si autoghettizzano? Perché dovremmo sentirci ghettizzati noi omosessuali? Perché siamo una minoranza? E cosa dovremmo fare per non autoghettizzzarci? Eliminare tutti i locale per omosessuali? Non fare più film in cui ci siano personaggi omosessuali? Non scrivere più libri a tematica QUEER? Contestare i settori a tematica nelle librerie? Non promuovere più la cultura GLBT?
Francamente non capisco.
La comunità GLBT viene accusata e si autoaccusa, spesso, di moltissime cose. Eppure la nostra condizione nel corso degli anni è mutata in meglio. Certo c’è ancora tantissima strada da fare, certo i diritti sono ben distanti dall’essere conquistati ma non è smettendo di frequentare luoghi GLBT che si otterranno. Non smetteremo di essere discriminati solo perché invece di andare in una discoteca gay andremo in una eterosessuale. Il senso di comunità, le lotte, le proteste sono nate tutte all’interno delle comunità.
Non fuori.
Quando parliamo dei nostri luoghi proviamo ad immaginarli come posti in cui l’orgoglio e l’appartenenza sono principi comuni e non come luoghi in cui ci si ghettizza e basta.
Marino Buzzi
Magazine Opinioni
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