Magazine Cultura
A Domenico, Francesco e Stefania e tutti i giovanissimi che condividonoe condivideranno gli ideali alla base del Progetto Agoghé,con la profonda convinzioneche il mondo cambierà intorno a loro.
Abbiamo scritto così tanto di macerie, putredine e decadenza, da aver smarrito il ricordo della speranza. Perché, quando non si riesce proprio a scorgere una via d'uscita, agli uomini rimane in bocca il solo sapore della polvere. Esiste un tempo per sognare ed uno per progettare, ma ognuna delle nostre idee deve confrontarsi giocoforza con la naturale ed inevitabile complessità, propria delle cose terrene: le mode, le mille esigenze delle maggioranze, i malcostumi, la noia.Così si finisce per sopravvalutare la portata stessa della speranza; non si può pretendere di rovesciare il mondo con le parole. I desideri espressi da tutti coloro che vagheggiano un mondo ed una realtà diversa spesso lambiscono ed oltrepassano la sottile linea di demarcazione che separa la possibilità dall'utopia.I tronisti continueranno a guadagnare più dei laureati e i politici seguiteranno a parlare del domani ingozzandosi di vuota retorica, rigurgitando i bocconi amari del buongoverno e della meritocrazia, impietosamente mandati a quel paese, de facto se non ex cathedra.L'aspirazione di creare una società migliore è un fine che entusiasma e rigenera nell'immediato. Il suddetto progetto, tuttavia, è destinato inesorabilmente a fallire, semplicemente perché una realtà non cambia volto dall'oggi al domani: essa si trasforma nel volgere del tempo, questo sì, ma quando essa finalmente muterà, nessuno dei suoi potenziali riformatori ne avvertirà il trapasso, semplicemente perché non ne farà più parte; i grandi cambiamenti, si sa, richiedono un grave tributo di decenni e generazioni.Quindi sperare è una mera vanità? Nossignori.L'unico modo per cambiare è quello di esistere e resistere. Parlare, dialogare, scrivere, esportare la diversità del proprio modus vivendi. Selezionare e valorizzare tutti coloro che riescono a vedere la nuda sostanza dei fatti e delle cose, per poi formare un gruppo di pari, augurandosi di accrescerne gradualmente il numero dei componenti.Le persone che dissentono dinanzi alle miriadi di contraddizioni ed ingiustizie dei nostri giorni ci sono, eccome; molto spesso, possono essere individuati persino fra i giovanissimi. Molti di essi aspettano solo di essere trovati, coinvolti, rincuorati. Talvolta ci si imbatte in dei sedicenni capaci di sconvolgere piacevolmente un uditorio maturo con la propria, coriacea, coerenza; saperli ascoltare equivale un po' a riscoprire quella purissima speranza che abbiamo lasciato contaminare dalla fretta ingiustificata, o dal vano perseguimento di un'utopia.Vale la pena tentare, specie perché, ad oggi, non esiste un'alternativa migliore. Vale la pena tentare, perché sebbene questo mondo muterà impercettibilmente – e noi non potremo altro che lasciare ai ragazzi una percezione dei nostri sogni, sperando che essa risorga nei loro occhi – quantomeno ci resterà nel cuore la piacevole certezza dell'aver vissuto in un mondo ed in una società che abbiamo provato a cambiare con i fatti.
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