I giuda del lavoro tra Roma e Bruxelles

Creato il 28 giugno 2013 da Albertocapece

Forse Letta che non hai mai lavorato un giorno in vita sua, a parte la gravosa opera di facchinaggio per la borsa di Andreatta, non ha ben chiari i problemi, è una sorta di Giuda inconsapevole felice per i trenta denari che gli vengono dalle “mani invisibili” di cui è un apprendista diligente. Ma Epifani no, sa bene che gli ultimi provvedimenti per il lavoro ai giovani, sono una robaccia inconsistente che ha un solo scopo: quello di affermare la precarietà come unico scenario possibile. Epifani è un Giuda d’emergenza che nella senilità rinnega la sua intera vita di sindacalista.

Il “pacchetto giovani” che tanto piace ai giornaloni è in sé uno stupido inganno: stupido perché agire sempre, con automatismo meccanico, dal punto di vista dell’offerta con facilitazioni alle imprese, si è già rivelato inutile sia in Italia che altrove, anche a fronte di investimenti dieci volte superiori. Ingannevole perché in realtà punta a sbarazzarsi delle difficoltà che la Fornero aveva frapposto alla precarietà tombale e globale. In questo modo la stupidità incapace di vedere oltre le formulette imparaticce del liberismo, rivelatesi fasulle e peraltro falsificate dagli studi economici, diventa la consustanziale menzogna con la quale si vuole “ridurre la democrazia”.

E’ una cosa abbastanza ovvia e sperimentata:  le imprese non assumono semplicemente perché vi sono degli sgravi fiscali temporanei, ma solo se serve, al massimo possono rinviare l’assunzione in vista di “sconti” o magari, com’è accaduto in passato, operano su certi meccanismi per ottenere delle facilitazioni per assunzioni già avvenute. Lo si è visto benissimo nel 2002 quando due miliardi stanziati per un’analoga operazione non portarono in pratica a nessun risultato, figurarsi con uno stanziamento assai minore, di circa 600 milioni in quattro anni. Ma anche se funzionasse alla perfezione, sarebbe una goccia nel mare della disoccupazione: 23 mila assunzioni l’anno a tempo determinato, altro che le cifre di fantasia del povero Giovannini. In alternativa, come è successo in Spagna, si può creare una vera e propria economia dell’incentivo: una volta scaduto lo sconto gli assunti vengono semplicemente licenziati e ne vengono riassunti altri per godere delle facilitazioni: una sorta di turn over della povertà e del salario di fame che si prefigura solo come un regalo fatto alle aziende e un sostegno delle stesse con i soldi pubblici: non è mica un caso che il piano giovani preveda tagli del 33% sul costo del lavoro, ossia l’esatto ammontare dei contributi che vanno all’Inps da parte delle aziende e dei lavoratori. Soldi pubblici per profitti privati e non certo per lo sviluppo produttivo. Una ennesima mangiatoia per limitare la quale il governo ha avuto un’idea geniale: quella di limitare la platea di chi può essere assunto con lo sconto: devono essere disoccupati da almeno sei mesi, avere solo la licenza media, venire da famiglie monoreddito. E aver fatto la comunione a Pasqua no? davvero non c’è più religione.

Inoltre togliere gli ostacoli alla precarizzazione permettendo assunzioni senza causa e dunque senza alcuna garanzia sui tempi e sulle modalità, non è affatto un incentivo come credono al bar sport Parlamento: sempre in Spagna e Portogallo la “liberalizzazione” dei contratti ha portato in breve tempo al raddoppio della disoccupazione giovanile. E non si fa fatica a capirne le ragioni: un lavoro senza diritti crea un’economia debole e spesso di rapina che si basa per l’appunto sull’incertezza, sul ricatto, sulla poca o nessuna specializzazione, sulla scarsa competenza: un’economia da terzo mondo dove lo sfruttamento intensivo permette di aumentare o mantenere i profitti anche nel calo della domanda e nella scarsa competitività dell’offerta. Ci sono del resto fior di studi che lo dimostrano, ma

Ma dev’essere lo spirito del tempo perché anche l’Europa agisce nella stessa miserevole prospettiva. Letta è tornato tutto tronfio da Bruxelles, visto che il summit delle meraviglie ha forse raggiunto un nuovo accordo per dare slancio al drammatico problema della disoccupazione giovanile: pensate queste meravigliose testoline plurilingue, aumenteranno- forse – i contributi per la guerra alla disoccupazione da sei a 9 miliardi. Uno sforzo gigantesco: otto miliardi per tutti i 28 paesi dell’unione in sette anni, come dire brioche e cappuccino. Questo sì che è  perdere la faccia: lo 0,7 per cento del bilancio comunitario, un decimo di quanto non costino le stesse istituzioni comunitarie per quel che valgono. Per l’Italia si tratterà al massimo di qualche centinaio di milioni da qui al 2020: bottino così misero che Letta, per dar modo ai media di esaltare questo straordinario risultato, aggiunge quelli del piano giovani casalingo e tutti i fondi di bottiglia reperibili dai vari capitoli delle contribuzioni europee, per le quali tuttavia continuiamo a pagare più di quel che non riceviamo. E così spara la cifra di un miliardo e mezzo per il lavoro: cosa non si deve dire per essere premier e cosa non si deve titolare per essere giornaloni . E’ comunque una cifra tre volte inferiore a quello che lo stato ha dovuto tirar fuori pronta cassa per Mps.

Al lavoro vanno quindi proprio la raschiature del barile e anche quel poco finirà dentro questi calderoni pensati per aumentare la precarietà, abbattere i salari e cancellare i diritti. Del resto la cosa è voluta: la scarsità dei fondi serve proprio ad incentivare la sotto occupazione e preservare i profitti nel continuo calo della domanda. Una cosa è certa, c’è abbondanza di Giuda per i poveri cristi.


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