Nella polemica esplosa alle parole di Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici italiani, che ha affermato che «l’omosessualità è stata depennata dal manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali non per motivi scientifici» non poteva mancare l’intervento del presidente della stessa associazione, il professor Francesco D’Agostino: un intervento autorevole che avviene da un palcoscenico altrettanto autorevole, Avvenire, organo della Conferenza episcopale italiana.
D’Agostino, professore anche alla Libera Università Maria Santissima Assunta ed alla Pontificia Università Lateranense e membro della Pontificia Accademia per la Vita, lo ammette sin da subito: «Non voglio entrare nel merito di un problema che non domino (ma che dubito sia davvero dominabile da parte di chicchessia) e cioè se l’omosessualità possa essere “curata” e se il disagio esistenziale di cui (alcuni ) omosessuali soffrono li renda meritevoli di aiuto». D’Agostino non vuole entrare nel merito di un problema ma poi in effetti lo fa. E nonostante dubiti che nessuno possa dominare il “problema” se l’omosessualità possa essere “curata” forse uno psicologo avrà qualcosa di più da dire rispetto ad un giurista.
Ad ogni modo D’Agostino ricorda l’episodio di cui è stato protagonista Cerrelli che lo avrebbero «esposto a una serie di violenti attacchi, alcuni molto rozzi e sanguigni, come quelli provenienti da movimenti gay». Non è dato sapere – nella pluralità di sigle – quali movimenti gay avrebbero rivolto a Cerrelli questi attacchi “violenti, rozzi e sanguigni” ma da una parte bisogna anche capirli questi omosessuali. Crescono e sono bullizzati a scuola, i preti gli dicono che i loro atti costituiscono un peccato, si innamorano ma non si possono sposare, magari si sentono rivolgere anche delle parole come deviato, pederasta, sodomita, frocio, depravato, arruso, bardassa, bardascia, buzzarone, buggerone, peppia, ricchione, vasetto, lumino, buco, bucaiolo, busone, iarrusu, uranista, finocchio, culo, frega’gnolo, buliccio, cupio, culattone, checca (e le varianti checca fracica, checca isterica, checca marcia, checca pazza, checca persa, checca sfatta, checca franta, cripto-checca, checca velata). Poi magari – dopo aver ricevuto qualche insulto, tornano a casa e – dopo aver acceso la tv – sentono dire che l’omosessualità è una malattia: c’è da capirli se ogni tanto anche a loro girino le palle.
D’Agostino critica anche l’intervento di Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi che ha criticato l’opinione dell’avvocato Cerrelli, e definisce l’intervento dello psicologo «assolutamente ingiustificabile»: in effetti per quale motivo il presidente degli psicologi italiani dovrebbe prendere posizione, con un comunicato diffuso sul sito dello stesso Ordine, su materie riguardanti la psicologia? Qualcosa che francamente è molto difficile da capire.
Secondo D’Agostino «Palma avrebbe dovuto essere più prudente e ricordarsi della sferzante affermazione di Lacan: “Degli omosessuali si parla. Gli omosessuali li si cura. Gli omosessuali non li si guarisce. E quello che c’è di più formidabile è che non li si guarisce nonostante siano assolutamente guaribili”». Infatti è “ingiustificabile” ed “imprudente” il povero Palma (presidente degli psicologi italiani) nell’esprimere il suo punto di vista su quanto la psicologia afferma riguardo l’omosessualità mentre è assolutamente comprensibile e prudente D’Agostino (giurista cattolico) nel discutere di psicologia ed omosessualità.
Comunque D’Agostino ha le idee chiare: «Potranno non andare tanto di moda oggi, ma le tesi di Lacan e dei “neofreudiani”, che non hanno timore di considerare patologica (non immorale, né perversa) l’omosessualità, andrebbero prese più sul serio». E meno male che aveva detto che non voleva addentrarsi nel problema se l’omosessualità possa essere curata. Si resta in attesa di sapere per quale motivo le tesi di Lacan «andrebbero prese più sul serio».
D’Agostino comunque rivela particolari sconcertanti: «quando nell’ormai lontanissimo 1973 l’American Psychiatric Association ha cancellato l’omosessualità dal novero delle psicopatologie, la questione è stata semplicemente rimossa, non risolta». Purtroppo non spiega cosa andasse risolto “risolto”: l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle psicopatologie (anche il mancinismo era considerata una malattia) e non è stata più considerata tale.
Il presidente dei Giuristi cattolici ricorda che «questa cancellazione non avvenne a seguito di un adeguato dibattito scientifico, ma solo esortando – in modo epistemologicamente discutibile – gli iscritti all’Associazione a esprimersi, attraverso un voto, sull’opportunità di continuare a considerare l’omosessualità alla stregua di una malattia di rilevanza psichiatrica». Si vede che D’Agostino ha particolari ignoti a noi “comuni mortali” perché la stessa American Psychiatric Association sottolinea – nel rapporto annuale del 2006 – che «sulla base di prove scientifiche e mediche, l’APA ha declassificato l’omosessualità come un disturbo mentale nel 1973, una posizione condivisa da tutte le altre principali organizzazioni sanitarie e di salute mentale».
Sempre su Avvenire si specifica che «su di una piattaforma di diecimila votanti (che ovviamente inglobava gli iscritti all’Associazione che non vollero partecipare al voto) si riscontrò una maggioranza non entusiasmante del 58% a favore della cancellazione dell’omosessualità dal celebre e contestato DSM, cioè dal manuale ufficiale di diagnostica dell’Associazione». In effetti – a voler essere schizzinosi – tante decisioni importanti sono prese a maggioranza (anche più risicate del 58 per cento). L’Italia scelse di passare dalla monarchia alla repubblica con un voto a maggioranza, il presidente della Repubblica viene eletto a maggioranza e lo stesso papa viene eletto a maggioranza (magari avendo anche meno del 58 per cento dei voti) e dopo varie “fumate nere”: non per questo qualcuno afferma che il pontefice è illegittimo e la sua elezione è stata “politica”.
Comunque D’Agostino considera come «il punto più rilevante delle dichiarazioni del dottor Palma non è però quello che concerne la possibilità di considerare patologica o comunque fonte di disagio l’omosessualità, ma il fatto che, a suo avviso, chi osi esprimere questa opinione (ancorché condivisa da illustri studiosi) contribuirebbe ad attivare un “pericoloso pregiudizio sociale” contro gli omosessuali». Sarebbe interessante sapere chi siano questi “illustri psicologi” a cui far riferimento D’Agostino e comunque Palma – parlando di terapie riparative ed omosessualità come malattia – forse non aveva tutti i torti a parlare di «pericoloso pregiudizio sociale» considerato che – secondo un report dell’Apa – queste terapie possono portare addirittura anche al suicidio.
Continua il presidente dei Giuristi cattolici: «il dottor Palma non si rende evidentemente conto di come egli stia (mi auguro inconsapevolmente) portando acqua a un assurdo paradigma che porta alla dogmatizzazione del sapere: un paradigma, all’interno del quale alcune affermazioni, come appunto quelle che sostenessero che l’omosessualità è una malattia, andrebbero ritenute non solo fallaci (ma sappiamo che nella scienza tutte le teorie sono potenzialmente fallaci!), ma meritevoli di stigmatizzazione e repressione sociale, se non addirittura penale». Bisogna precisare che le teorie riparative non sono state rifiutate aprioristicamente dalla comunità scientifica. L’Apa (American Psychological Association) per dissipare ogni dubbio ha predisposto un team di psicologi per studiare i dati relativi ai tentativi di cambiare l’orientamento sessuale. Il report del team è molto chiaro: non esistono studi con un adeguato rigore scientifico che stabiliscano che le teorie riparative funzionino. Inoltre le teorie riparative – in alcuni casi – hanno causato stress, depressione e – come detto – un maggior tasso di suicidi alle persone che si erano sottoposte. Proprio i cattolici – da sempre “difensori della vita” sin dal concepimento – dovrebbero opporsi a trattamenti “terapeutici” che invece spingono verso la morte. Bisogna forse pensare che una “morte da aspiranti eterosessuali” è da preferirsi ad una “vita da omosessuali”?
Sempre per D’Agostino: «invece di esporre le ragioni per le quali si dovrebbero ritenere erronee le teorie di Giancarlo Cerrelli (e di altri che si muovono nella stessa direzione), Palma le espone al pubblico vituperio, dando per scientificamente consolidato e incontrovertibile ciò che non lo è affatto». In effetti Palma ha proprio esposto al “pubblico vituperio” (pubblica gogna, ndr) le teorie di Cerrelli anche se – a voler essere schizzinosi – il “pubblico” di Palma è ben più limitato di quello di UnoMattina Estate in cui Cerrelli ha potuto affermare che «l’omosessualità è stata depennata dal manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali non per motivi scientifici» e – se Palma viene “rimproverato” per non aver spiegato per quale motivo Cerrelli sbaglia – non risulta che quest’ultimo abbia motivato la sua opinione. Allo stesso modo D’Agostino nell’affermare che la cancellazione dell’omosessualità dal novero delle psicopatologie «non avvenne a seguito di un adeguato dibattito scientifico» o sostenendo che le tesi di Lacan «andrebbero prese più sul serio» non risulta che abbia motivato queste sua affermazioni. Ma – si sa – i cattolici sono esentati dal motivare.
D’Agostino conclude definendo «arroganti intimidazioni (pseudo)-epistemologiche» le parole del presidente degli psicologi italiani. Insomma l’intervento di Palma è stato “ingiustificabile, imprudente, arrogante, intimidatorio”: tutto sommato gli è andata anche bene.
Alla fine la domanda che rimane irrisolta è una: nelle parole di Giancarlo Cerrelli e Francesco D’Agostino (rispettivamente vicepresidente e presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani) cosa c’è di giuridico? Mistero della fede.