Il mondo delle “barche con l’anima”, le barche di legno, è un mondo speciale che prende il cuore e diventa una cosa sola con la barca e con il mare. È una sensazione di profonda unione che tanti naviganti hanno sentito e quando succede a te non puoi far altro che viverla, lasciandoti abbracciare da quel navigare che ti riporta dietro nel tempo, tra lo scricchiolio dello scafo e il profumo del legno bagnato dall’acqua di mare. Pian piano nasce il desiderio di conoscere cosa unisce ancora quegli uomini a queste barche, e chi ancora quelle barche le cura e le riporta in vita.
Giocanni Caputo
Ed è sicuro che questo desiderio di conoscenza verrà esaudito dopo che avrete ascoltato l’attrezzatore di barche d’epoca Giovanni Caputo, il progettista e restauratore Stefano Faggioni, l’apprezzato maestro d’ascia nel mondo della costruzione e del restauro delle barche di legno Nino Aprea e il comandante Giancarlo Antonetti animatore del trofeo De Martino, storica regata per i gozzi sorrentini a vela latina. Il tema dominante della serata dedicata alle prore sorrentine si ispira al Carme del poeta romano morto giovanissimo, appena trentenne, Gaio Valerio Catullo quando parla della barca di cui ne era così innamorato, al punto di trasportarla nel giardino della sua villa sulle sponde del lago dove “…appartata, riposa e invecchia…”.Ivana Melillo, Fleet Performance Manager
d'Amico Group
È certamente difficile per il mastro d’ascia Giovanni ‘Nino’ Aprea e per l’attrezzatore Giovanni Caputo trovare oggi quelle frondose foreste citate da Catullo, dove trovare quegli alberi di grande fusto con almeno 50 anni di vita fondamentali per la riuscita di una barca.
Oggi per lo più ci si affida ai commercianti di legno per trovare le varie essenze, il pino, il leccio, il gelso, il bosso, il ciliegio, come si usano, e come si collocano all'interno dell’imbarcazione che si vuole costruire. A volte capita di potere scegliere il legno, ma anche il garbo giusto, direttamente in un bosco prima del taglio. La bravura di Nino e Giovanni consiste nel sagomare e adattare il legno a quella che poi sarà la funzione (ordinate, madieri, chiglie,…), operazioni che si fanno con un’ascia particolare, da qui il nome di maestri d’ascia. Nell’antico Cantiere Del Legno Aprea di Sorrento, vera e propria punta di diamante nel settore delle imbarcazioni d’epoca e tradizionali, grazie proprio al quel grande patrimonio fatto di conoscenze, esperienza e bagaglio culturale marinaro che lega il nome Aprea alle barche di legno che si costruiscono i gozzi seguendo un antico metodo. Volendo realizzare un gozzo di 7 metri e stabilito il suo impiego, gli artigiani tracciano prima il “garbo” partendo dall’ordinata maestra, poi 7 ordinate verso prua e 7 verso poppa, formando così la sezione maestra della barca, “il suo scheletro”. Continuando dalla sezione maestra verso prua e verso la poppa partono dei righelli curvati, che servono a segnare i punti di sviluppo delle restanti ordinate. Queste prime fasi sono le più importanti e fondamentali nella costruzione del gozzo, poiché dalla traccia del “garbo” e dalla sagomatura delle ordinate dipendono l’armonia e l’idrodinamica dello scafo.
Per il rivestimento delle ordinate il fasciame è curvato a caldo, le assi vengono esposte al fuoco dalla parte interna, costantemente bagnate e sottoposte a pressione; ottenuta la curvatura desiderata sono fissate, ancora calde, alle ordinate, con dei morsetti; è un’antica tecnica di curvatura che permette alle assi di mantenere inalterata la forma nel tempo. Dopo si passa alla lunga e meticolosa operazione di modellatura: lo scafo viene piallato per eliminare i ‘bozzi’ e le irregolarità del fasciame, che altrimenti comprometterebbero l’idrodinamica. Posizionato e piallato il fasciame, si continua con il calafataggio per rendere stagna la barca, posizionando del cavetto in cotone tra le intersezioni del fasciame. A Giovanni Caputo, oltre che parlare della storia e dell’evoluzione del gozzo sorrentino, spetta anche l’onore e l’onere di illustrare ai ragazzi tecniche e metodi di Arte marinaresca che nei libri di nodi e nei testi scolastici non ci sono… Non è pretenzioso, ma quello che illustrerà è frutto delle esperienze di generazioni di uomini di mare, marinai con la M maiuscola che non lasciavano nulla al caso, perché – è il caso di dire – la vita di un uomo poteva essere attaccata ad un … filo.
A mare, a bordo – ricorda Caputo – saper fare un nodo e quale nodo fare, che tecnica utilizzare è importantissimo. Non esiste un nodo “fatti quasi bene”: o è perfetto o è sbagliato, e sbagliato vuol dire pericoloso!
Caputo, perito navale e attrezzatore navale per barche d’epoca, lavora presso l’Antico Cantiere del Legno Aprea, dove si costruiscono i famosi gozzi sorrentini e si restaurano imbarcazioni, come ad esempio il gozzo Pianosa, bene d’interesse storico costruito appunto dalla Famiglia Aprea nel 1947. Oltre a questo è anche scrittore. ha pubblicato Antiche tradizioni marinare, L’Arte Marinaresca, manuali dedicati agli appassionati delle barche d’epoca e Gente di Mare, una miscellanea sulle tradizioni legate al mare e recentemente si è cimentato con un romanzo: Mistero delle acque della Gajola.
Invece l’architetto Stefano Faggioni, Yacht Design, si occupa di progettazione e restauro navale, con un’esperienza che ha le proprie radici nella grande tradizione dei costruttori navali e dei Maestri d’Ascia del golfo di La Spezia dove ha la sede il suo studio. Famosi restauri di barche d’epoca come il Ketch del cantiere Camper & Nicolson del 1899 Black Swan e quello del gozzo sorrentino Pianosa del 1947, restaurato completamente tra il 2001 e il 2003.
Conclude la serata il Comandante Giancarlo Antonetti presidente di Asso Vela a Tarchia, animatore del trofeo De Martino per gozzi a vela latina che si tiene tutti gli anni a Sorrento.
Questa volta il drink è offerto da Paolo e Noemia d’Amico: Presentano il Terre di Ala, un blend di Sauvignon e di Remillon, e il Villa Tirrena, Merlot e Shiraz. Vengono da una straordinaria azienda, a Vaiano, localizzata nel cuore della Tuscia, tra i "Calanchi", una zona oggi protetta anche dall'Unesco e che si estende nell'alta valle del Tevere, al confine fra Toscana, Lazio ed Umbria. Per comprendere perché uso l’aggettivo straordinaria vi invito a “fare un giretto” sul loro sito.
Maurizio Bizziccari
Carme 4
Gaio Valerio Catullo
La barca che vedete, ospiti, dice
Che fu la più veloce d'ogni nave,
e mai slancio di legno navigante
le passò avanti, fosse necessario
volare col remeggio o con la vela.
E dice che non possono negarlo
La costiera adriatica malfida
E le Cicladi e Rodi celebrata,
la selvaggia Propontide di Tracia,
il torvo seno del Mar Nero, dove
prima d'essere nave fu foresta
frondosa: là, sul giogo del Citòro
folto di bossi, a voi fu familiare,
dice la nave; e alla sua prima origine
fu lassù, in alto sulla vostra vetta,
poi nelle vostre acque immerse i remi,
quindi attraverso tanti mari folli
portò il padrone, e i venti la chiamavano
da destra e da sinistra e Giove Padre
batteva amico l'una e l'altra scotta,
poi senza dover fare voti mai
agli dei delle rive, lasciò il mare
e giunse infine in questo lago chiaro.
Tutto questo è un passato. Ora, appartata,
riposa e invecchia, e si consacra a voi,
a Castore e Polluce, i due Gemelli.