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I guardiani del destino (George Nolfi) ★/4

Creato il 20 giugno 2011 da Eda

I guardiani del destino (George Nolfi) ★/4The Adjustment Bureau, USA, 2011, 106 min.

Ovvero come cannare le aspettative per un film e arrivare a odiare quello che si sta vedendo, forse un pò anche per colpa propria. Comunque sono contento quando devo recensire un film brutto, perchè così posso abbrutire pure la mia scrittura, abbandonare le analisi seriose e buttare tutto in vacca. (Non so perchè mi do queste regole)

Non sono uno di quelli che inorridiscono quando vengono a sapere che un’opera del loro scrittore preferito diventerà un film. Non ci sono scrittori intoccabili, non ci sono scrittori impossibile da adattare, tanto che la stessa opera di Dick si è prestata a parecchi adattamenti che si sono trasformati in film come Blade Runner, Atto di forza e Minority Report. Quindi, considerando che Dick era un genio, che la fantascienza è un genere verso il quale sono ben disposto e che la storia declina per l’ennesima volta IL tema principale dickiano, quello della realtà vera e della realtà apparente, di noi stessi e noi come copie di noi stessi (pensavate davvero che Matrix avesse inventato qualcosa?!?!?) ero moderatamente esaltato all’idea di vedere il film. Queste idee e la penuria di titoli nelle altre sale non mi avevano consentito di fare alcune semplici considerazioni che avrebbero permesso a ogni persona di buon senso di evitare l’esborso di cinque euro per la visione. 1: la campagna pubblicitaria, a ben vedere, è stata abbastanza misera. Non che sia un indicatore della bontà del film, ma quando una pellicola mainstream con un protagonista di un certo richiamo (Matt Damon), adattamento di uno dei massimi scrittori sci-fi (Philip Dick), con un budget non di certo esiguo, non viene strombazzata a destra e a manca c’è evidentemente qualcosa che non va. 2: il fatto che sia un adattamento di Dick non è evidenziato nel poster promozionale. Magari molti non sanno chi sia Dick, ma ai nostri geni del marketing non ci sarebbe voluto molto a scrivere “Dal creatore (o una parola a caso che volete) di Blade Runner“. Perchè non l’hanno fatto? Coda di paglia? Pensandoci a posteriori avrei dovuto interpretarlo per quello che è: un’onesta ammissione di fallimento da parte del regista, ma sono stato cieco. 3: ultima chance prima di comprare il biglietto: il film è proiettato in…SALA 7, l’ultima e la più sfigata, che di solito è quella a cui vado sempre io perchè la tengono per le visioni un pò “alternative” (se si possono chiamare alternative le pellicole del multiplex), ma che questa volta era stata palesemente lasciata a un film che già da subito non era destinato a ricevere molte visite. Ma come ci insegna questo The Adjustment Bureau, il destino non può essere cam…..ehm no…il mio libero arbitrio ha fallito alla grande, so here we are

I guardiani del destino (George Nolfi) ★/4
Un brillante politico americano, il gentile ma impulsivo David Norris (Matt Damon), destinato a diventare presidente degli Stati Uniti, subisce una pesante batosta elettorale ma conosce allo stesso tempo l’amore della sua vita (Emily Blunt) che lo ispirerà per il discorso che lo rimetterà in carreggiata. Dopo quel giorno però, perde le traccie della sua bella  e continua la propria carriera politica, ma senza smettere di pensare a lei, fino a che un giorno, per caso ma neanche troppo, la ricontra. Ma perchè i loro destini sembrano continuamente separarli? La risposta arriva quando David scopre fortuitamente al lavoro i “guardiani del destino”, entità che si preoccupano che il Piano venga rispettato, sempre e comunque.

Non sono pochi i difetti di questa pellicola diretta dal quasi esordiente Nolfi, ma, la cosa ancora più inquietante, è che non riesco a trovarne gli aspetti positivi. La regia è assolutamente anonima, Nolfi non riesce a sfruttare nulla del potenziale dickiano e si imbarca in una storia d’amore impossibile e tritaballe, camuffata – male – da fantascienza. Il discorso sul destino, sulla relatività di ciò che noi prendiamo come “scelte” personali, sull’importanza di essere padroni di noi stessi e delle nostre azioni, viene ridotto all’osso e semplificato riducendosi a “Cosa scelgo? La carriera che mi è stata predestinata e che posso ottenere in tutta tranquillità o l’amore che mi farà perdere tutto, perdipiù venendo ostacolato da esseri sovrannaturali?”. La domanda è retorica no? E se la trattazione di questi temi è già banale e scontata di per sè, il film aggrava ulteriormente la situazione dovendo per forza di cose visualizzare il tutto sullo schermo, arrivando così a costruire situazioni al limite del ridicolo.

I guardiani del destino (George Nolfi) ★/4

io sono un angelo

E vogliamo parlare di sceneggiatura e personaggi?
I protagonisti sono due figurine senza alcun carisma e, dopo le belle prove recenti, dispiace constatare la pessima interpretazione di Matt Damon, il quale non sembra credere affatto al suo ruolo tanto appare fuori luogo. Emily Blunt da parte sua è lontana anni luce dal poter essere seriamente presa in considerazione come la donna-che-ti-strega-per-la-vita. I suoi atteggiamenti “bizzarri” più che renderla simpatica o alternativa,   infastidiscono per banalità e sembrano presi di peso e neanche elaborati dal manuale per principianti della donna misteriosa e un pò pazzerella; la realtà è che non ha un minimo di appeal. E questo si può dire di tutto il film: non ha attrattiva. Sia chiaro, il film è prodotto con professionalità holliwoodiana e confezionato in un pacchetto senza troppi fronzoli ma efficace. Il problema però è che arrivi a fregartene di quello che avviene sullo schermo perchè tanto hai capito come andrà a finire dopo dieci minuti. Nolfi non è stato inoltre capace di rendere interessanti neanche le parti fantastiche, con le peripezie di questi “angeli” in giacca e cappello. Giusto renderli anonimi come fossero normali lavoratori, ma mancano le idee a supportare questa visione. Ancora più priva di interesse è la storia principale e quando vedi un Matt Damon imbolsito fuggire con l’amata mano nella mano, aprendo una porta spazio-temporale dietro l’altra, con quel cappello in testa, finisce col sopraggiungere anche un pò di tristezza.

EDA


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