I Killers di Bersani, all’assalto del segretario nel nome del Grande Centro

Creato il 09 dicembre 2011 da Candidonews @Candidonews

Enrico Letta, Walter Veltroni e Matteo Renzi, ma anche Giuseppe Fioroni, gli ex popolari, alcuni franceschiniani ed altre ‘schegge impazzite’ all’interno del Partito Democratico.  Sono loro i  futuri ‘killers’ della linea politica di Pierluigi Bersani ovvero il sostegno ad una piattaforma sociale progressista e la prospettiva di una alleanza di CentroSinistra con Di Pietro e Vendola.

Dal varo del Governo Monti hanno trovato nuova linfa tutti quelli che nel Pd mal sopportano la linea del segretario. Da Enrico Letta che punta ad una alleanza organica con l’Udc, a Walter Veltroni che predica ancora l’autonomia del partito rispetto alle vecchie alleanze di centrosinistra, a Matteo Renzi che sponsorizza provvedimenti di chiaro stampo centrista sia sul lavoro che sulle pensioni.

Da il Foglio ecco alcuni importanti passaggi che nel futuro saranno di attualità:

Un soggetto, per capirci, formato da un gruppo massiccio di esponenti del Pd (tra il 45 per cento e il 50 per cento del partito) tutti accomunati dall’idea che sia arrivato il momento di togliersi di dosso le catene del vendolismo, del dipietrismo, del cigiellismo, del vastismo, dell’anti riformismo e dell’anti liberismo; e tutti convinti insomma che la partecipazione più o meno diretta all’esperienza Monti possa avere per il Pd lo stesso effetto purificatore di una lunga immersione nelle acque del Giordano.

“Il partito dei Monti boys”. E la definizione, a quanto pare, non sembra essere dispiaciuta affatto a tutti quegli esponenti del Pd (di rito rigorosamente non bersaniano, e i cui nomi vedremo tra un attimo) che in questi giorni hanno criticato in modo convinto gli eccessivi borbottii dei propri compagni di partito di fronte ai primi provvedimenti del governo Monti e che nelle prossime ore segnaleranno la loro lontananza da chi lunedì andrà a manifestare con i sindacati contro la manovra (come Cesare Damiano e come Stefano Fassina)
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La novità di questo partito nel partito non è però legata soltanto alle idee alternative rispetto a quelle espresse dal segretario del Pd (e dalla sua squadra di economisti) ma è bensì direttamente collegata anche al peso che queste idee stanno acquisendo all’interno dello stesso Pd. Un peso che, da quando Monti è arrivato alla guida del governo, si è moltiplicato in modo esponenziale.
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E in termini pratici, o per meglio dire, in termini numerici, si può dire dunque che il fronte montiano del Pd, che si sta muovendo sulla scacchiera del centrosinistra in modo alternativo al cerchio magico del segretario, rappresenta ormai circa la metà del Partito democratico (i Modem sono il 35 per cento del Pd, i lettiani circa il 15 per cento). E considerando che all’interno del fronte bersaniano non mancano diversi obiettori di coscienza (vedi ad esempio anche alcuni franceschiniani) convinti che per il Pd non esista altra strada per sopravvivere nel futuro se non quella di ricalibrare il baricentro del partito sul profilo del governo Monti, è comprensibile che qualcuno si sia convinto che nel Pd ormai esiste una maggioranza diversa rispetto a quella uscita dall’ultimo congresso.

Dal punto di vista teorico, in un primo momento si era pensato che anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, potesse essere iscritto di diritto nel partito montiano. In effetti, molte delle ricette contenute all’interno dell’agenda economica del nuovo governo (flexsecurity, riforma delle pensioni, riforma della contrattazione aziendale) coincidono con alcune delle proposte formulate dal sindaco di Firenze durante la sua tre giorni della Leopolda di fine ottobre, e anche per questo l’insolito silenzio del sindaco in relazione alle dinamiche politiche nazionali (e montiane) era stato letto come una sorta di convinto silenzio assenso rispetto alle scelte del governo

Bersani e la sua linea ‘di sinistra’, portata avanti dal responsabile economico Stefano Fassina, appaiono oramai in contrasto con la linea del Pd di appoggiare un governo, come quello di Monti, chiamato a chiedere enormi sacrifici per pensionati e lavoratori.

Dopo la manovra ‘lacrime e sangue’ scatterà la fase due, ovvero la ‘Riforma del mercato del lavoro’. Da questo capitolo emergeranno tutte le ambiguità tra una piattaforma ‘progressista’ uscita dalle assemblee programmatiche del Partito Democratico,  espressione della segreteria di Bersani e le proposte di Riforma di Monti che probabilmente ricalcheranno quelle di Ichino, esponente democratico uscito sconfitto nella battaglia interna.

Come potrà il PD appoggiare un governo che vara una Riforma del Welfare figlia di una proposta uscita sconfitta nei congressi stessi del partito? Vorrebbe dire sconfessare la linea politica del segretario. Da qui il lento ed inesorabile indebolimento di Bersani che probabilmente verrà poi spodestato in un congresso straordinario, il quale segnerà la vittoria della corrente ‘centrista’ pronta ad archiviare il CentroSinistra uscito vincitore alle amministrative di Milano, Napoli ed alle consultazioni referendarie, per ‘abbracciare’ l’Udc ed il terzo Polo in un inedito polpettone centrista.

Il risultato? Parti del Pd in uscita verso sinistra, e parti del Pdl in entrata verso i centristi per dar vita ad una nuova coalizione moderata che vada da Pd a Fli passando per Udc, schegge Pdl, Api e frattaglie varie. Un ‘blobbone’ benedetto da Chiesa e Confindustria in grando di marginalizzare sia la Sinistra sia la Destra berlusconian-leghista. In due parole: Democrazia Cristiana.

Si vocifera che per disinnescare il suddetto piano, i bersaniani potrebbero lanciare una ‘bomba’ nelle prossime settimane. Dopo l’approvazione della finanziaria, il Partito Democratico potrebbe chiedere elezioni anticipate arrivando anche a negare la fiducia a Mario Monti. Decisione rischiosa al momento, visto il consenso ampio riscosso dal nuovo Premier, il quale (qualora accettasse) sarebbe sicuramente candidato alla guida del terzo polo.

Non vorrei essere nei panni di Bersani. Accerchiato, sempre piu solo. Dopo la caduta di Berlusconi, l’unico ostacolo alla formazione del ‘Grande Centro’ appare proprio essere il leader democratico.

Resistere, resistere, resistere! Passare dal ventennio del Caimano alla nuova Dc sarebbe un colpo mortale per la crescita del nostro paese. Sia dal punto di vista dei diritti sociali (lavoro, pensioni, welfare in generale) sia da quello dei diritti civili (testamento biologico, fecondazione assistita, unioni civili etc).

L’autunno berlusconiano lascerebbe il passo al lungo inverno centrista. Con buona pace di tutti quelli che credono in una società equa, solidale e matura.


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