Le conifere più antiche d’Europa sono nascoste in un angolo dell’Alto Adige
Il sole scende sulla Val D’Ultimo (foto di Patrick Colgan)
Stringo una piccola pigna fra le dita. E’ grande come un’unghia o poco più ed è attaccata al frammento di un rametto esile. Sembra potersi staccare da un momento all’altro, ma non lo fa. E’ piccola quanto apparentemente fragile, ma disperatamente, saldamente aggrappata al ramo. E’ più forte di quello che sembra. E’ una qualità che condivide con l’albero millenario che l’ha fatta nascere, curata e nutrita prima di concedere che si staccasse. A dire il vero non so nemmeno se si può chiamare albero questo larice contorto, scortecciato, sventrato, vilipeso dal vento e sferzato dai fulmini. Sono venuto in Val d’Ultimo, in Alto Adige, con Pietro per vedere tre alberi. E’ un luogo che voleva vedere da molto tempo, da quando era bambino e che ha immaginato a lungo. Ne abbiamo parlato tutto il viaggio. Ma ora restiamo in silenzio, ognuno per conto suo. Io provo a scattare foto , ma non è facile, fotografare alberi è una delle cose più difficili che esistano, per me. Allora mi avvicino, appoggio la mano sul legno antico, in silenzio, e stupidamente mi aspetto di sentire qualcosa, una vibrazione, un battito, la voce della linfa che scorre lungo questo tronco improbabile da mille, forse duemila anni. Un tempo quasi inconcepibile. Provo a calcolare, visualizzare quella successione di nevicate, di primavere, estati e pigne cadute, come se fosse un paradossale time-lapse nella mia mente, ma non ci riesco. Mi perdo nei secoli.
Quella che questi alberi sussurrano è una verità che qui non appare evidente, che non si impone in modo assoluto, immediato, come davanti alle sequoie della California che fanno tremare le gambe quando alzi lo sguardo e ti fanno sembrare tutto fuori scala, sbagliato. Qui, fra i tre larici nascosti in questa valle tranquilla ai margini di un bosco e a due passi da una strada dove ora non passa quasi nessuno, devi sederti, guardare, ascoltare. Penso alla storia che ho letto. Nel 1930 uno di questi larici, venne abbattuto dal vento: il suo tronco mostrava duemila anelli. Per questo si suppone che abbiano fra i mille e i duemila anni, che siano le conifere più antiche d’Europa. A proteggerli dalla neve e dal vento, la montagna e il bosco che la ricopre, a proteggerli dagli uomini, che nei secoli hanno camminato e tagliato legna a pochi metri da qui, forse è stato prima il caso, poi solo la venerazione per alberi che sembravano eterni già nel medioevo. Ma che cosa siano veramente questi quattro alberi non è però in realtà così importante. Che abbiano mille o duemila anni ti mettono comunque di fronte all’eternità, a grandezze non concepibili dalla mente umana. E’ una dimensione talmente grande da essere quasi astratta. Ed è per questo che li guardiamo con meraviglia e sembrano metterci in contatto con un segreto. Ma in questa meraviglia c’è anche un po’ di ingenuità. In realtà, questi antichi alberi agli occhi della natura non sono poi così diversi da quelli che stanno loro intorno. Questo bosco, e forse è questo che sta sussurrando, è una cosa sola, perché la vita si trasforma in vita.
I larici della Val D’Ultimo (foto di Patrick Colgan)
I larici della Val D’Ultimo (foto di Patrick Colgan)
I larici della Val D’Ultimo (foto di Patrick Colgan)
I Larici della Val d’Ultimo (foto di Patrick Colgan)
Come arrivare in Val D’Ultimo
Gli alberi sono in Val d’Ultimo, in Alto Adige, vicino a Merano (Bolzano). Si seguono le indicazioni e si risale la valle fino alla località Santa Gertrude, dopo Pracupola e prima di Fontana Bianca. Sono sulla sinistra. Il percorso consigliato parte dal parcheggio di Santa Gertrude. Imboccando poi il sentiero che torna verso valle, si supera un ponticello e sale leggermente (seguire l’indicazione Urlarchen), e si arriva in non più di una ventina di minuti. In zona ci sono due bar-ristoranti (Hofschank bei den Urlarchen e Larchengarten) che non tolgono fascino a un luogo indimenticabile, specie quando ci si ritrova soli, più facilmente verso il tramonto. Abbiamo alloggiato all’albergo Ultnerhof che mi sento di consigliare.
I tre larici sono a circa 1.430 metri di altezza.
Tutta la cima del larice più alto, che misura 36,5 metri per una circonferenza di 7 metri, è disseccata, colpita da un fulmine. Anche l’albero più grosso, con 8,34 metri di circonferenza ed alto 34,5 dalla appariscente escrescenza bulbosa, ha perso la cima. Il larice dalla singolare cavità è invece da generazioni spezzato a sei metri d’altezza: un ramo laterale ha di conseguenza assunto il ruolo di cima. Nonostante ormai solo in una ridottissima parte del tronco pulsi la vita, questo continua ogni anno a germogliare ed ha già raggiunto nuovamente i 22,5 metri (da Ultental-Val d’ultimo – Larici millenari)
Link collegati: