Sul bellissimo blog Che libro mi porto, qualche giorno fa ho risposto a qualche domanda su viaggi e libri. E guide, app e lingue straniere.
Naturalmente lo spazio era troppo poco per parlare di tutti i libri che amo, ne ho citati tre, di Pico Iyer, Bill Bryson, e W.G. Sebald, ma avrei potuto inserirne tantissimi altri (e inserirci anche degli ultimi autori che ho conosciuto, come Paul Theroux, Rolf Potts, Barry Lopez e Davide Sapienza). Ma rischiava di diventare un elenco senza senso, così ho colto l’occasione per parlare anche un po’ di come intendo il viaggio.
Patrick,quanto contano i libri di viaggio (non le guide in senso stretto) per te nella preparazione di una partenza?
“Contano molto, ma non seguo regole. Alle volte è bello partire sapendo pochissimo. Ma più spesso mi piace prepararmi. Amo prepararmi accuratamente, specie per i viaggi importanti. Leggo molto, ma non solo romanzi in realtà. Sul mio blog, per esempio, ho raccontato come mi sono avvicinato al viaggio nei Balcani o quello a Cuba in cui ho utilizzato saggi, documentari, interviste.
In questo tipo di viaggi credo che capire bene quello che vedi, collegare certe immagini alla storia sia fondamentale. A volte cerco anche di imparare un po’ di lingua se ho tempo sufficiente. E’ più facile di quanto si possa credere ed è incredibile quanto sia utile conoscere anche solo poche frasi: è un atto di umiltà che ti avvicina a chi vive in un posto. Spesso invece non si compie nemmeno il minimo sforzo: bastano pochi giorni per imparare l’alfabeto cirillico (Umberto Eco dice che basta una serata, ma non è vero), specie a chi ha fatto il liceo classico. Eppure molti non fanno nemmeno questo minimo sforzo”.