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Ci sono libri che non troverete nelle biblioteche, perché di essi si sono perse le tracce. Così è accaduto a molte opere dell’antichità greca e romana, di cui rimangono, talora, solo poche citazioni contenute nelle opere di altri autori. Parlo di romanzi e di poesia, ma anche di scritti di filosofi, scienziati, geografi e storici. Per queste opere possiamo solo sperare che le ricerche consentano di recuperare antichi papiri e pergamene in qualche antica biblioteca o in qualche tomba del deserto.
Le opere scritte per il pubblico dal grande filosofo Aristotele (Stagira, 384 a.C. – Calcide, 322 a.C.), ad esempio, sono andate perdute. Alla fine del secondo secolo a.C. vennero scoperte per caso in una cantina appartenente a due discepoli del Mestro alcuni manoscritti. Si trattava di dispense, realizzate per gli studenti, che lo scopritore, un certo Apellicone, portò ad Atene. Quando la città fu saccheggiata dalle truppe romane nell'84 a.C., il generale Silla li sequestrò portandoli a Roma e facendoli pubblicare. La nostra conoscenza del pensiero di questo filosofo si deve a questo fortunato caso.
Ci sono poi libri che sono davvero come l’araba fenice. Per quante biblioteche visitiate, per quanti sforzi possiate mettere in atto, non riuscirete mai a trovare quei titoli nel catalogo di una biblioteca. E qualora dovreste riuscirci il vostro entusiasmo durerà poco, giacché il vostro presunto “ritrovamento” si rivelerà alla fine l’opera di un burlone.
Quelli di cui parlo sono infatti libri inesistenti. E qui m’immagino lo stupore di alcuni di voi.
“Cosa stai dicendo? Se questi libri non esistono, perché mai dovremmo cercarli?”
Ebbene, ci sono libri che non esistono eppure sono famosissimi, al punto che molti sono pronti a giurare sulla loro esistenza, proprio come accadeva per la fenice.
Citarli tutti è assolutamente impossibile. Basti dire che esistono veri e propri cataloghi di libri introvabili. Uno dei primi è quello lasciato da Rabelais, contenente l’elenco dei 141 volumi della Biblioteca dell'Abbazia di San Vittore. Molti altri autori (ad esempio il tedesco Athanasius Kircher) fornirono altri elenchi nei secoli successivi, cosicché oggi occorrerebbe una capiente biblioteca per ospitare tutti questi volumi, se solo fosse possibile ritrovarli.
I ritrovamenti e le scoperte di libri e manoscritti di questo genere, oltretutto, si susseguono incessantemente. Recentemente, ad esempio, nel blog dell’Errante, viene descritto un “Liber lamiarum” scritto da Apollonio di Tiana, leggendario filosofo dell’antichità, cui sono attribuite varie opere a carattere alchemico.
Il più famoso, o per meglio dire famigerato, di questi libri introvabili rimane comunque il temibile Necronomicon, un pericoloso libro di magia nera scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhazred, che si dice sia vissuto nello Yemen nell'VIII secolo d.C. e sia morto a Damasco in circostanze a dir poco inquietanti (pare sia stato fatto a pezzi in pieno giorno da un essere invisibile).
Una copia del Necronomicon, chiusa a chiave in un armadio, dovrebbe essere conservata nella biblioteca della Miskatonic University, che si trova ad Arkham, un’antica città del Massachussetts che sorge sulle sponde del fiume Miskatonic. Per inciso, a proposito di inquietanti coincidenze, pare che l’acqua (dei mari, dei fiumi, e naturalmente dei laghi) sia particolarmente legata ai misteri…
C’è pure, occorre dirlo, chi ritiene che il Necronomicon non sia altro che un’invenzione dello scrittore Howard Phillips Lovecraft (Providence, 1890 – 1937). Tuttavia il libro viene citato in numerose opere di altri autori (alcune “edizioni” del Necronomicon sono state persino pubblicate) e in alcune pellicole cinematografiche. Al punto che taluni sospettano che l’opera possa effettivamente esistere e che Lovecraft sia stato inconsciamente spinto a citarla e utilizzarla nelle sue opere.
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