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I libri italiani ed Ewan: un sermone di fine anno

Creato il 17 novembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

I libri italiani ed Ewan: un sermone di fine annoPartiamo col dire che io sono uno stronzo. Tenetelo bene a mente perché sarà utile in seguito.

Leggevo su Facebook che il terzo episodio di Wunderkind di GL D’Andrea sarà pubblicato da Mondadori soltanto in formato digitale. Tra alcune personalità illustri della blogsfera letteraria italiana è scoppiata una piccola rivolta contro l’ennesima mossa di Lord Mondador (e potrei sottolineare l’incoerenza di quelli che la mattina sono lì a inneggiare affinché gli ebook sostituiscano l’obbrobrioso cartaceo e il pomeriggio piagnucolano perché un romanzo viene pubblicato in formato digitale, salvando alberi, spazio nelle librerie e abbattendo costi di produzione – potrei, ma non lo farò). A me, detto papale papale, la cosa non fa né caldo né freddo. Sinceramente GL non mi è mai stato simpatico e, anche se mi dispiace per i fan che non avranno mai il piacere di avere la trilogia completa in formato cartaceo, non mi strapperò certamente i capelli per Wunderkind.

Conoscendo Lord Mondador, per lo meno di fama (altrimenti non sarei qui a scrivere, ma starei in libreria a firmare le copie del mio Fantasy-Per-Ragazzi-Con-Elfi-Ghei assieme a Licia Troisi), penso che si sia fatto due conti in tasca e abbia deciso che a stampare Wunderkind non ci si guadagnava. Mondadori è un’azienda e ha tutto il diritto di fare questo genere di cose, corrette o meno che sembrino.

Il problema sta a monte: la gente non ha comprato un numero sufficiente di copie di Wunderkind 1 e 2 per garantire l’uscita del terzo. Non si può dare la colpa a Mondadori per non essersi voluta imbarcare in quella che evidentemente era un’operazione in perdita. Almeno per questa volta la colpa non è dell’arcinemico di ogni buon intellettuale radical-chic. Se la gente non compra abbastanza libri, la colpa è della gente, non dell’editore.

Eppure si può veramente biasimare il pubblico, il cliente finale, perché al libro dell’esordiente italiano preferisce l’ennesima soap opera storicheggiante di Ken Follett? In parte sì, ma poi si ritorna al solito discorso: la colpa è del lettore che è abituato male o anche dello scrittore italiano che non è all’altezza dei famosissimi colleghi internazionali?

Nel mio piccolo, qualche libro di esordienti italiani l’ho letto, quest’anno. Ma poca cosa, devo ammettere. Su 63 libri letti nel 2011, solo 12 erano di autori italiani (anzi, 13, se contiamo Lagomorpha, la bella miniraccolta autopubblicata di Matteo Poropat). Nemmeno il 20%. Eppure scommetto che, raffrontato con buona parte dei miei connazionali, che avranno letto si e no il nuovo libro di Camilleri, me la cavo ancora bene. Posso dire di aver fatto il mio dovere? Forse.

Però quando si passa dalla parte quantitativa a quella qualitativa, come dicono i miei amici britannici, the shit really hits the fan. Piccola premessa: per evitare flame apocalittici tenete presente due cose 1) si tratta di opinioni personali (e pertanto insindacabili ma non per forza condivisibili) e 2) non farò nomi e cognomi di autori e/o editori, tranne, come nel caso di Poropat, di quelli di cui ho gradito il lavoro.

In sostanza ciò che ho riscontrato è che la qualità dei libri che ho letto è mediocre. Mediocre tendente al basso, per essere precisi. E tenete presente che non si tratta solo di esordienti alle prima armi: sto parlando anche di promesse della narrativa italiana di cui mi era piaciuto il romanzo d’esordio e che poi hanno sfornato un aborto di libro che definire deludente è fargli un complimento, gente con anche due o tre libri alle spalle, non adolescenti sbarbatelli che scrivono un fantasy con Prescelto ed Elfi Yaoi.

A onor del vero va detto che ho letto anche libri validi. Anzi, a dirla tutta nella lista dei migliori libri letti quest’anno sicuramente un posto d’onore va a Il sentiero di legno e sangue di Luca Tarenzi. Però si tratta per l’appunto di una parte minima.

Di chi sia la colpa non lo so. Forse degli autori che non hanno idea di che cosa sia la gavetta e che vogliono essere pubblicati subito, che sommergono con schifezze le case editrici facendo affogare in un mare di mediocrità i romanzi veramente meritevoli. Forse è colpa degli editor, che non fanno al meglio il loro lavoro, del resto troppe volte leggendo questo o quel romanzo mi sono ritrovato a dire “ma perché, perché non hai corretto questo cambio di POV o questo sbrodolamento di aggettivi, signor editor?”. O forse è colpa degli editori che cercano a tutti i costi di sopravvivere puntando sul commerciale: vampiri, angeli decaduti e altra roba urabn fantasy/paranormal romance. Anche loro, come Lord Mondador, hanno come fine ultimo quello di guadagnare, e se i vampiri tirano, si pubblicano vampiri, sperando di riuscire a inserirsi in una fetta di mercato già di per sé satura. O, addirittura, sono da biasimare i miei colleghi recensori, che invece di fornire una critica come dio comanda si limitano a qualche leccata di culo all’autore o all’editore (che magari è un amyketto). Io, lo ripeto, non so con certezza di chi sia la “colpa”, né mi sento di puntare il dito contro nessuno in particolare.

E anzi, può darsi che sia tutto solo nella mia testa, perché, come ho detto in precedenza, io sono uno stronzo, uno con dei “bias radicati” nella testa, uno che fa il figo sul web a scapito di giovani autori talentuosi per carenza di autostima nella vita reale. Mettetela come volete.

Siamo a metà novembre ed è ancora presto per i propositi di fine anno, ma io lo faccio lo stesso. Per il 2012 prometto di continuare a leggere libri di autori italiani, nonostante il 2011 sia stato tutt’altro che incoraggiante. Ma voglio, voglio con tutto il mio arido cuore asociale, che il talento (quello vero, non quello costruito ad arte e di cui, grattata la superficie, resta solo fuffa pretenziosa) esca allo scoperto.

Perché il talento c’è, bisogna solo sapersi orientare e scovarlo.


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