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I libri più vomitevoli del 2010 - posizione 4

Creato il 06 aprile 2011 da Sulromanzo

I libri più vomitevoli del 2010 - posizione 4Ogni volta che aggiungo un tassello alla classifica dei libri più vomitevoli mi arrivano mail che criticano positivamente o negativamente quanto ho scritto. Per lo più persone che mi conoscono da tempo grazie a Sul Romanzo e con le quali dal 2009 ci scambiamo opinioni sui libri che leggiamo, soprattutto di narrativa. Una ventina di persone agguerrite, lettori forti, gente che legge uno o due libri a settimana. Oggi alcuni non saranno contenti, perché amano l’autore che citerò; a dire il vero in nessuna delle sue arti mi è mai piaciuto. Non mi ha convinto con il suo primo romanzo e tanto meno con il suo ultimo. 

 

È il 1978, in una Milano che si sveglia e dorme con celerità, a volte d’improvviso. Un personaggio ambiguo e sofisticato, anche se la sua fervida intelligenza lo rende problematico, complesso.

 

La critica ne ha parlato bene.

Migliaia di persone ne hanno parlato bene.

Per quale ragione?

Io non sono riuscito a digerirlo, fin dalle prime pagine, anzi dalla prima. Fossi stato un editor avrei bocciato senza indugio l’incipit, gusti.

Scaglio in volo la mia prima sentenza: Faletti è l’autore più sopravvalutato degli ultimi 150 anni, almeno dall’Unità d’Italia. Fosse nato negli Stati Uniti non sarebbe nessuno nella letteratura, tante e tali sono le somiglianze con alcuni nomi d’oltreoceano che le coincidenze iniziano a essere troppe… e non occorre, credo, scomodare Martina Testa di minimum fax, fra gli appassionati della letteratura statunitense. Leggevo le sue pagine e mi dicevo “Ah, come X”, più avanti “Ecco Y”, poco più in là “La stessa scena di Z”.

Tutto il libro così, TUTTO IL LIBRO COSÌ.

E la faccenda che più mi indispettisce è che gode di un successo incredibile anche per questo romanzo, una fiumana di lettori che lo adorano.

 

I libri più vomitevoli del 2010 - posizione 4
Sarà che “copiare” in letteratura è diverso da “farsi ispirare”, almeno per me; sarà che qualcuno a suo tempo avrebbe dovuto dire a D’Annunzio: «Uè Gabriè, cerca di piantarla di copiare i francesi!»; sarà che, per venire più vicini nel tempo, qualcuno dovrebbe dire a Faletti: «Uè George, la finiamo con gli scopiazzi yankee?».

 

Invece no, i complimenti si sprecano, i fan strillano impazziti, parlano di “Appunti di un venditore di donne” (Dalai Editore) come del romanzo più umano della serie o romanzo strabiliante o romanzo incredibile.

Sia chiaro, possibile, anzi più che possibile che io non capisca nulla di letteratura contemporanea, figuriamoci di noir, però quante digressioni ridondanti, quanto prevedibile il finale, quanto macchinosa la prima parte per decine di pagine, quanto frammentario nelle scene, quanto esagerate sono alcune situazioni, quante artificiose sono le giustapposizioni di nomi e abitudini dell’epoca all’interno della trama, quanto banale è la lingua utilizzata, macchiata da frasi a effetto per darsi un tono da esteta, quanto brutto è stato il mio novembre 2010 a causa di questo pseudoromanzo.   

 

Non aggiungo altro, direi solo cattiverie su "Appunti di un venditore di donne", con me Faletti ha chiuso, per l'eternità.

La classifica si sta scaldando.

Alla prossima, mancano i primi tre.

 


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