I libri più vomitevoli del 2010 - posizione 7

Creato il 02 marzo 2011 da Sulromanzo

E oggi vi presento la settima posizione, dopo l’ottava della settimana scorsa.

Breve digressione: qualche settimana fa, mentre compilavo la lista dei libri in classifica, mi sono chiesto in quale casella inserire questo libro. Ero certo di inserirlo, ma non sapevo bene in quale posizione. E così facevo i confronti e mi dicevo “prima o dopo di…?”, tentennavo. Poi ho trovato la soluzione, nel dubbio pensare all’autore, pensare a chi è, e quindi rivolgere l’attenzione anche a una sfera più ampia rispetto al testo.

Avevo altresì letto gli articoli di Barbara Greggio (con relativa intervista) e Anna Costalonga, e sapere di avere a che fare con un autore da premio Strega mi ha messo nella testa non poche incertezze. 

Ecco il pensiero esploso fra i miei deboli neuroni: l’anno prima la madre, l’anno dopo il padre, casuale? Calcolato? Quanta arte? Quanta scaltrezza nel marketing?

Ma veniamo al testo, ciò che è importante, anzi fondamentale…

Non c’era un bimbo nelle pagine, ero io lettore a essere imboccato, un po’ come quando ci infilavano in bocca omogeneizzati. Sono gusti, sia chiaro, non amo i romanzi nei quali mi si donano coccole, non voglio coccole, voglio conquistare qualcosa, scoprire qualcosa, stupirmi, non carezze. E “Le cose fondamentali” è un po’ come l’iniziativa che si vedeva tempo fa in alcune città italiane: “Abbracci gratis per tutti”. Qui neppure gratis le carezze…

Aggiungi anche qualche lacrima di rito per una malattia e il gioco è fatto, al pari di Bianca come il latte rossa, ops!, ho parlato troppo presto. Facciamo un patto: voi non avete letto quel titolo, anzi quel quasi titolo. 

Non mi piacciono i libri furbi, “Le cose fondamentali” è nella lista dei libri furbi.

Ti sto insegnando ma non lo so se ce la faccio, sono sperimentale ma non so se riesco a essere sperimentale, ti rivelo alcune cose ma non so se potrò rivelarle, ti sto dicendo ma forse non saprò dire, e avanti così, alla stregua di chi vorrebbe dare un ceffone a qualcuno e già con la mano alzata dice: “Guarda che te la do!”, e poi diventa un buffetto, scusandosi, spiegando, e scusandosi ancora. Ho sentito lungo tutto il libro sapore di moralismo, non di morale; sapore di colpa e peccato; sapore di moderatismo. Sapore di una trama riuscita a metà; sapore di tecniche estetiche di scrittura riuscite a metà; sapore di emozioni famigliari riuscite a metà.

No, non mi aspetto da Tiziano Scarpa una sequenza di logiche narrative centellinate per fare compiacere il lettore. Non me lo aspetto da chi cavalca da anni la cultura letteraria italiana con indubbi meriti e con ottimi risultati. Mi aspetto di più, pretendo di più.

Il destino che ti frega. Ripeto: il destino che ti frega. Ah, davvero? Leggevo da pagine e pagine e mi dicevo: “Dai, su, dov’è la fregatura?”, e poi compare la fregatura, precisa come un orologio svizzero, anzi no, un po’ in ritardo per la verità, si faticava ad andare avanti nella prima parte. Vi sono stati momenti in cui mi sembrava di leggere testi di New Age, ma in una veste debole, debolissima, un po’ come quando si leggono i testi di James Redfield e ci si convince di poter parlare di filosofie orientali con cognizione di causa. Per tale motivo prima parlavo di moralismo e non di morale, la saggezza è un’altra faccenda, di tutt’altro spessore.

Qualcuno mi ha detto che in questo libro si trova il Tiziano Scarpa uomo, nella sua umanità, mi chiedo: qualcuno di voi ne sentiva la necessità? E se sì, non si poteva pretendere dal recente premio Strega di prenderci più seriamente e non come lettori spensierati da spiaggia estiva?

“Le cose fondamentali” mi ha deluso. Mi ha deluso la trama. Mi hanno deluso i giochi stilistici. Mi ha deluso il moralismo. Mi ha deluso il finale. Mi ha deluso Scarpa.

Mi aspetto che Melissa P sia deludente, non che accada lo stesso con Scarpa.

Alla prossima.


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