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I linguisti della Cassazione tornino a scuola

Creato il 22 luglio 2012 da Zfrantziscu
 di Francesco Casula (*)
La sentenza della Cassazione: "Il sardo non è una vera lingua, è solamente un dialetto" è una sciocchezza sesquipedale, derivante da semplice crassa ignoranza. Pensavamo che tale affermazione fosse da ricondurre solo a luoghi comuni e pregiudizi, insomma agli Idola fori, di cui parla il filosofo Bacone. Ma tant’è: tali idola sembrano aver conquistato anche i grigi giudici della Cassazione. Assolutamente digiuni di cultura linguistica. Non vi è infatti studioso del Sardo che lo consideri dialetto. Ad iniziare dal principe della Linguistica sarda del primo Novecento, il tedesco Wagner, che non a caso titola la sua opera fondamentale “La Lingua sarda”. Si potrà obiettare: ha molte varianti e una pluralità di parlate. Sì, ma le differenze e le divisioni attengono per lo più alla fonetica, importante in una Lingua ma non determinante, come invece lo è la grammatica e la sintassi che è unitaria. Ma anche dato e non concesso che si tratti di una lingua “divisa”, qualcuno si è mai sognato di non considerare una lingua il Greco antico – ma è solo un esempio – pur essendo questo composto di quattro varianti: Eolico, Ionico (utilizzato da poeti come Omero, Archiloco, Tirteo), Dorico (usato da Pindaro, e Simonide) e Attico (usato da Tucidide, Demostene, ecc.)? E addirittura in più di dieci sottovarianti come l’Arcadico, il Cipriota, il Miceneo, l’Acheo? La verità è che non solo il Sardo è una Lingua, ma ha prodotto una vasta e ricca letteratura, nonostante, dopo essere stata lingua curiale e cancelleresca nei secoli XI e XII, lingua dei Condaghi e della Carta De Logu, con la perdita dell’indipendenza giudicale, venga emarginata con la sovrapposizione prima dei linguaggi italiani di Pisa e Genova e poi del catalano e del castigliano e infine di nuovo dell’italiano. Da una analisi attenta della letteratura sarda potremmo infatti verificare che dalle origini del sardo – nato secoli prima dell’italiano – fino ad oggi, non vi è stato periodo nel quale la lingua sarda non abbia avuto una produzione letteraria: spesso di assoluto valore estetico. Ma, a parte tutto questo, c’è da chiedersi: ma la Corte di cassazione conosce le leggi dello Stato italiano? Non sa che laLegge 482 del 15 dicembre 1999 prevede, fra le Lingue (non dialetti) da valorizzare e tutelare, anche la Lingua sarda? O i giudici pensano di essere sopra la Legge?
(*) Pubblicato anche su Sardegna Quotidiano di ieri
Pensare che magistrati tanto innovatori e colti decidono della sorte di individui fa accapponare la pelle. Non va dimenticato, infatti, che questa sentenza è stata pronunciata in un processo contro sardi intercettati mentre parlavano in sardo. A ignorare quanto scrive Francesco Casula, ci sono altri con il potere di fare del male. Come gli oscuri burocrati che nel decreto di revisione della spesa sentenziano che il sardo, insieme al friulano e l’occitano, non godono della tutela della Legge 482, in quanto non “di madre lingua estera”. Stamattina, una amica friulana, imbufalita per questa sciocchezza, mi segnala che il governo non accetterà alcun emendamento (neanche quello di Palomba), ma non applicherà la norma. La bestialità burocratese rimarrà, ma non avrà – secondo quanto hanno assicurato politici friulani – alcun effetto. Da quel che so, il movimento friulano in difesa della lingua, si sta muovendo per un ricorso alla Corte costituzionale perché, una volta approvato il provvedimento, lo bocci come manifestamente incostituzionale. Non sarebbe male che la Regione sarda faccia lo stesso. [zfp]

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