I'll be back...

Creato il 13 maggio 2013 da Omar
La pellicola del grande ritorno sugli schermi di Arnold «The Governor» Schwarzenegger evoca a tratti gli spazi e l'ambientazione di Non è un paese per vecchi. Anche qui siamo lungo la perigliosa e assolata frontiera che separa il Messico dagli States e, come in quel magnifico adattamento di McCarthy, anche qui uno sceriffo alle soglie della pensione deve vedersela con un nugolo di spietatissimi narcotrafficanti. Ma la similitudine coi Coen si ferma lì, appesa al mero dato iconografico, giacché sin da subito The Last Stand declina sul versante action e le cose - diciamolo pure - si fanno dannatamente divertenti.
Intanto rivedere il faccione un po' incarnito del vecchio Arnie fa proprio un gran piacere, soprattutto considerando che il suo riapprodo in sala coincide con lo sbarco a Hollywood del regista sudcoreano Kim Ji-woon: un eccezionale stilista dell'inquadratatura capace di allestire un lungometraggio frenetico, scoppiettante e zeppo di richiami cinefili, un film che guarda al western rileggendolo in chiave moderna ma senza triturare i comesichiamano con l'ironia pop a tutti i costi tanto cara a molto cinema d'avanguardia contemporaneo.
Vero è che il canovaccio è talmente abusato da sembrare un archetipo: abbiamo la cittadina di frontiera, il trafficante di droga evaso e un pugno di uomini disposti a lottare per impedirgli di passare il confine. Schwarzenegger, nei panni del tutore della legge ormai anziano e disincantato, organizza la resistenza e debella un esercito di mercenari al soldo del perfido Cortez (Eduardo Noriega, solita faccia da elegante faina). Nella sua completa aderenza alle regole del genere, il film si trincera deliberatamente dietro un assoluto manicheismo: ci sono i buoni, ci sono i cattivi, e tutto il resto è spettacolo. A chi guarda non viene richiesto altro che di godersela, parteggiando (si spera) per il versante giusto. Limpido, lineare. E delizioso.
Ma tradiremmo l'intera impresa se ci fermassimo al già notevole risultato di un film riuscito. Lo scarto, il quid in più non è dato, paradossalmente, dalla presenza del vecchio cimmeriano redivivo - per lo meno non solo - ciò che rende The Last Stand un prodottino da non perdere (ma al botteghino è andata male, ha portato a casa solo un terzo del suo costo) è invece l'indiscussa grazia di Jee-woon Kim, autore di perle come Two Sisters o di Il Buono, il Matto e il Cattivo e che qui si prodiga in magnifici virtuosismi senza che lo spettatore li subisca come gratuite dimostrazioni di bravura (si veda al riguardo le decine di scene di inseguimenti on the road ma soprattutto l'ultima, clamorosa corsa tra le piantagioni di granturco).
Pellicola che riecheggia topoi americani cui oggi forse la mecca del cinema non sembra più capace di affidarsi, The Last Stand non si gioca la carta dell'effetto nostalgia preferendo bensì pestare il pedale dello sviluppo lasciando decollare una sceneggiatura agile e scattante che a modo suo indovina quasi tutto: a partire dal cast - che vanta nomi del calibro di Peter Stormare, Johnny Knoxville, Luis Guzmàn e Henry Dean Stanton - passando per un ritmo pazzesco che tallona tutta la vicenda senza abbandonarti mai e arrivando infine alla fotografia calda e ocrata che rimanda a Leone più che agli scenari emo-flou tanto in voga oggigiorno. Da vedere rigorosamente spaparanzati sul divano, pronti a bestemmiare.
(noticina: il preludio dell'inferno che sta per scatenarsi? Un vecchio fattore che non recapita il latte: che classe!).

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