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Infatti ho avuto subito una pessima reazione. Lo so, non sono una donna e non rientro nel target dei lettori della Kinsella, però quel senso di irritazione che sto provando leggendo questa specie di diario di una maniaca compulsiva di nome Rebecca Bloomwood è qualcosa che raramente ho provato. Forse soltanto leggendo Oriana Fallaci (citata varie volte nel suo profilo facebook da Anders Behring Breivik, l'autore della strage di Oslo) ho avuto reazioni simili.
Ritenere la Kinsella una discepola di Jane Austen è un oltraggio e non rende onore alla solida tradizione linguistica inglese. Il libro è scritto in maniera fin troppo discorsiva e superficiale, non ci sono guizzi linguistici, potrei anche parlare di mancanza di letterarietà, ma poi mi chiedereste cos'è e io non saprei rispondere.
Oltretutto, mi chiedo, ma come fa a piacere alle donne? Non sono un sostenitore delle femministe, non quel genere di femminismo eccessivo di cui si vantano in molte e che crea invece reazioni maschiliste degne dell'età della pietra, ma sono un solido sostenitore dei diritti delle donne, dell'uguaglianza dei sessi, e sono convinto che se il mondo fosse governato dalle donne non sarebbe forse migliore, ma farebbe sicuramente meno schifo Certo, sarebbe meglio che la razza umana si estinguesse e la Terra fosse governata dai gatti, ma questo è un altro discorso.
Donne al potere quindi, e spazio a chi ne sostiene l'uguaglianza.
E la Kinsella? Relegherei la Kinsella in un'isola sperduta nel Mare del Nord, lei è la sua oca di nome Becky ("Un momento. Non sarà per caso un modo elegante per dire che sono un'oca, vero? O una bugiarda? Forse vuol farmi capire che i miei articoli non sono accurati". I love shopping. Pag149. Mondadori Best Sellers), senza una sterlina, senza Harrods e senza uno straccio di corriere che ti possa portare gli acquisti fatti su Amazon, anche se in realtà questo tipo di compulsione credo che sia molto legata al rito del "entro nel negozio, rompo le scatole alla commessa di turno, esco con buste di cose inutili in mano".
I love shopping manca di quel poco di realismo che lo avrebbe reso migliore. Voglio vederle sul serio quelle banche che scrivono lettere del genere invece di pignorarti i beni dopo un nanosecondo di ritardo dal pagamento di una rata di un mutuo o di un qualsiasi altro debito. Quindi non è un libro che consiglierei di leggere a nessuno di noi italiani, a nessuna donna che ha un briciolo di dignità e di cultura (non come la protagonista, chiaramente una sottoacculturata che svolge un lavoro che non le compete: giornalista economica), a chiunque debba fare accurati conti per arrivare a fine mese e segue con gastrite compulsiva le decisioni riguardo l'economia del nostro governo (sia chiaro, destra e sinistra sono tutti uguali, rossi e neri). Non lo consiglierei di leggere al mio peggior nemico, a nessuno. Non di questi tempi perlomeno, non quando i media continuano a dirci di spendere, di far girare i soldi e allo stesso tempo il governo attua provvedimenti che svalutano stipendi e risparmi invece di tagliare lì dove la burocrazia è eccessiva (i loro stipendi, le auto blu, la scorta di otto o dieci bodyguard, gli elicotteri per andare allo stadio...).
Non terminerò questo libro ma voglio dare una seconda possibilità alla Chick Lit. Infatti inizierò presto il Diario di Bridget Jones. Ovviamente preso in prestito in biblioteca. Sapete... di questi tempi è meglio risparmiare.
Sorrido baldanzosa alla signora Brandon, sentendomi una che conta. Sono una famosa giornalista economica che conversa amichevolmente con un famoso imprenditore in un famoso ristorante di Londra. Non è il massimo?
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