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I luoghi letterari di Roma – 2

Creato il 18 marzo 2013 da Sulromanzo

I luoghi letterari di Roma – 2Nella scorsa puntata abbiamo accennato al caffè Canova, ma ci fu uno scrittore che dichiarò: «Roma ha un solo caffè e quell’uno è peggio di tutti i migliori a Trieste… Sono costretto ad andare a un piccolo ristorante greco frequentato da Amiel, Thackeray, Byron, Ibsen e compagnia; listino delle consumazioni in inglese, 1 penny e ½ per un caffè, un bricco di tè da sei tazze 6 penny».

Curioso far notare che il “piccolo ristorante greco” si trova in Via Condotti al numero 86 ed è il famoso Caffè Greco (per chi fosse a Roma fra qualche giorno, il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia). Va anche detto però che James Joyce, autore di quella descrizione del 1906, non amava per nulla la caput mundi, il suo cuore era rimasto a Trieste.

 

Circa un secolo prima, un altro scrittore, Stendhal, aveva dichiarato che il caffè Greco serviva «per tredici centesimi una tazza di eccellente caffè», mentre Hippolyte Taine, intellettuale francese dell’Ottocento, scriveva: «La mattina, colazione al caffè Greco. È un terraneo lungo, affumicato ma comodo, come tanti altri sparsi per l’Italia. Questo, che è il migliore di Roma, sembrerebbe di terz’ordine a Parigi. Bisogna però riconoscere che quasi tutto è buono ed economico: il caffè, veramente eccellente, costa tre soldi a tazzina».

 

Ferdinand Gregorovius, storico tedesco dell’Ottocento, scriveva: «Lo scultore John Gibson si trova ogni mattina al caffè Greco», e qui arrivano tanti artisti dell’epoca, sia italiani sia stranieri. Per esempio il pittore russo Alpatov narrò che «in un angolo oscuro del caffè Greco, dove solevano incontrarsi gli artisti russi, uno strano tipo dai fluenti capelli biondi ricadenti sulla fronte e un lungo naso aquilino. Immerso nella lettura di un certo libro, lo sconosciuto pareva non accorgersi di ciò che accadeva intorno a lui. Soltanto più tardi si seppe che quell’uomo taciturno e immerso in se stesso, dagli occhi che ogni tanto mandavano lampi, era Nikolaj Vasilevič Gogol». Non poche pagine de Le anime morte furono scritte proprio a Roma, fra quei tavoli del caffè.

 


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