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Fra qualche ora, molti colleghi si presteranno inconsapevoli ad una “sceneggiata” che vede più registi, di cui qualcuno occulto. I sindacati si accorgono con colpevole ritardo di quanto sia drammatica la situazione del TPL. Per anni, tutti insieme appassionatamente, hanno tranquillamente cogestito il settore, ricevendone ampi e sostanziosi ritorni, non solo per le categorie rappresentate, ma anche per gli stessi rappresentanti sindacali che da decenni ricoprono ruoli apicali.Solo oggi, dicevo, fingono di accorgersi che siamo nel baratro del fallimento. Dopo anni di acquiescenza e di cogestione, ci invitano ad assediare il fortino regionale come se una tale strategia potesse servire a risolvere problemi che da almeno un decennio sono a loro conoscenza e che loro stessi hanno concorso a creare, in stretta connessione con politica e manager aziendali.Peraltro, da politica e manager era lecito attendersi, per ovvi motivi, un disinteresse per l'efficienza delle aziende del settore. Sono altri, e ben noti a tutti, gli interessi alla base delle scelte dei politici a cui si attengono pedissequamente i manager che, tutti di nomina politica, non possono che compiacere i loro referenti e danti causa.Il sindacato, invece, poteva e doveva essere attore attivo delle politiche del trasporto pubblico. Invece, si è limitato a cogestire il potere, salvo poi a disastro compiuto, tentare di coinvolgere i lavoratori nella protesta di maniera. Un sindacato che abbia una visione proattiva non può limitarsi alla risposta, deve provare ad imporre la propria proposta. Un sindacato moderno non può limitarsi ad operazioni di piccolo (a volte infimo) cabotaggio. Un sindacato che si riduce alla semplice tutela dei piccolissimi privilegi dei lavoratori acquisisce forse consenso (ed iscritti) ma perde in autorevolezza. Un sindacato che partecipa (direttamente ed indirettamente) alle spartizioni clientelari, ordite da politica e manager, perde ogni forza contrattuale sugli argomenti decisivi. Troppo ricattabili, troppo coinvolti, troppo pappa e ciccia per provare a controllare chi si sentiva padrone assoluto del sistema.I bilanci di queste aziende sono “edulcorati” (in qualche caso adulterati) da anni, e i sindacati colpevolmente hanno finto di non accorgersene. Mentre si favoleggiava di sistema dei trasporti regionale, mentre si aprivano cantieri per le infrastrutture, mentre la grancassa mediatica diffondeva veline su veline per sostenere la politica del partito della spesa, il sindacato se ne stava al calduccio e non provava nemmeno ad alzare il tappeto sotto cui, nel frattempo, veniva nascosta tutta l'immondizia che oggi è balzata alla luce del sole.Si può dire che lo sguardo rivolto altrove era determinato dalla speranza, poi andata disillusa, che prima o poi Pantalone avrebbe ripianato la montagna di debiti su cui tutti gli attori del sistema trasporto pubblico danzavano allegramente da anni. Quando la finanza pubblica statale è stata costretta a stringere i cordoni della borsa, sono emersi i bubboni di una peste che già covava da anni, ma che solo ora si appresta a falcidiare una ad una le aziende del settore.ACMS e CSTP sono solo le avanguardie di un sistema che sta crollando come pezzi di un domino impazzito. Fallimenti o stati pre fallimentari che paiono inverosimili agli occhi del profano o dell'ingenuo osservatore ma che erano prevedibilissimi dagli addetti ai lavori, sindacalisti compresi. Ammesso, però, che questi addetti ai lavori abbiano lo stesso obiettivo dei lavoratori. I lavoratori, giovani o maturi, temono che la fine sia irrimediabilmente vicina. Il caos di queste ultime settimane, la sensazione diffusa di disarmo totale che pervade i lavoratori, sono solo un anticipo della fine a cui nessuno, pare, riesce a trovare un antidoto efficace.Anzi no, l'antidoto è chiamare a raccolta i lavoratori ed usarli come comparse in una sceneggiata come quella di oggi pomeriggio. Su quel ridicolo palcoscenico assisteremo così al gioco delle parti, mentre le decisioni verranno prese altrove da quei pochi che insieme appassionatamente fingono di tutelare interessi contrapposti ma poi, in fondo, si muovono nella logica bizantina del “volemose bene”.Quelli che hanno la pazienza di leggermi sanno bene che razionalmente noi lavoratori dovremmo augurarci il fallimento. L'azzeramento della situazione debitoria pregressa rimane l'unico modo (sicuramente traumatico) per avere un'altra chance di vita lavorativa. La crisi finanziaria della Regione Campania (lo stesso Caldoro ammette che il debito complessivo è pari a 7 miliardi di euro!!!) non consente altre soluzioni. Interventi da parte dello Stato non sono nemmeno immaginabili. Non ci resta che fallire per non morire.Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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