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I massacri sociali? E’ colpa di Excel

Creato il 23 aprile 2013 da Albertocapece

o.164949Austerità suona bene. E’ qualcosa di credibile e di spendile dai media, fa leva su candori sopiti, ricorda i nonni parsimoniosi delle nostre campagne, i sacrifici delle madri, i ritratti confusi di una mitica borghesia del rigore e tutto un maelstrom di confusi ricordi che mischia insieme detti popolari e Berlinguer, le mille lire di paghetta e il Prigioniero della quinta strada, i retti discorsi sul consumismo e la saggezza bottegaia. Certo elude la speranza, se ne fa un baffo dell’equità, non conosce l’idea di diritto, ma sa di buono, odora di lavanda. Tuttavia è un inganno, un tranello che riesce nel suo intento basandosi su un bias, un tunnel della mente di origine smithiana, ma che viene usato ormai da quarant’anni in maniera massiccia come una droga: quello di far credere che l’insieme della società funzioni con gli stessi criteri e modalità valide per i singoli.

Naturalmente non è così, l’insieme non funziona affatto come le singole entità che lo compongono. E come le diverse parti di una nave affonderebbero immediatamente da sole, mentre solo l’insieme è in grado di galleggiare e navigare, così uno stato non può funzionare come un privato o un’azienda, secondo la favola che ci sovrasta da più vent’anni. Perciò non è affatto una sorpresa scoprire che l’austerità applicati agli stati non funziona. Funziona così poco che le economie che hanno una sovranità monetaria stampano soldi come fossero  quelli del monopoli, senza temere l’inflazione perché con una crisi epocale della domanda questo è proprio l’ultimo pensiero. Solo in Europa -dove esiste una moneta unica, ma tessuta su interessi molto divergenti – l’unica ricetta sembra essere l’impoverimento dettato dai Paesi forti ai più deboli.

Tuttavia sappiamo che non giocano solo interessi nazionali, ma anche ideologie e posizioni politiche: da un punto di vista, diciamo così, “scientifico” la teoria del risanamento del debito come motore e presupposto della crescita è stato abbondantemente sbugiardato, senza che però né i governi nazionali né la governance europea, né l’Fmi intendano recedere dai loro diktat. E’ ovvio che  lo fanno per proteggere le banche e la finanza,  sacrificando i popoli, ma la cosa che ha un suo spaventoso fascino è la schizofrenia con la quale è possibile asserire qualcosa e fare l’esatto opposto senza incontrare resistenze, di come insomma la conoscenza sia inutile e di come invece la menzogna vinca, se la prima viene solo citata e la seconda viene invece ribadita come in un campo di Pol Pot.

Per esempio alcuni mesi fa, alla fine dello scorso anno, il capo economista del fondo monetario internazionale, Olivier Balnchard ha detto esplicitamente che c’era stato un grave errore concettuale nella dottrina dell’austerità: si era calcolato che per ogni euro di taglio al bilancio, si sarebbe avuta una diminuzione del pil di soli 50 centesimi, cosa che avrebbe compensato vantaggi e svantaggi. In realtà si è visto che la diminuzione del Pil non è di 50 centesimi, ma di un euro e mezzo, tre volte maggiore: dunque tutti i calcoli e i diktat erano drammaticamente sbagliati. L’Fmiprende atto, pubblica, ma continua imperterrito  nella sua politica.

Più di recente uno scandalo accademico ha coinvolto Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff due celebri economisti  di Harvard che in un saggio del 2010 avevano posto le basi della dottrina del rigore, sposata in pieno dall’Europa. Un gruppo di economisti è andato a mettere il naso dentro le cifre e ha scoperto che la teoria secondo la quale se il rapporto debito/ Pil supera il 90% si entra in recessione non soltanto non corrisponde alla realtà, anzi la ribalta, ma è stata costruita a tavolino scegliendo i dati che potevano confermarla ed eliminando quelli che la contraddicevano. Ora di due celebri economisti hanno detto che  è stato un errore nell’ utilizzo di Excel (il più noto foglio di calcolo) a creare il pasticcio. Certo sapere che questi guru dell’economia (i famosi competenti) costruiscono a tavolino le teorie che supportano tesi e visioni politiche senza nemmeno avere la patente del computer, non riempie i cuori di gioia. Ma voi pensate che da Bruxelles siano venuti segni di ripensamento? Pensate che qualche politico, tra un pianto e l’altro, si sia preso la briga di leggere la notizia e di desumerne qualche azione? Nemmeno per idea: il saggio era stato quello che loro volevano per poter avere una copertura scientifica che giustificasse il cieco sadismo sadismo o l’alibi per le cattive coscienze.

Parrebbe quasi che  l’economia rappresenti dentro il capitalismo finanziario la coscienza infelice di Hegel: una lacerazione tra la mutevole consapevolezza della realtà e la trascendenza di principi, opzioni politiche e leggi ritagliate risibilmente dalla fisica, che si traduce, come nel rapporto che il filosofo tedesco vedeva tra la singola coscienza e Dio, in semplice, rozza devozione. Ma con vescovi, sacerdoti e chierici interessati solo alla questua.


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