La squadra è giovane. I giocatori sono inesperti, calcisticamente "ingenui" e appaiono come figli abbandonati al loro destino dalla società dell'Us Foggia. E allora la curva, più di qualsiasi altro settore, sente di doverli proteggere e sostenere anche nella cattiva sorte. E' così che si spiegano gli applausi al termine del pareggio col Giulianova. Condivido. Applaudo anche io. Già al termine del primo tempo non credevo fosse giusto fischiare e l'ho detto. Lo Zaccheria è mezzo vuoto: 1300 paganti, 1600 abbonati e 50-60 abruzzesi confinati in curva nord cui viene riservata massima indifferenza. C'è curiosità per i nomi e i volti di questo nuovo Foggia. In porta c'è un ragazzo che promette bene. Si chiama Milan. In rossonero sono sbocciati molti estremi difensori capaci di far carriera. E anche questo sembra poter aspirare a crescere tanto. In difesa Burzigotti non lascia per niente tranquilli. Ha il fisico per svettare sui palloni alti, ma è proprio sui cross che i satanelli soffrono di più e beccano il gol dell'iniziale svantaggio. Cuomo, centrale scuola-Napoli, fa buone cose in fase d'impostazione, mettendo in mostra una discreta capacità di capovolgere l'azione con lanci lunghi e precisi. A centrocampo, Velardi ce la mette davvero tutta. E' un uomo-ovunque. Spezza le azioni avversarie con continuità, ma è meno a suo agio quando deve ripartire. E' comunque quello che mi ha impressionato di più. Meno male che c'è D'Amico. E' il solo ad avere esperienza lì in mezzo. Ringhia e ragiona, ci mette una pezza, ma gli manca un punto di riferimento con cui dialogare quando c'è da salire verso la porta avversaria. Deludono Di Ruberto e il "fuoriclasse" Salgado. Entrambi sembrano in ritado di condizione. Forse hanno anche la testa da un'altra parte, alla possibilità di poter prendere il volo per destinazioni più remunerative e ambiziose. Ferrari, il centravanti, non è male tecnicamente. E' veloce, mobile, generoso nel rincorrere il pallone e pressare, ma non sembra il "puntero" su cui poter fare affidamento per una quota gol a due cifre. Mancino, che avrebbe il compito di supportarlo, si perde in leziosismi.
La prima partita allo Zaccheria da neo-abbonato non offre molto altro, se non la curiosità per il nuovo corso, i colori e lo striscione della "Ciurma", Stramy che si aggrappa per appendere "Nothing Else Matters". Verso la fine della partita entra un ragazzino esile e veloce. Sulle spalle ha il numero 17. Mi sta subito simpatico. Corre. Si dà da fare. Si procura anche una buona occasione da gol, sprecata con un tiro debole e centrale. In campo, è lui l'unico "prodotto" del vivaio foggiano, mi dicono. Ecco, mi pare che sia proprio questo a mancare. Il vivaio. La Bari, come dicono i cugini biancorossi, grazie al vivaio è riuscita a stare un secolo in serie "B". Altre società, vedi Chievo o Empoli, hanno costruito tutto in funzione di un settore giovanile bene organizzato e competitivo anche rispetto alle multinazionali pallonare delle grandi squadre metropolitane. Per sfuggire all'anonimato, credo sia l'unica strada da percorrere.
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La squadra è giovane. I giocatori sono inesperti, calcisticamente "ingenui" e appaiono come figli abbandonati al loro destino dalla società dell'Us Foggia. E allora la curva, più di qualsiasi altro settore, sente di doverli proteggere e sostenere anche nella cattiva sorte. E' così che si spiegano gli applausi al termine del pareggio col Giulianova. Condivido. Applaudo anche io. Già al termine del primo tempo non credevo fosse giusto fischiare e l'ho detto. Lo Zaccheria è mezzo vuoto: 1300 paganti, 1600 abbonati e 50-60 abruzzesi confinati in curva nord cui viene riservata massima indifferenza. C'è curiosità per i nomi e i volti di questo nuovo Foggia. In porta c'è un ragazzo che promette bene. Si chiama Milan. In rossonero sono sbocciati molti estremi difensori capaci di far carriera. E anche questo sembra poter aspirare a crescere tanto. In difesa Burzigotti non lascia per niente tranquilli. Ha il fisico per svettare sui palloni alti, ma è proprio sui cross che i satanelli soffrono di più e beccano il gol dell'iniziale svantaggio. Cuomo, centrale scuola-Napoli, fa buone cose in fase d'impostazione, mettendo in mostra una discreta capacità di capovolgere l'azione con lanci lunghi e precisi. A centrocampo, Velardi ce la mette davvero tutta. E' un uomo-ovunque. Spezza le azioni avversarie con continuità, ma è meno a suo agio quando deve ripartire. E' comunque quello che mi ha impressionato di più. Meno male che c'è D'Amico. E' il solo ad avere esperienza lì in mezzo. Ringhia e ragiona, ci mette una pezza, ma gli manca un punto di riferimento con cui dialogare quando c'è da salire verso la porta avversaria. Deludono Di Ruberto e il "fuoriclasse" Salgado. Entrambi sembrano in ritado di condizione. Forse hanno anche la testa da un'altra parte, alla possibilità di poter prendere il volo per destinazioni più remunerative e ambiziose. Ferrari, il centravanti, non è male tecnicamente. E' veloce, mobile, generoso nel rincorrere il pallone e pressare, ma non sembra il "puntero" su cui poter fare affidamento per una quota gol a due cifre. Mancino, che avrebbe il compito di supportarlo, si perde in leziosismi.
La prima partita allo Zaccheria da neo-abbonato non offre molto altro, se non la curiosità per il nuovo corso, i colori e lo striscione della "Ciurma", Stramy che si aggrappa per appendere "Nothing Else Matters". Verso la fine della partita entra un ragazzino esile e veloce. Sulle spalle ha il numero 17. Mi sta subito simpatico. Corre. Si dà da fare. Si procura anche una buona occasione da gol, sprecata con un tiro debole e centrale. In campo, è lui l'unico "prodotto" del vivaio foggiano, mi dicono. Ecco, mi pare che sia proprio questo a mancare. Il vivaio. La Bari, come dicono i cugini biancorossi, grazie al vivaio è riuscita a stare un secolo in serie "B". Altre società, vedi Chievo o Empoli, hanno costruito tutto in funzione di un settore giovanile bene organizzato e competitivo anche rispetto alle multinazionali pallonare delle grandi squadre metropolitane. Per sfuggire all'anonimato, credo sia l'unica strada da percorrere.
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