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I miei standards preferiti: Darn that Dream (1939)

Da Gerovijazz @GEROVIJAZZ
Darn That Dream, ancora oggi uno degli standards più battuti dai jazzisti di tutto il mondo, venne composto nel 1939 dalla coppia Jimmy Van Hausen per la musica e Eddie DeLange per i testi, nell'ambito di un musical di Broadway, Swingin' the Dream, che prendeva spunto dalla commedia di Shakespeare Midsummer Night's Dream, ambientandola nella New Orleans del 1890, con un cast prevalentemente di colore.Contrariamente ad altri musicals tratti da opere shakespeariane, come ad esempio Kiss Me Kate (tratta dalla Bisbetica Domata), questo fu un fiasco e venne sospeso dopo solo 13 repliche, nonostante la presenza nel cast di artisti all'apice del successo come Louis Armstrong, Maxine Sullivan, le Dundridge Sisters ecc., il contributo musicale per alcuni brani di Count Basie e la partecipazione del sestetto di Benny Goodman.Il brano era cantato in scena da Armstrong, la Sullivan e le Dundridge Sisters ed è l'unico sopravvissuto di quello spettacolo, grazie a Benny Goodman che ne colse immediatamente il valore e ne incise subito una versione con la sua orchestra, cantata da Mildred Bailey,che possiamo ascoltare nel seguente videoIl successo fu immediato e la canzone venne ripresa da altre  orchestre fra cui quella di Tommy Dorsey che ne registrò, sempre nel 1940, una versione con la voce di Anita Boyer, mentre la prima versione vocale maschile fu quella dell'orchestra di Blue Barron (alla quale si riferisce l'immagine posta all'inizio) con la voce di Russ Carlyle, uno dei più popolari cantanti del momento. Con gli anni il brano divenne sempre più diffuso, anche in versione solo strumentale.Nel 1950, nell'ambito delle sedute d'incisione di Miles Davis divenute note come Birth of the Cool, venne realizzata una versione cantata da Kenny Hagood, un crooner alla Billy Eckstine presto dimenticato. I musicisti erano oltre a Miles, J.J. Johnson (tbn), Gunther Schuller (corno fr.), Bill Barber (tuba), Lee Konitz (sax a.), Gerry Mulligan (sax b. e arr.), John Lewis (pf), Al McKibbon (bs), Max Roach (btr).Il brano tuttavia risultò abbastanza fuori contesto rispetto alle incisioni strumentali, in quanto, nonostante il buon arrangiamento di Mulligan, l'esecuzione del cantante era troppo "convenzionale".  Infatti dopo essere uscito come lato B del 78 giri con lo straordinario Venus de Milo, venne escluso per molti anni dagli LP che comprendevano gli altri brani di quelle sedute.Il mio interesse per Darn that Dream iniziò nella seconda metà degli anni '50, quando per la prima volta ascoltai  la versione strumentale  che Gerry Mulligan registrò nel 1953 con il quartetto comprendente Chet BakerNe rimasi profondamente incantato e da allora quel brano è entrato in quella che chiamo la mia personale Hall of Fame, inducendomi a raccogliere nel mio archivio musicale alcune decine di diverse versioni del brano, sia vocali, sia strumentali. Non potendo qui enumerarle tutte mi limiterò a segnalarne alcune che, a mio avviso, si elevano qualitativamente sulle altre.Fra le numerose versioni strumentali una delle mie preferite è quella che nel 1956 Thelonious Monk incise in trio con Oscar Pettiford e Art Blakey. Decisamente diversa, ma altrettanto piacevole, è la swingante versione, sempre in trio, che  Ahmad Jamal esegue in questo video del 1959Particolarmente suggestiva è anche la delicata versione in duo che, nel 1963, ne danno Bill Evans al piano e Jim Hall alla chitarra nel loro splendido CD "Undercurrent".Fra le numerose versioni vocali la "definitiva" al momento, a mio avviso, resta quella di Billie Holiday registrata nel 1957 con Harry "Sweet" Edison (tb), Ben Webster (sax t.), Jimmy Rowles (pf), Barney Kessel (cht), Red Mitchell (bs), Alvin Stoller (btr).Presa in tempo lento, dopo un breve intro di Kessel, Billie entra sostenuta da Webster e Kessel. Il lungo "bridge" successivo è aperto da Edison, seguito da un assolo "stile chitarra" del basso di Mitchell con Webster che conclude  il "bridge" . Billie chiude sostenuta da Edison e ancora Kessel. Strepitoso!Esistono anche numerose versioni sia vocali che strumentali di artisti italiani come Enrico Rava, Tiziana Ghiglioni, Stefano Bollani, Renato Sellani, Dado Moroni, ecc., ma quella che mi ha incuriosito di più è stata quella del gruppo di musica alternativa Quintorigo, che una decina d'anni fa nel loro album "In Cattività" (Universal 2003) ne hanno dato una lettura decisamente originale, partendo da un'ipotetica versione radiofonica d'epoca, con la voce particolare del cantante John Di Leo riescono a creare un'atmosfera suggestiva con spunti di modernità senza forzature, che rendono il tutto gradevolmente innovativo.

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