In tutto sono 12, tra cui un Herzog, un Carpenter, due Almodovor, un Fritz Lang, uno Spike Lee, un Cronenberg. Un film danese da scoprire, un’Anna Magnani del ’45 non così conosciuta.
‘Il cattivo tenente’ nella versione Herzog
Il cattivo tenente – Ultima chiamata New Orleans di Werner Herzog, Rai Movie, ore 21,15.
Il remake-non remake dell’omonimo film di Abel Ferrara girato nel 2009 da un ormai americanizzato Werner Herzog. In comune c’è solo un poliziotto carogna pronto a ogni nefandezza, poi però ciascuno dei due film (e ciascun regista) va per la strada sua. Stavolta siamo a New Orleans, città che al cinema promette sempre cose assai luride e violente al limite del bestiale. E un animale è il tenente McDonagh (un Nicolas Cage più che mai ghignante e mefistofelico), anche per via degli antidolorifici e varie sostanze alteranti presi massicciamente per alleviare un mal di schiena che lo tortura, e che finiscono con l’ottundergli la coscienza. Tutto è degradato intorno a lui, la città sconvolta dall’uragano Katrina, l’ambiente della polizia in cui si muove, le sue storie di famiglia, gli amori e amorazzi, per non parlare del crimine che imperversa ovunque, tra loschi traffici e sanguinose rese dei conti. In lui bene e male si confondono, le missioni di poliziotto diventano l’occasione per lo scatenamento dei suoi istinti ferini. Un mostro, secondo la tradizione degli uomini di legge contaminati dal male che ha il suo simbolo monumentale nell’Infernale Quinlan di Orson Welles. Film malato, morboso. Werner Herzog immette in questa storia americana parecchio della sua sensibilità così tedesca e così iper romantica (nel senso di esaltazione delle forze psichiche consce e inconsce e di furibonda immersione nel magma delle passioni). Le inquadratura sono spesso caricate di segni e simboli (quegli alligatori, quei pink flamingos che tornano così spesso nell’Herzog americano). Oltre a Cage ci sono Eva Mendes, attrice-coraggio che non esita a buttarsi in imprese rischiose (vedi anche Holy Motors di Carax) e Val Kilmer, uno che è già inquietante di suo. Sarà anche un film non così riuscito, come si è detto e ampiamente scritto, ma la mano di Herzog si vede eccome, e un suo frammento di cinema anche sbagliato vale molto di più di cento compitini corretti firmati da registi mediocri.
Abbasso la miseria! con Anna Magnani, Rete Capri, ore 21,00.
Una di quelle commedie popolari in agrodolce che, nell’immediato dopoguerra, cercarono di raccontare l’Italia prostrata di allora, i suoi problemi, le ansie e, anche, la voglia di ricominciare tutto. Con un’Anna Magnani che aveva appena girato Roma città aperta, e scusate se è poco. Dirige stavolta un regista venuto dai tempi del muto e passato attraverso il cinema del ventennio, Gennaro Righelli. Il quale si incarica di mettere in scena la storia di Nannina, donna del popolo sposata a un camionista onesto, mica come tanti altri che si son arricchiti con la borsa nera ai tempi della grande fame bellica. Onesto e ovviamente povero. Che sarà poi accusato ingiustamente insieme alla consorte di malefatte varie, perdendo così il lavoro e quel poco di soldi. Ma arriverà un deus ex machina a riparare. Bonario, sorridente, mai veramente drammatico, però fedele alla storia e alla cronaca del tempo. Girato con impeccabile mestiere. Poi ci son gli attori. Oltre alla Magnani, Nino Besozzi, Lauro Gazzolo e Aldo Silvani.
Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee, Rai Movie, ore 23,25.
La strage nazista di Sant’Anna di Stazzema, una delle tante Marzabotto di quel periodo, ricostruita da Spike Lee seguendo le vicende di quattro soldati americani di colore in guerra sulla Linea Gotica contro i tedeschi. Film discusso, soprattutto in Italia, perché sottilmente revisionista, lasciando intendere che l’eccidio fu una rappresaglia, cioè una reazione a un attacco avverso per opera dei partigiani, e che nella vicenda ci fu anche il tradimento di uno di loro. Figurarsi. L’Anpi ha rilasciato un comunicato ove affermava che «il dato storico accertato, anche da sentenze del Tribunale Militare, è che il massacro di Sant’Anna di Stazzema fu esclusivamente dovuto a precise condotte e responsabilità dell’occupante nazista». In Miracolo a Sant’Anna Spike Lee affronta anche il tema razziale, a lui caro, attraverso il ritratto di alcuni soldati afroamericani usati come carne da macello. Insomma, troppe cose per un film bellico. Che infatti è stato un flop ma resta molto, molto interessante. Anche importante, al di là del suo valore filmico. Da confrontare con L’uomo che verrà di Giorgio Diritti, che ricostruisce la strage di Marzabotto.
Sorvegliato speciale con Sylvester Stallone, Iris, ore 21,04.
Prison-movie con il detenuto Sylvester Stallone maltrattato da Donald Sutherland, direttore carognissima del carcere deciso a vendicarsi di lui per via di una brutta figura subita per colpa sua molti anni prima. Nulla viene risparmiato a Frank Leone/Stallone, torture fisiche e posicologiche, e perfino l’uccisione del suo più caro amico. Allora, sul finire degli anni Ottanta, colpì come Stallone quasi voluttuosamente avesse accettato, con questo film, di farsi martoriare e maciullare quella poderosa macchina-corpo che l’aveva trasformato in una star. Come se, oscuramente, volesse espiare il successo che la sua muscolarità smagliante gli aveva procurato in Rocky e Rambo. Sorvegliato speciale è il martirio di San Sebastiano secondo Stallone, è l’ostensione del proprio corpo punito e oltraggiato in un oscuro rito autopunitivo. Intorno, sadici agenti in divisa armati di catene, manette e ogni possibile arma. Mica per niente questo film pare fosse diventato a suo tempo un culto fetish.
Ore 10: calma piatta di Philip Noyce Rete 4, ore 0,00.
Me lo ricordo realmente pauroso, questo film australiano firmato Philip Noyce nel lontano 1989. Una coppia in mare aperto veleggia. I due scorgono una scialuppa con un tale che dice di essere il solo sopravvissuto di un equipaggio falcidiato dal botulino (inteso come tossina che uccide, non asfaltatrice di rughe). Lo prendono a bordo: male, molto male. Il tizio si rivelerà difatti uno piscopatico e per i due incomincerà un gioco al massacro e la più dura lotta per la sopravvivenza che si possa immaginare. Billy Zane, il cattivo, nella parte della vita. Lui è Sam Neill, bravo attore e faccia da brav’uomo, lei una Nicole Kidman alla sua prima grande affermazione, nel film che la porterà a Hollywood e a tutto quello che ne seguirà. Un film che ricorda, per cerebrale crudeltà, Funny Games (l’originale europeo, non il remake Usa) di Michael Haneke.
La zona morta di David Cronenberg, Rai 4, ore 21,11.
David Cronenberg dirige un film tratto da Stephen King: anime inquiete che si incontrano, e il risultato è molto buono. Un film di genere (produzione Dino De Laurentiis) che lascia però ampie zone al regista canadese per dispiegare il suo cinema della minaccia e del perturbante. Un uomo si ridesta dal coma e scopre di avere il potere di predire quello che sta accadendo. Un dono che si rivelerà un fardello. Del 1983, e a tutt’oggi uno dei migliori film da King. Con quell’attore prfetto per l’horror autoriale che è Christopher Walken.
Piazza Garibaldi di Davide Ferrario, Rai 5, ore 21,22.
C’era una volta l’Italia, e chissà adesso se c’è. Per capirci qualcosa su quel che resta della nazione e della sua unità nel 2011 Davide Ferrario si inventa questo viaggio che ripercorre dalla prima all’ultima le tappe dell’impresa garibaldina dei Mille. Si parte da Bergamo, che fornì allora il nucleo forte delle rosse camicie, si sposegue per Quarto, Marsala, fino a Teano. Naturalmente non è sempre un bel vedere, anzi. Con i contributi, tra gli altri, di Marco Paolini e Luciana Littizzetto.
Donne sull’orlo di una crisi di nervi di Pedro Almodóvar, la7d, ore 22,55.
Il film che nel 1988 chiude il primo periodo di Almodóvar, il più selvaggio, quello ruspantissimo ed estremo, anche il mio preferito (quello di La legge del desiderio e Matador, per dire). Il film, anche, che trasforma il suo cinema in un prodotto più smussato e mainstream, che conserva sì le provocazioni e gli inconfondibili almodovarismi, ma addomesticati a uso delle platee già globalizzate. Un prodotto a modo suo perfetto, costruito con sapienza assoluta (Almodovar è un grande sceneggiatore, sempre, un costruttore di macchine narrative abile come pochi, al di là dell’apparente naïvité), che mescola i temi trasgressivi della movida madrilena, la wildness erotica, con un andamento da commedia popolare e insieme sofisticata. Gli slittamenti nel folle, nel paradossale, nel surreale, sono allo stesso tempo molto iberici e debitori della screwball comedy della Golden Hollywood. E poi, donne, donne e ancora donne. Questo film è un coro femminile con voce solista, quella di Carmen Maura/Pepa, protagonista e mattatrice così debordante da sembrare uscire e travalicare lo schermo. Donne, come nel paradigmatico film cukoriano. Pepa è stata molata dall’amante Ivan, ed è combattuta tra il desiderio di vendetta (quella famosa scenda del letto incendiato) e la voglia più o meno confessata di ricatturarlo, anche perché ha scoperto di essere incinta di lui. Intanto, nel suo appartamento con terrazza e vista meravigliosa sulla skyline di Madrid (immagini che hanno contribuito a rendere sexy la città e tutta la Spagna nella mente dello spettatore globale trasformandole in irresistibili calamite per turisti) riceve amiche, ospiti casuali e ospiti intenzionali. Un viavai da pochade, da vaudeville. La moglie del suo amante, il figlio di lui (un giovane Antonio Banderas allora attore feticcio di Almodóvar, come Carmen Maura era la sua attrice totemica), poliziotti alla ricerca di terroristi arabi, altre presenze. Con un gazpacho al sonnifero che Pepa confeziona e che avrà effetti collaterali imprevedibili. Sentimenti anche urlati, equivoci, girotondi amorosi, imprevisti. Un implacabile congegno narrativo che il regista mette in moto e manovra con assoluta sicurezza. Si ride molto e si resta ammirati dalla grazia e dall’intelligenza del manovratore. Successo enorme in tutto il mondo, America compresa. Candidatura all’Oscar e atto ufficiale di nascita del mito Almodóvar. Titolo che diventerà proverbiale e verrà saccheggiato da publicità, stampa e quant’altro (e ancora oggi citato e saccheggiato). Donne sull’orlo di una crisi di nervi diventerà anche nel 2010 un musical a Broadway, che non ce la farà però a duplicare il successo del film.
Légami! di Pedro Almodóvar, la7d, ore 0,45.
Un Almodóvar del periodo di mezzo, forse il meno felice, collocato tra i trasgressivi e innovativi film dei primi anni e quelli molto costruiti e classicheggianti della maturità (diciamo da Tutto su mia madre in poi). In Lègami! c’è ancora l’attore-feticcio del regista, Antonio Banderas, in procinto di emigrare a Hollywood (siamo nel 1990), nel ruolo di un fuori di testa uscito dall’ospedale psichiatrico che si fissa ossessivamente su una diva soft-porno (Victoria Abril) e la vuole tutta per sè. A suo modo, riuscirà nell’impresa, anche se non mancheranno gli effetti collaterali. Film irrisolto, senza più la selvaggeria degli inizi, di trasgressione addomesticata con quel sadomasochismo da grande platea, e già con un sospetto di autocitazionismo e manierismo. Ma, al solito, alcuni momenti sono travolgenti. Da non perdere l’irresistibile numero musicale interpretato dalla mamma (vera) di Pedro, la señora Francisca Caballero.
L’eredità di Per Fly, La effe, ore 21,10.
Film danese da noi quasi non visto, ma assai rispettato in patria e nel resto d’Europa. Secondo di una trilogia del regista Per Fly su vita e non-vita all’interno di tre classi sociali. L’eredità vuol farsi ritratto della classe più alta, di una borghesia travolta, più che dall’avidità personale, dalla logica fredda e impersonale del denaro. Christopher s’è lasciato alle spalle il mondo high class in cui era nato cresciuto e l’acciaieria di famiglia di cui non si era voluto coinvolgere. Ma dopo la morte per suicidio del padre è costretto, richiamato dalla madre, a insediarsi alla guida dell’azienda, e niente per lui sarà più come prima. Un dramma assai nordico dove le tensioni covano sotto la coltre della freddezza e dell’irreprensibilità, e quando esplodono son devastanti (per dire, Gertrud di Dreyer). Siamo anche dalle parti del racconto morale sui misfatti di classe, e L’eredità in questo non è non immemore di La caduta degli dei di Luchino Visconti (l’acciaieria dice qualcosa?). Girato in stile tardo-Dogma con macchina a mano nevrotica.
Il covo dei contrabbandieri di Fritz Lang, Italia 7 Gold, ore 22,45.
Avventuroso MGM del 1955 firmato nientedimeno che da Friz Lang, all’opera in uno dei suoi ultimi film americani. Un avventuroso che è anche racconto di formazione di un ragazzo, sulla scia dello stevensoniano L’isola del tesoro, e difatti tratto da un romanzo ottocentesco. L’undicenne John viene mandato dalla madre morente da quello che era stato il suo uomo, Jeremy Fox, ora fuorilegge e contrabbandiere. Dovrà crescere, e crescere in fretta, per sopravvivere in compagnia di quei manigoldi. A complicare di molto le cose ci sarà un grosso diamante, che scatenerà gli appetiti e le avidità. Storia che sembra molto lontana da Lang, ma che lui piega a sé enfatizzandone i lati oscuri e gotici, quasi iniziatici. Per la prima volta il grande esule tedesco usa il colore in CinemaScope e il risultato è un affresco fiammeggiante e torbido di vigorosa resa figurativa. Con l’aitante, come scrivevano allora i gazzettieri, Stewart Granger e George Sanders appena reduce da Viaggio in Italia di Rossellini.
Vampires di John Carpenter, Rai 4, ore 23,15.
Un John Carpenter del 1998 non più al suo acme, ma pur sempre rispettatissimo quale maestro del cinema di genere. La lotta ingaggiata da due cacciatori di vampiri a uno stuolo di succhiasangue maschi e femmine. Con tanto di motel assediato e espugnato dai vampiri che molto ricorda il Distretto 13 di un capolavoro carpenteriano. Con James Woods e, attenzione, il grande Maximilian Schell.