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I nativi, esistono i nativi. su twitter, pure, stanno

Creato il 14 dicembre 2011 da Marioplanino
"Quando uno straniero risiede nel nostro territorio, non deve essere ne' molestato ne' oppresso. Lo straniero residente deve essere trattato come il nativo"
A parte l'ossimoro ontologico di un cardinale presidente del Pontificio consiglio della cultura (da recitare pomposamente) che pontifica su Twitter, andiamo a traslitterare, così ho usato pure tre parole difficilissime un po' a cacchio e mi atteggio a cattedratico:
"Quando uno straniero risiede nel nostro territorio"
Mi piace tanto l'uso dello "straniero" e del "nostro" nella stessa frase. Sottintende la separazione tra noi e loro, la diversificazione esplicita di quel che è mio e tuo. Io sono a casa mia, tu sei l'altro. Che vuoi? Ah, risiedi qui. Ma ricorda: tu sei lo straniero, io sono il padrone del mio territorio. Che è mio, no di un altro. 
"Non deve essere ne' molestato ne' oppresso"
Parlando di straniero in quanto categoria umana, è rinfrancante il fatto che lo straniero in quanto straniero non debba essere molestato nè oppresso. Si può fargli un sacco di altre cose, o anche no. Non lo sapremo mai, perché Ravasi ne sceglie due: molestarlo e opprimerlo. E' peccato. Nelle intenzioni, capiamoci bene, Ravasi vorrebbe condannare chi prende la pistola e spara a uno o più senegalesi. Magari a Firenze. Potrebbe dire, tipo: uccidere un altro uomo è peccato mortale. Ma questo si sa già, e Ravasi che è gggiovane dentro non vuol ridondare bubazza inutile su twitter. Quindi si attiene alla morigeratezza di prassi: non molestare lo straniero d'altro, non opprimerlo. Cazzo (rafforzativo gratuito che ce lo metto io, a iosa).
"Lo straniero residente deve essere trattato come il nativo"
Ma lo straniero non è mica solo straniero, c'è lo straniero residente. Sottocategoria con cui fare i conti. C'è gente, pensa te, che abita in Italia pur non essendo italiana. Ma noi - oggi siamo tutti un po' cardinali presidenti dei pontifici consigli delle culture - siamo moderni e odiamo le generalizzazioni, e allora scriviamo bene: stranieri residenti, no quelli che non risiedono e chissà su quali cazzo di sagrati dormono la notte. Quelli residenti vanno trattati come i nativi. Na-ti-vo. Come gli indiani dei western, ragazzi. Indigeno, quasi. Non avevo ancora mai accettato di essere un nativo, io. Perché avevo lasciato il vocabolo sugli albi di Tex, o mescolato ai distorti flussi cognitivi di Borghezio e Salvini. Non pensavo, davvero, che lo straniero andasse trattato come un nativo nel 2011. Pensavo fosse spazzatura lessicale, ormai, sta roba qui. Però oggi, se lo so, lo devo a twitter: e ad uno che nella sua bio scrive "Sacerdote e Cardinale, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura", che è una bio tanto figa che quasi quasi gliela copio. 

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