I nitriti del cuore /5

Da Ilpescatorediperle
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PUNTATA V - Dove tutti passano per la Mirabile Foresta, ma pochi lo sanno
(ascolta)
Primo: non bere troppa grappa se non si è abituati e non si è la nonna Wilhelmina, che reggeva alla grande.
Secondo: Imparare a controllare le proprie emozioni - magari non come la mamma, ma quantomeno come il Signor Padre.
Terzo: Farsi una ragione delle proprie inclinazioni quando si è un Barone che dovrà sposare la figlia dei migliori amici dei propri genitori; quando l'oggetto del proprio ardimento è l'uomo che deve sposare la propria sorella, di cui è sinceramente innamorato.
Infine, quarto: con tale grappa, tali emozioni e tale ardimento non andare da tale futuro genero ad aprire il proprio cuore.
Se non si seguivano queste succinte regole di comportamento per futuri baroni, il minimo che poteva capitare era ritrovarsi con un cappuccio di tela in testa, a farsi scortare da Georg von Bären per i Boschi del Sauer, di notte, verso un luogo sconosciuto.
L'impresa che aveva portato Arthur von Bauern a quel vagabondaggio nel buio era iniziata quella mattina; come tutte le imprese, in un misto di follia e coraggio. Da principio, Arthur era soddisfatto. Se non fosse stato alticcio non avrebbe mai osato affrontare Georg, all'alba. Lo aveva trovato, ancora una volta, nei pressi della foresta entro cui si intrufolava il torrente, occupato ad osservare qualcosa con un cannocchiale. Questa volta, però, Arthur non era fuggito. E, gli parve, aveva fatto bene; ne era, nuovamente, soddisfatto. Ancora qualche ora dopo, quando aveva ricevuto un messaggio da Georg, messaggio che von Bären gli aveva preannunciato durante il loro incontro all'aurora, messaggio che recava scritto: "Vediamoci a mezzanotte nello stesso luogo", Arthur era soddisfatto. Georg, per quello che poteva essere solo un miracolo ordito in Cielo, sembrava ricambiarlo, o comunque avere l'intenzione di scoprire le sue carte. Mentre camminava a passo svelto verso il corso d'acqua, Arthur era soddisfatto. Mentre pestava i piedi di Kurt, nel solito giacilio su un'ansa del rivo, per la solita punizione, Arthur era soddisfatto. Non appena raggiungeva colui che metteva a soqquadro i suoi pensieri, Arthur era soddisfatto.
Fu a quel punto, proprio al vertice della soddisfazione - perlomeno di quella che poteva aspettarsi di ottenere sino a quel punto - che le cose si fecero, tutt'a un tratto, assai insoddisfacenti.
***
Karina si svegliò. Aveva fatto un orribile incubo in cui un cavallo che assomigliava molto a Georg la conduceva senza freni verso un burrone. Era caduta nell'abisso, senza farsi nulla. Una volta giunta a terra, si era ritrovata fra le braccia di Werther, a cui, adorante, aveva porto le proprie labbra. Ma Werther si era trasformato in sua madre, e l'abisso in un carcere, e sua madre in un boia con una accetta in mano, e l'accetta di nuovo in Georg, con cui sua madre, cioè il boia, cioè Werther, cercava di farla a fette. 
Madida di sudore, Karina chiamò una cameriera, Corinna, a cui chiese di Frau Kempis. Annelore accorse al capezzale della piccola di casa, ma alla sua richiesta di una Lettura si affrettò ad andarsene, adducendo gravi motivi: la Baronessa von Bauern la desiderava con urgenza per iniziare i preparativi del Gran Ritrovo. La giovane, sola, ebbe così il tempo di pensare alla sua situazione. Che fare? Come interpretare l'atteggiamento di Werther? Il guaio era che non aveva nessuno, eccetto la governante, nessuno con cui confidarsi. La sua migliore amica, Gertha, era anche la sorella di Georg, e non poteva certo dirle che odiava suo fratello e amava un von Bernau. Oltretutto, Gertha avrebbe dovuto sposare suo fratello Arthur. Decise, ancora una volta, di fare di testa sua. Dopo cena, si era avventurata a cavallo presso la proprietà dei von Bernau. Aveva scorto un piccolo calesse uscire, dirigendosi verso Hertha. Ancora una volta. Doveva trattarsi del suo amato. Decise di seguirlo da lontano, per vedere dove andava. Il calesse si fermò al limitare dei Boschi del Sauer. Werther scese e diede la mano a qualcuno per aiutarlo a fare altrettanto. Dal mezzo apparve una ragazza che Karina non aveva mai visto. Werther le offrì il braccio e la condusse per quella che aveva tutta l'aria di essere una romantica passeggiata al chiar di luna. Gli occhi di Karina si riempirono di lacrime. Dimenticando, ancora una volta, Julius, corse nel fitto della boscaglia. Improvvisamente si accorse di essersi persa. E ora? Fu in quel momento che sentì un rumore: era il torrente, poco vicino. Lo vide brillare e corse verso di esso. Se lo avesse seguito, avrebbe ritrovato la strada di casa. Certo, se avesse sbagliato senso di marcia, si sarebbe addentrata tra gli alberi e sarebbe stata preda dei lupi, ma non volle considerare questa eventualità. In effetti, sbagliò senso.
Affaticata dalla marcia, sostò presso un'ansa del rivo per bere dell'acqua. Fu lì che scorse una luce in lontananza. Chi poteva essere? Ne ebbe un presentimento, e sorridendo accelerò il passo. Aveva visto giusto: era il povero Kurt, ancora in punizione.
- Kurt?
- Si-Signorina von Bauern, vo-voi qui?
- Kurt, oh Kurt!
La stanchezza e la disperazione sopraffecero Karina, che volò tra le braccia del giovane lentigginoso, in cerca di riparo.
- Kurt, ho avuto tanta paura! Oh Kurt, la mia vita è finita!
- Si-signorina, ma che cosa dite? Voi.. voi siete...
- Kurt Kurt, che cosa sono?
Kurt non aveva mai sperato in un'occasione del genere. Aveva sempre spasimato per la giovane von Bauern, ma, naturalmente, lei era una dama al di sopra delle sue possibilità. La più alta forma di rapporto in cui poteva incorrere con lei era di strigliarle un cavallo.
- Kurt, Kurt, che cosa sono?
Kurt, a sua volta sopraffatto, non sapeva che cosa rispondere. Forse avrebbe dovuto dire "intelligente", ma non aveva prove certe di questo, e del resto, chi era lui per giudicare? "Coraggiosa", forse? Se lo fosse stata non si sarebbe certo trovata lì con lui. "Fortunata"? Era talmente ovvio vista la sua famiglia che non pensava che Karina lo avrebbe mai considerato un gran merito. Così, si abbandonò all'unica risposta che davvero contava, quella più vicina al suo cuore, benché quella più audace.
- Le-lei è così... bella!
Le braccia di Kurt erano meno spigolose di quanto Karina si fosse mai aspettata. Scoprì di apprezzare quell'abbraccio. Finalmente un uomo che sapeva come prenderla. Karina, esausta, sporca e senza speranze, fece quello che avrebbe fatto suo padre a parti invertite: cedette al fascino di quel momento.
***
La duplice notte in cui era incappucciato impediva ad Arthur di controllare il cammino. Questa, in effetti, era appunto l'intenzione del suo Virgilio. Georg von Bären non aveva detto una frase di senso compiuto da quando erano partiti dal luogo del loro abboccamento. Alle domande di Arthur rispondeva soltanto con un "vedrai" o con un "pazienta." L'amore era una forza incomprensibile. Come altro qualificare un sentimento che lo aveva portato prima a cercare Georg, poi, fidandosi del suo consiglio, a farsi coprire il volto e infine a seguirlo come un agnellino mansueto in quella defatigante escursione che sembrava senza meta? Mentre lo rendeva cieco, Georg aveva detto di essere molto contento di quanto Arthur gli andava dicendo e di volere "che fosse accettato". Arthur pensò fosse un modo inutilmente pomposo - proprio come era Georg; proprio ciò che di Georg apprezzava di più - per ricambiare i suoi sentimenti. Georg comunque non sembrava particolarmente emozionato, ma del resto l'unica passione che avesse mai visto sul suo volto era sempre stato l'imbarazzo. E per l'appunto l'assenza di quest'ultimo, l'insolita sicurezza di sé che von Bären rivelava in quel momento lo avevano colpito ed entusiasmato. Come se l'amato si rivelasse a lui, e a lui solo, nelle sue vere fattezze, senza la maschera sociale che il suo stato lo costringeva ad indossare. Sia come sia, toccò ad Arthur indossare qualcosa. Georg gli spiegò che non poteva guardare, "quella prima volta". Era teso, forse anche preoccupato. Ma si fidava ciecamente di Georg, e lo lasciò fare. Dopo quella che gli era parsa un'ora di marcia, Arthur cominciava ad essere stanco. Il suo sentimento per Georg pareva traballare. Iniziava a valutare con rigore la propria infiammazione. Che non si trattasse della passione eterna che i più fortunati avevano conosciuto - l'amore vero, di cui leggeva nei romanzi -,  ma soltanto dell'infatuazione di un adolescente ormai adulto? Non l'incendio di una antica foresta, ma un fatuo fuoco di paglia? Aveva addirittura ragione sua madre? L'amore era una sciocchezza per gente à la Frau Heller? Questi pensieri, pur facendolo scivolare in modo allarmante verso un abisso senza fondo di disperazione, ebbero perlomeno il pregio di distrarlo. Georg si era fermato. "Eccoci arrivati", disse. E senza avvertire, gli tolse di colpo il cappuccio.
***
- ...Werther?
- Uhm?
- Non mi aiuti a scendere da questo calesse, che oltretutto è pieno di muffa?
- ...giusto! Odette, porgimi la tua mano.
- Grazie, Werther. Molto gentile.
- Dici che la passeggiata al chiar di luna fosse proprio necessaria?
- Dico di sì: i tuoi se l'aspettavano. E anch'io.
- Tu? Ma tu non mi ami!
- No, certo che no, come potrei amare uno come te?
- Appunto: sai chi amo.
- Sì, ma proprio per questo siamo qui: conviene a tutti e due. Perciò dammi il braccio e passeggiamo un po'.
- Non so che cosa avrei fatto senza di te. Proprio ieri, Karina von Bauern...
- Sì sì, me l'hai già raccontato.
- E allora?
- E' uno dei nostri punti in comune: odiamo i von Bauern.
- Ma come, ti ho detto che io...
- Sì sì, tranne Arthur, d'accordo! Ma il piano è appunto questo. Insieme, riusciremo entrambi ad ottenere ciò che vogliamo.
- Io fuggire con lui ...
- ... e io la completa rovina dei von Bauern.
- Ben detto!
- Werther, attento! Stai camminando di sghimbescio, se fai così cado nel torrente!
- Scusa, Odette.
- Va bene, va bene. Ma ora dobbiamo metterci al lavoro. Al Gran Ritrovo mancano solo due settimane!
***
- Che abbia inizio!
Comparvero delle voci. Arthur si trovava in un'ampia radura dei Boschi del Sauer. Al centro, il ceppo di un albero che, a giudicare dai cerchi, doveva aver raggiunto vari secoli. Attorno, una corona di abeti.
- Dichiaratevi!
Improvvisamente, si accesero dei fuochi. Ad ogni albero erano appese delle lanterne, che baluginarono tutte insieme, con inspiegabile rapidità. La loro luce diede sembianza a quelle voci. Apparvero degli individui vestiti di mantelli, con maschere d'uccelli sul volto. Uno dopo l'altro, avanzarono, dichiarandosi.
- Enricus!
- Bernardus!
- Fredericus!
- Rodolphus!
- Adolphus!
- Georgius!
Arthur non se n'era accorto, ma anche Georg aveva indossato una maschera e si era avvicinato al ceppo. Come si poteva ben immaginare, era stato lui a gridare "Georgius!". Ma chi erano gli altri? E che cosa stavano facendo?
Quello che si era presentato come Enricus si portò ancora innanzi. Recava una scatola di legno. La aprì, e pose il suo contenuto sul tronco al centro della radura. Si trattava di una statuetta di pietra. Arthur era troppo lontano per distinguerne le fattezze, ma pareva raffigurare un uomo piuttosto basso, forse un nano.
Enricus si allontanò con la scatola, e riprese posto nel cerchio che i corpi degli astanti formavano. Quindi parlò di nuovo.
- O Mirabili Sei! Siamo qui riuniti per rinnovare i nostri voti al Mirabile dei Mirabili, allo Straniero!
- Mirabile dei Mirabili! Tu che non hai nome, perchè custodisci il nome di tutte le cose! Invochiamo la tua presenza! - fu la risposta degli altri. Lo sguardo di tutti si rivolse all'unisono sulla statuetta. Che fosse quello, lo Straniero? Facile invocare la presenza di un oggetto di pietra che loro stessi si erano portano dietro, pensò von Bauern. Un po' più difficile aspettarsi che parlasse. Infatti non accadde nulla.
- Egli ci ha svelato i nomi dei Magici Uccelli! Egli ci ha svelato i segreti della Mirabile Foresta! Egli ci ha istruiti alla Ricerca! -, continuò la Litania.
Ma di che diavolo stavano parlando? Del Diavolo, appunto?
- Alla presenza del Mirabile dei Mirabili, siamo qui riuniti - proseguì Enricus - per esaminare un nuovo adepto. Nell'indefettibile aspirazione a riacquistare la nostra perfezione, ambiamo ad accogliere l'ultimo custode. Ricordiamo le parole del defunto Petrus: "I Sei sono Mirabili, i Sette Mirabili sono Mirabili di più." -, scandì. I restanti Mirabili, che erano solo cinque, ovviamente assentirono. Enricus si rivolse a Georg.
Georgius!
- Eccomi!
- A te è giunto il candidato. Presentalo!
Georgius si girò verso Arthur.
- Avanza!
Arthur, tremando di paura, si avvicinò all'amico.
- Lo vedete! - disse ancora Enricus. - Chi sei?
- Mi ch-chiamo Ar-Arthur vo-von...
- Solo il tuo nome!
Ad Arthur parve di vedere uno dei Sei indietreggiare. Ma durò solo un istante, e il cerchio si ricompose.
- Arthur.
- Georgius, perchè l'hai condotto qui, in questo Sacro Recinto?
- Arthur, sul far del mattino, mi ha raggiunto nei pressi della Mirabile Foresta, mentre attendevo alla Ricerca. Non era la prima volta che lo scoprivo ad osservarmi, ma avevo interpretato male il suo interesse. Stamattina non è fuggito, ma mi si è fatto ancor più prossimo. Mi ha preso la mano e mi ha detto "voglio unirmi a te", "voglio stare con te per sempre". Ho subito riconosciuto le parole che, da generazioni, i candidati sussurrano ai Mirabili per diventare uno di loro. Come ben sapete, o Sei, il settimo di noi, Petrus, ci ha lasciati da molti anni. Ed è proprio questa coincidenza, come insegna il Libro, a mostrare il momento propizio. "Il Candidato degno intercetterà una rottura del Sacro Recinto. Quando i Sette saranno Sei, o meno, egli si paleserà. Dopo anni di attesa infruttuosa, così è stato. Arthur chiede, dunque, di essere accettato fra di noi.
- E' così? - Enricus, o almeno la sua maschera, fissava ora von Bauern. Arthur non sapeva che fare. Era chiaro, ormai, che Georg aveva frainteso la sua avvinazzata dichiarazione d'amore, scambiandola per il proposito di entrare in chissà che setta di cui, rabbrividendo, scopriva fare parte. Del resto un no lo avrebbe allontanato per sempre da lui, senza contare l'atmosfera minacciosa che i Sei avevano prodotto.
- s--Sì.
- E' così? - ripeté Enricus.
- Sì!
- Bernardus! Rodolphus! Portate qui il Libro e il Manto!
***
Non c'era stato verso. Per quanto si spremesse il cervello, Annelore non riusciva a leggere le carte. La continua apparizione della Strada e dello Straniero l'aveva fatta precipitare nella confusione più totale. L'unica spiegazione che era riuscita a trovare, l'incidente in carrozza, non si era verificata, benché lei avesse fatto di tutto per far cadere qualcuno da un calesse, da una diligenza, o anche solo da un carretto. Quante volte aveva spintonato Eva von Braun mentre l'accompagnava al villaggio a comprare delle stoffe. Ma era rimasta incolume.  Aveva persino segato una ruota del tiro a due dei von Bauern, con il solo risultato che, quel giorno, quando, nel mezzo della sua riunione con Cosima per preparare il Gran Ritrovo, la padrona di casa aveva deciso di continuarla durante una passeggiata in carrozza, erano state costrette a cambiare mezzo, perchè i servi avevano scoperto solo allora che una delle ruote era guasta. Cosima ordinò che il falegname riparasse il danno, e successivamente si desse una martellata sulle dita per la sua mancata preveggenza del problema tecnico.
Cosima salì su un piccolo calesse con Annelore. Anton, il cocchiere, le guidò in una placida passeggiata verso i Boschi del Sauer.
- Dunque, Frau Kempis: il tema.
- Sì, Signora. Vuole organizzare di nuovo un ballo in maschera?
- Naturalmente. Ma il tema?
- Il tema... dunque... abiti tradizionali contadini?
- No, già fatto otto anni fa.
- Paramenti sacri?
- Penso che Padre Rudolph non sarebbe molto contento. E in ogni caso, proposta dello scorso lustro.
Annelore non brillava per fantasia. Sapeva bene di ripetere idee già partorite tempo addietro, ma sperava di guadagnare qualche istante per pensare a qualcosa di nuovo. In realtà, ne era totalmente incapace, perché il suo pensiero andava alle carte...
- ... Tarocchi? - disse all'improvviso.
- Si spieghi meglio.
- ...ehm... gli ospiti potrebbero vestirsi come i tarocchi?
- Mio dio, le carte! Non ne abbiamo avuto abbastanza con la buonanima di mia suocera?
Annelore si morse la lingua, altrimenti non avrebbe risposto di sé.
- Ma sì... invece ha ragione, Frau Kempis. Vorrei proprio vedere Friedrich von Bernau vestito da Papessa...Io credo che interpreterò la Morte.
Cosima soggignò. Annelore tirò un sospiro di sollievo. Una volta tanto l'incoscienza aveva pagato.
- Dunque, i von Bernau... li inviterete?
- Come sai dobbiamo invitarli... anche se, ovviamente, faremo il possibile per metterli in difficoltà. Passiamo alla disposizione dei tavoli per la cena di gala.
Anton le stava scarrozzando per una stradina che entrava nel fitto della selva. Annelore intercettò una pietra che stavano per raggiungere ed ebbe un'idea per salvare la sua Lettura. Giunti al dosso naturale, il calesse sobbalzò leggermente. Non se ne sarebbero nemmeno accorte, ma Annelore fece un salto, e si ritrovò a terra tra le foglie.
- Annelore! - gridò Anton - state bene?
- Sta benissimo, Herr Zeller. - rispose la Baronessa - tanto bene che può pure permettersi questi giochetti. Si stava annoiando con i preparativi per la festa, Frau Kempis? Le serviva un diversivo?
- No, no Baronessa! - esclamò Annelore, coperta di terriccio - Io, stavo solo... è capitato...
- ... ha avuto una così bella idea per il Ballo che non posso punirla...
Frau Kempis sospirò di sollievo e tentò di risalire sul cocchio, incontrando la mano di Cosima che le sbarrava il passo.
- ... ma tornerà a casa a piedi. L'aria del bosco la ritemprerà.
Anton, a malincuore, incitò il cavallo e la carrozza si allontanò, con la Baronessa von Bauern che salutava sarcasticamente la sua governante.
- Torni presto, mi raccomando, o la manderò a far compagnia a Kurt.
Frau Kempis si rialzò, maledicendo Cosima e le carte. Far avverare a tutti i cosi una dubbia profezia non era stata una grande idea. Si incamminò sulla strada percorsa dal calesse. L'aria del bosco era fresca e profumata. Il silenzio pungente della foresta le rigò il volto di lacrime. Nessuno era in vista, e si abbandonò ad un pianto liberatore. Si sentiva così sola, in quella terra. Aveva nostalgia della sua famiglia perduta, quei von Kämpis morti troppo presto e senza denaro. Se almeno Wilhelmina fosse stata ancora viva...
Mentre era intenta a questi ricordi, un frullo d'ali la riportò al presente, scuotendola per lo spavento. Un uccello era passato da lì, fin quasi a sfiorarla con le sue piume. Annelore si voltò in quella direzione, e vide una casupola. Sembrava disabitata. Tuttavia si avvicinò con curiosità. Non sapeva che nel bosco, in un tempo imprecisato, qualcuno avesse preso la propria dimora. Entrò. La bicocca era effettivamente spoglia e consumata, segnalando che da anni nessuno l'abitava più. Vi erano due stanzette all'interno, un letto, una cassa, un tavolo come unici mobili. La cassa era vuota, il giacilio divorato dal disuso. Stava per uscire, quando, su una parete, notò un dipinto consunto. Rappresentava una giovane elegantemente vestita. Singhiozzò, indietreggiando di qualche passo. Aveva già visto un volto simile in un dipinto. Aveva riconosciuto la persona raffigurata. Ma che cosa ci faceva quel quadro in quella catapecchia?
***
Bernardus e Rodolphus si avvicinarono a quello che, a questo punto, anche Arthur comprese essere il capo dei Mirabili, o quantomeno il più egocentrico. Enricus prese "il Libro" (un pesante volume in folio) e con l'aiuto dei suoi accoliti lo aprì. Lesse:
- "Era notte, nel bosco, notte di vera tenebra. Uno Straniero, bandito da ogni terra, vi si rifugiò. Vi costruì la propria dimora. Il bosco apprezzò le sue cure verso quel luogo antico. Nessuno lo aveva amato come quel venerabile forestiero. Il bosco decise di ricompensarlo con il dono più prezioso che possedeva: gli rivelò i suoi segreti; i segreti della Mirabile Foresta. Il Mirabile dei Mirabili conobbe le sue creature più potenti: l'Upupa dal Becco Gentile, il Merlo dal Muso Arcigno, la Passerotta della Misericordia, il Finto-Dodo-Finto-Estinto. Esse gli raccontarono la loro storia, e gli affidarono una missione: custodire per sempre la Mirabile Foresta. Lo Straniero visse molto a lungo. Protetto dai Mirabili Uccelli, egli non poteva morire. Col tempo, affiancò a sé degli adepti. Il primo di essi fu Carolus, un viandante che si era perso nella foresta e che lo Straniero aveva accolto. Pian piano se ne aggiunsero degli altri, fino al numero di Sette. Un giorno, tuttavia, comparve una creatura che lo Straniero non conosceva, una creatura che i Mirabili Uccelli temevano. Si trattava dell'Ornitorinco Ornato. Esso, che non era un vero uccello, e dunque nemmeno un Mirabile Uccello, insinuò la contesa fra i Sette. Lo Straniero venne ucciso. Il responsabile scappò, e non fece più ritorno. La Mirabile Foresta abbandonò i Sette, ormai Cinque, al loro destino. I Mirabili Uccelli non apparvero più. I Cinque, tuttavia, trovarono nella dimora dello Straniero il Libro, che raccoglieva le storie della Mirabile Foresta. Da allora, di generazione in generazione, essi cercano le creature magiche, anelando a ricongiungere l'antica alleanza, onorando la memoria dello Straniero."
Enricus chiuse il Libro.
- Sei, unitevi a me!
I Custodi si avvicinarono al loro mentore, a ferro di cavallo. Anche Arthur fu invitato a fare un passo avanti.
- Sei disposto ad unirti ai Mirabili? A custodire la Foresta? A cercare gli Uccelli? A difenderti dall'Ornitorinco Ornato? A proteggere i tuoi confratelli?
Arthur non sapeva che cosa rispondere. Il suo senso di estraneità a tutto questo era profondo. Che cosa ci faceva lì, in quella ridicola pagliacciata? Non aveva mai pensato di doversi mettere a cercare uccelli magici, a difendersi da esseri che esistevano solo nella fantasia di quegli squinternati, o qualunque cosa avesse raccontato Enricus. Tuttavia non voleva deludere Georg, il suo Georg, che mai come in quel momento lo guardava con ardore. Per la verità, Georg era paonazzo per la vergogna. Arthur tardava a dare una risposta. E se si fosse sbagliato? Se avesse interpretato male le sue intenzioni? Del resto, come altrimenti decifrarle? Non poteva dire di no, avrebbe passato un grosso guaio con i Mirabili, anche se Arthur sarebbe stato ammesso solo in prova, come un novizio, e proprio per questo Enricus aveva rivelato solo alcune superficiali informazioni sulla setta. Ma l'assenso di Arthur avrebbe significato la ricomposizione dei Sette, e per merito suo! Finalmente avrebbe primeggiato in qualcosa!
- Sì... lo voglio.
- Sei dunque accolto sulla fiducia, in nome di Georgius, come Novizio. Sarà colui che ti ha condotto qui a curare la tua formazione. Allo scadere del tempo previsto, ti rifaremo le stesse domande che hai udito ora. Se risponderai di nuovo sì, sarai Mirabile per sempre. Benvenuto.
- Enricus pose il Manto sulle spalle di Arthur. Per ora, nessuno gli consegnò una maschera, né gli altri tolsero la propria.
- Ed ora, leggi tu stesso il brano del Libro su cui meditare fino al prossimo ritrovo.
Bernardus porse il volume ad Arthur, ad una pagina precisa.
- "Dalle Storie del Secondo Anno.
L'Upupa dal Becco Gentile volava per il bosco alla ricerca di cibo. Vide un verme che strisciava languidamente su una pietra. Stava per afferrarlo, quando giunse il Merlo dal Muso Arcigno.
"Sono stato il primo a vedere quel lombrico!", disse il Merlo.
"Come puoi essere stato il primo, giacché son qui ad ingoiarlo?"
"Sono stato il primo e basta. Scansati!"
"No, scansati tu!"
I due Mirabili Uccelli iniziarono a lottare.
"Ehi, voi?" li interruppe la Passerotta della Misericordia.
"Dici a noi?", risposero.
"Sì, a voi", confermò.
"Che vuoi?", domandarono.
"Siete lì che vi azzuffate, e nel frattempo il verme è scomparso!"
"Non è scomparso", lì interruppe il Finto-Dodo-Finto-Estinto, "me lo sono ingollato io!".
"Vedete, cari amici? Il Dodo ha avuto la meglio. Questo è quel che succede quando si discute inutilmente."
E così gli Uccelli tornarono sui propri passi."
Il racconto era concluso. Von Bauern chiuse il Libro e lo restituì ad Enricus.
- Qual è il significato del racconto, Arcturus?
- "Arcturus"? Ah, beh. Il significato? Dunque..."tra i due litiganti il terzo gode"?
- No, no! Questo è il senso superficiale! - s'irritò Enricus. Poi, con più calma: - Ehm, caro, certo, devi fare molta strada. Devi imparare ad andare a fondo, a scoprire il vero segreto che giace tra le pagine del Libro. Sembra una storiella a buon mercato, vero?
- ...sì. Saprei scriverla meglio anche..
- Non è così!
- ...giusto. Ma... allora, qual è il significato profondo?
- La Verità striscia via mentre ci affanniamo in questioni di poco conto - fu la risposta del Mirabile.
Arthur, anzi Arcturus, non aggiunse nulla. Pensò che la cosa migliore fosse annuire, e così fece. Anche se non aveva mai pensato che la Verità, se mai esisteva, avesse l'aspetto di un disgustoso lombrico ingoiato da un dodo.
La riunione si dissolse molto in fretta. Le luci si spensero all'improvviso come quando si erano accese, e cinque Mirabili si dileguarono. Arthur rimase solo con Georg.
- Allora, sei soddisfatto? - chiese von Bären - Era quello che volevi, no?
Arthur fece per rispondere, ma i sensi gli mancarono.
- E' svenuto. Ma svengono tutti, in questa famiglia?
da TEMPI FRU FRU http://www.tempifrufru.blogspot.com

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