"...ma il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri.
Procurate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato e,
quando suonerà la vostra ora di morire,
potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo,
ma di aver fatto "del vostro meglio"
(Robert Baden-Powell fodatore dello Scoutismo)
L'umano arriva dove arriva l'amore; non ha confini se non quelli che gli diamo (Italo Calvino).
«Ha trionfato la parte più tradizionalista e legata ai valori della famiglia “normale”»Questa affermazione è stata pronunciata da un anonimo genitore americano (fonte Secolo XIX), sottolineando con toni per l'appunto trionfalistici, l'esclusione degli omosessuali dai reparti degli Eagle Scout, o Boys Scout of America.
Al di là della notizia in sé, già ampiamente commentata, cui io sottoscrivo nel merito le parole del presidente di Human Rights Campaign, Chad Griffin, ossia che i leader dell'associazione Scout hanno deciso di insegnare intolleranza e divisione, la frase di cui sopra mi ha indotto a pensare, di nuovo, al concetto di normalità.
Già tempo addietro (nel vecchio Pensatoio per la precisione), avevo analizzato il concetto di "Stato di Normalità" riferendomi però, nello specifico, all'alterazione dello stesso a seguito della variazione dell'ambiente circostante. La normalità è definibile come qualcosa di solito, consueto, abituale, e lo "Stato di Normalità" (SdN) diviene dunque quella percezione della realtà che tende a conformarsi con l'ambiente in cui l'uomo vive, inteso, non solo gli oggetti che lo circondano, ma comprensivo di tutti gli aspetti della vita: l'estrazione sociale, frequentazioni, studi, ambiente domestico, lavorativo ecc.
Come esseri umani tendiamo infatti a giudicare in base a precise regole determinate da questo SdN e in base a questi giudizi pianifichiamo o cerchiamo di prevedere le azioni e le loro conseguenze. Meglio: come uomini, in genere, giudichiamo in base alle regole che governano il nostro mondo, a come esso è o appare, a come dovrebbe essere e, proiettando nel futuro le conseguenze di un azione, a come potrebbe divenire. E' ovvio che l'alterazione degli elementi che costituiscono lo SdN andranno a sovvertire il concetto stesso di normalità. Prendiamo, a dimostrazione di ciò, un uomo occidentale qualunque e facciamolo sedere in un bel salotto dove si discute delle aberrazioni della guerra: "normalmente" egli assumerà un sincero rifiuto a ciò che vede, nella migliore delle ipotesi, come brutture. Lo stesso uomo catapultato improvvisamente in un teatro di guerra, con attorno commilitoni moribondi e davanti un "nemico" si farà invece, con molta probabilità, egli stesso artefice e protagonista di azioni che, nel salotto intellettuale, avrebbe aborrito. Assurdo? No: assolutamente prevedibile. Nel primo caso, in un ambiente calmo, rilassato, il soggetto del nostro esperimento virtuale avrebbe discusso di ipotesi e avvenimenti lontani. Non vi sarebbero stati pericoli imminenti, odori sgradevoli e, eventuali immagini, altro non avrebbero rappresentato che cartoline di un mondo talmente distante da essere quasi irreale. Nel secondo, l'uomo avrebbe dovuto giudicare e decidere in fretta e in condizioni di elevato stress, tra odore di polvere da sparo, metallo rovente, sangue, con gente di fianco a lui che agonizzava e moriva martoriato, tra boati e gemiti, con dinnanzi o peggio dappertutto un fantomatico nemico senza volto. Quelle citate sono condizioni limite, ma anche in condizioni più consuete la cosa non cambia. Ad esempio, il sensazionalismo cui ricorrono costantemente i media. Tale pessimo uso, spesso strumentale, della notizia, è un altro sistema in grado di alterare lo SdN. La capacità critica viene, attraverso essa, sapientemente addormentata, giacché indirizzata sulla notizia fine a se stessa, togliendo in genere al soggetto la memoria della causa, sì da poter indirizzare l’opinione su conseguenze future la cui realizzazione (o meno) passa in secondo piano o, peggio, oscurata perchè immediatamente sostituita da un successivo bombardamento mediatico di altra natura, volto a impedire approfondimenti. Così, ad esempio, la lotta in stile proibizionista agli stupefacenti viene in genere introdotta dagli incidenti del sabato sera, creando in tal modo il binomio logico "niente droga - niente morti", che ovviamente è una stupidaggine colossale. Innanzitutto perché in genere a stroncare le vite sono un cocktail di stanchezza, droga e alcol e poi perché si tende a sottovalutare, in modo colpevole, il motivo reale che spinge il giovane a cercare nel divertimento "estremo" l'alienazione. Ancora: la televisione e i suoi modelli assurdi. In tal caso la normalità, che è sempre stata una sorta di traguardo, è divenuta oggi, attraverso i media, sinonimo di mediocrità ed è stata sostituita da una idea (falsa) di diversificazione dove la gente e in modo particolare le nuove generazioni, sono portate a credersi uniche, e nelle singole persone, diverse, mentre è chiaro il processo di assimilazione al modello imposto, per lo più negativo (Paris Hilton o qualche Pop star alcolizzata, drogata o in delirio di onnipotenza). Modello che peraltro cambia velocemente proprio per non dare punti di riferimento. Alterando lo SdN, in sostanza, si possono alterare le consuetudini, ovvero, il concetto stesso di normalità. E' questo, del resto, il sistema più utilizzato dai moderni Governi.
Ma ritorniamo sulla frase iniziale e al vero motivo di questo post. Cosa si intende davvero, al di là delle definizioni da vocabolario, per normalità? Normale, nel caso dell'anonimo genitore di una "normale" famiglia americana, è probabilmente rappresentato da un'idea preconcetta, ossia quello del popolo di una grande nazione fondata sui valori del cristianesimo, amata quindi da dio. Coloro che non rientrano in questa idea non sono americani, o lo sono in modo incompleto e sicuramente insufficiente, quindi non degni dei giusti diritti che la loro grande Nazione concede ai suoi cittadini. La forma mentis non è poi diversa, anzi è la medesima di quella che è causa del razzismo, anche perché di fatto, il concetto di normalità è di per sé discriminante: se c'è normalità, c'è per forza anche l'anormalità. Se dunque ogni uomo dovrebbe per sua natura tendere al raggiungimento dell'idea di normalità al fine di ergersi da essa e migliorare, con sé stesso, l'intera umanità, non si può prescindere dalla valutazione della bontà di tale idea, che, se deleteria, anzichè spalancare il futuro al meglio, farebbe precipitare l'intera società in un baratro da cui difficilmente potrà uscirne. Ora il genitore di cui sopra è figlio di un Paese sostanzialmente bigotto, sebbene sotto altri aspetti sia culturalmente all'avanguardia. L'America è, infatti, anche il paese dove migliaia di credenti si ritrovano sotto tendoni da circo per assistere a suggestioni di improbabili profeti; dove, ancor oggi, persino il Presidente della federazione termina i suoi discorsi con la frase "God bless America". La religione, è inutile rammentarlo, è uno dei maggiori e più usati collanti sociali ma, veicolando i valori su cui si formano le idee come verità rivelate, dunque non negoziabili e non discutibili, il rischio è che se male interpretate, o di per sé sbagliate, o ancora di scarsa valenza, rendono inevitabile il peggioramento della società stessa. Gli Scout, per rimanere sul pezzo, non nacquero con l'idea di dividere alcunché, sebbene all'epoca, va detto, nessuno si sarebbe mai posto dei problemi insiti nella globalizzazione (usi, costumi e culture) né era pensabile in alcun modo l'accettazione dell'omosessualità tanto che, è bene ricordarlo in Gran Bretagna praticarla era considerato reato fino al 1967.
Per quanto riguarda gli USA, in Kansas, addirittura fino al 2003, la sodomia omosessuale (non quella etero) era punita con sanzioni pecuniarie fino a 1000 $ e con reclusione fino a 6 mesi, ma in gran parte degli Stati Uniti, fino alla data di cui sopra, vi erano leggi che colpivano indirettamente le coppie omosessuali.
Se ne deduce che fino ad allora, era "normale"considerare l'omosessualità un problema, una perversione o addirittura una malattia.
Poi la sensibilità media deve aver raggiunto il punto critico di cambiamento, vuoi favorita dalla crisi di determinati valori, vuoi per la rilettura degli stessi, vuoi per la nascita o la scoperta di valori migliori o superiori.
La normalità quindi è un concetto relativo, che ha senso solo in termini statistici e si basa su un'idea media più o meno condivisa dalla maggior parte degli individui componenti una società.
Così, senza paura di sbagliare, si può affermare che nella società cristiana una famiglia è definita normale se eterosessuale e monogama; ma è sempre così? Se andiamo a vedere, per i Mormoni, essi stessi cristiani, la famiglia è eterosessuale ma nulla vieta la poligamia (poliginia, per la precisione). Dunque?
Ma non è tutto.
Il genitore collega la "normalità" alla "tradizione", supponendo che la prima sia un valore che si tramanda uguale e costante nel tempo.
Non è così, ovviamente. Chi abbia anche solo ascoltato qualche lettura dell'Antico Testamento sa di per certo che la pratica della poliginia era in uso presso le antiche popolazioni ebraiche e se vogliamo dirla tutta, la divinità veterotestamentaria non solo non disapprova, ma a volte pretende la poliginia, invitando ad esempio Onan a prendere in sposa la moglie del fratello defunto.
Viceversa, la tradizione fa passare come legge divina la condanna a morte per coloro che praticano l'amore omosessuale. Ora, delle due l'una: o coloro che si rifanno alle tradizioni ebraico-cristiane sono degli ipocriti accettando di commissionare pene minori (carcere o multa piuttosto che uccisione) a ciò che sarebbe offesa alla divinità, o sono col tempo divenuti migliori della divinità che ha fornito loro valori e pseudo valori.
Perché pseudo valori? Presto detto: i valori, in linea generale, sono i punti cardine su cui si fonda la società, ma pur mantenendo una certa importanza in termine assoluto, assumono importanza relativa, via via maggiore o minore a seconda delle esigenze di un dato tempo correlazionato ad un dato luogo. Gli pseudo valori invece, sono punti che pur rimanendo per tempi anche lunghi, tanto da poter essere definiti tradizionali, non hanno alcuna importanza assoluta. In altre parole, non è vero che eliminando certi "valori" la società viene meno.
Così, il "valore" del matrimonio tradizionale, basato su principi definiti nel XIII secolo, è in realtà uno pseudo valore, perché la sua assenza non determina affatto lo sfaldamento della società, né annulla il concetto di famiglia, che infatti c'erano prima della definizione del matrimonio.
Basare la normalità su pseudo valori transitori è, per quanto percepita tale, una illusione del singolo che cerca di giustificare la sua diversità maggioritaria. Spesso addirittura essi non sono nemmeno intimamente condivisi, ma perdurano perché non vi sono esigenze differenti.
Il caso del "divorzio" è emblematico. In una società cristiana con il matrimonio si forma la famiglia quindi sarebbe stato "normale" aspettarsi che la popolazione italiana , cattolica, rifiutasse il divorzio come disvalore. E invece, come si sa le cose andarono diversamente.
Il matrimonio omosessuale, impossibile anche solo da pensare cinquant'anni fa, oggi è motivo di discussione, tra i principali temi affrontati dalle etiche (o qualcuno si illude che di etica ce ne sia solo una?).
La resistenza verso il riconoscimento della "normalità" omosessuale è per l'appunto una resistenza, che sarà lunga e difficile da piegare, come del resto è ancor oggi il riconoscimento di alcune "normalità" riferite alla donna, o a uomini dalla pelle di colore diverso, o di diverso credo o cultura.
Paradossalmente la vera normalità verrà raggiunta solo nel momento che verrà accettata la sua inesistenza.