Magazine Diario personale

I nostri padri ci hanno detto

Da Matteotelara

Unknown

C’è un’immagine, usata come pubblicità di una famosa marca di vestiario, che negli ultimi tempi sta comparendo sempre più spesso sulle pagine dei quotidiani. Nell’immagine tre adulti – tre anziani – stanno seduti su tre sedie davanti a un gruppo di bambini accovacciati sul pavimento. Siamo all’interno di un’aula scolastica e c’è una bella atmosferia bucolica. Sulla lavagna qualcuno ha disegnato un fiorellino sorridente. A lato, su di un ripiano, la foto del presidente della repubblica sbuca da dietro un mappamondo, con sullo sfondo le stelle della bandiera europea. Uno degli adulti (gli adulti sono di fronte, i bambini, invece, sono tutti di spalle) mostra un libro aperto, l’altro sta parlando, il terzo sorride. Se si scende più nel dettaglio si vede che due dei bambini hanno la mano alzata e sembra stiano attendendo il loro turno per porre una domanda. La didascalia, nella parte alta dell’immagine, dice: I NOSTRI PADRI CI HANNO DETTO.
Eppure più guardo questa immagine e più mi rendo conto che questa cosa delle vecchie generazioni che trasmettono alle nuove i segreti della propria saggezza sia forse la più inattuale (ed irritante) fra tutte quelle a cui si possa pensare nell’Italia (e dell’Italia) di oggi. I miei ‘padri’ sono cresciuti in un’epoca in cui appena laureati si poteva scegliere con quale ditta lavorare. Hanno vissuto in un’epoca in cui si poteva decidere se fare dell’Italia un grande e civile e moderno paese di cui essere fieri o uno piccolo, vile e corrotto di cui vergognarsi. Cosa ne sanno i miei ‘padri’ di quello che significa vivere in un piccolo, vile e corrotto paese dove ovunque si guardi c’è qualcosa di cui vergognarsi? Cosa possono dirmi, questi ‘padri’, più di quanto già non sappia sul nepotismo, sull’iposcrisia, sulla corruzione, sul sistema baronale, sul consumo del territorio, sulla mentalità mafiosa e sulla sfiducia nel futuro in cui hanno costretto a vivere i loro figli? Più passa il tempo, insomma, e più mi rendo conto che la maniera in cui la generazione dei miei ‘padri’ percepisce questo paese (e con loro gli autori di questa pubblicità) sia irriducibilmente distante dalla maniera in cui viene percepita dalla mia. Più il tempo passa e più ho la sensazione che non solo non sentirò mai nessuno della generazione dei miei padri scusarsi coi propri figli per l’assenza di valori che hanno creato e per la disarmante incapacità che hanno dimostrato, ma che anzi ci si aspetti alle volte che, come dire?, sia io a dovermi scusare con loro, io a dovermi vergognare di non riuscire a trovare lavoro e di non poter pagare l’affitto, o di non essere in grado di competere coi miei coetanei oltreconfine, e il tutto mentre sui giornali si continua a leggere di settantacinquenni milionari che si rifiutano di fare i lavori sociali, di fidanzate appena maggiorenni che giurano amore eterno, e di dirigenti di sinistra che non riescono a governare se non con l’aiuto di quanti, fino al giorno prima, avevano accusato di non essere in grado di farlo.
E così, più guardo questa immagine sul giornale, (con la sua fiabesca ambientazione da scuola d’altri tempi, con la sua bella atmosfera confortevole, e confortante, e conformante…) e più mi domando cosa diavolo avranno questi tre ‘padri’ da dire a questo gruppo attento di figli.
“Ecco, figliuoli, questa è la maniera in cui fregare il proprio prossimo e farla franca, e questo è il sistema per ridurre un paese sul lastrico. Questo è come evitare di prendersi le proprie responsabilità, vedete?, bisogna avere una scusa sempre pronta, utilizzare il voltafaccia e mantenere in vita il sistema delle raccomandazioni. Questi sono gli agganci di cui c’è bisogno se si vuole far carriera. Viviamo in un sistema mafioso, non dimenticatevelo. Questa invece è la mia casa in montagna, questa è la mia macchina, questi sono i tagli alla spesa pubblica che abbiamo dovuto fare per continuare a permetterci entrambe…”


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