Los Angeles Lakers – © twitter.com/Lakers
Gli anni di ricostruzione per una squadra NBA non sono mai semplici, ci sono franchigie che viaggiano in questa fase ormai da decenni. Se poi la sede della squadra è Los Angeles e le magliette casalinghe sono gialloviola con la scritta Lakers stampata sopra, allora quegli anni diventano pesanti come macigni e la pressione creata da stampa e tifosi può diventare insopportabile. Lo sa bene Mitch Kupchack, GM di quella squadra, che dopo due anni avari di soddisfazioni e senza playoff (erano quasi 40 anni che i Lakers non centravano la post season due anni consecutivi) sperava di riportare i fasti di un tempo, approfittando di un insolita (per loro) seconda scelta al Draft e della free agency che quest’anno offriva nomi che facevano sognare parecchie squadre. La realtà è stata piuttosto diversa da quella che ci si aspettava, il fascino della città non è riuscito a portare le star che la dirigenza voleva, facendole cambiare i piani parecchie volte e virando su altri giocatori.GLI ARRIVI VIA DRAFT
Al Draft ’15 i Lakers si presentavano con le pick n° 34, 27 e la già citata 2. Partendo da quest’ultima la dirigenza ha visto in D’Angelo Russell il prospetto migliore a cui affidare le redini della franchigia, considerando ormai la carriera agli sgoccioli di Kobe Bryant. Inutile discutere la scelta e fare paragoni con l’altro prospetto dal potenziale enorme, quel Jahlil Okafor che per molto tempo è stato in lotta con K.A. Towns per la prima scelta assoluta. La point guard uscita da Ohio State è sicuramente il miglior esterno del Draft e il Jerry West Award ottenuto quest’anno alla guida dei Buckeyes ne è la conferma. L’anno di college ha mostrato tanti ottimi segnali in ottica NBA: jumper dal palleggio, ball handling, punti nelle mani e fiducia in se stesso sono i punti di forza. Se da un lato ci sono i quasi 20 punti conditi da 5 assist di media a partita nel suo anno da freshman, dall’altro ci sono però aspetti da migliorare: punti nel traffico, difesa e scelte in campo. La Summer League di Las Vegas appena conclusasi ne ha appunto mostrato pregi e difetti, infatti insieme agli 11.2 punti e i 5.2 rimbalzi balzano agli occhi le 5.2 palle perse a partita. Col tempo diventerà sicuramente un giocatore su cui fare affidamento e su questo ha puntato il GM Kupchack.
Le altre due chiamate hanno portato nella città degli angeli Larry Nance jr. a fine primo giro e Anthony Brown ad inizio secondo. Il loro arrivo è sicuramente passato inosservato a causa del loro nuovo compagno di squadra Russell, ma non è detto che sia un aspetto negativo. Due ali che hanno mostrato discrete doti al college e che potranno crescere con meno pressioni. La Summer League ha però fatto capire allo staff gialloviola che c’è da lavorare su di loro, ad oggi forse poco pronti per la NBA.
LA DIFFICILE FREE AGENCY
Passiamo adesso alla free agency, vero tasto dolente dell’estate. I piani erano ambiziosi e lasciavano presagire un’estate da incorniciare, potendo contare sul fascino generato da una città come Los Angeles e da una squadra dal passato glorioso, vera attrattiva per le star di tutto il mondo che fino a pochi anni fa sognavano di trasferirsi a due passi da Hollywood. Fino a pochi anni fa appunto, i tempi sono cambiati e se ne sono accorti troppo in fretta il GM e l’intera dirigenza. I top player vogliono vincere, non interessa dove. Per questo fare leva sul passato dimenticandosi del futuro non ha portato i risultati sperati con LaMarcus Aldridge, Kevin Love e Greg Monroe (addirittura quest’ultimo preferendo il progetto ambizioso dei Milwaukee Bucks e rifiutando la “verve” di Los Angeles e New York). Ecco quindi che si punta improvvisamente sul centro Roy Hibbert, che aveva optato per la player option con Indiana ma, letteralmente scaricato dai Pacers, viene scambiato per una futura seconda scelta. Reduce da una stagione di certo non esaltante ha mostrato un’involuzione in negativo rispetto ai suoi anni migliori. Arriva a LA con la voglia di riscatto e di dimostrare il suo reale valore (ma soprattutto con un contratto in scadenza la prossima estate). Insieme a lui sono stati firmati Brandon Bass e Lou Williams. L’ala grande è un veterano che porta una discreta presenza sotto canestro e che faciliterà la crescita di Julius Randle (alla sua prima vera stagione NBA). La guardia ex-Toronto è stato invece il vero colpo della dirigenza, ha disputato quest’anno un ottima stagione che gli è valso il titolo di sesto uomo dell’anno. Triennale da 21 milioni di dollari complessivi e la voglia di guadagnarsi un minutaggio importante in squadra.
OFFICIAL: Lakers Acquire Roy Hibbert Full Release: http://t.co/72n1lIGrG8 Welcome to the family, Roy!! pic.twitter.com/SLak5jlETm
— Los Angeles Lakers (@Lakers) July 9, 2015
PLAYOFF O NON PLAYOFF?
E’ questa la vera domanda che si pongono stampa, tifosi e addetti ai lavori. La risposta del General Manager Kupchack non si è fatta attendere: “Se il nostro roster è da playoff? E’ presto per dirlo, ma credo di si“. Ciò che ne è scaturito è stata un’ondata di polemiche che hanno fatto storcere il naso ai tanti supporters e sorridere i maligni. Ad essere benevoli la dirigenza, dopo i tanti rifiuti ricevuti, ha tentato di fare il possibile mettendo insieme un squadra tutto sommato migliorata rispetto l’anno scorso. Tutto (o quasi) dipenderà dal rendimento del “Black Mamba” in quello che sembra essere il suo ultimo anno nella lega e dalla crescita di Russell e Randle. Si prospetta dunque un quintetto formato da Russel con Clarkson a fargli da backup, Bryant, Nick Young (ma forse con un minutaggio superiore per Louis Williams), Bass (con Randle pronto a subentrargli), Hibbert. Discreto quintetto che se in “giornata” può giocarsela con chiunque. Dire però che la squadra è da playoff sembra un po’ azzardato. Sul centro ex-Indiana ci sono diversi dubbi, anche se finalmente i Lakers avranno un giocatore capace di difendere il ferro in difesa, i giovani hanno ancora tutto da dimostrare, su Young aleggiano una montagna di dubbi (sembra la dirigenza voglia cederlo) e la panchina ad oggi non dà molta fiducia.
Ultimo aspetto da considerare (forse quello più importante) è quello di trovarsi ad Ovest. Le difficoltà di andare ai playoff nella conference occidentale sono ormai note, inoltre quest’estate ha visto rinforzarsi molte squadre, rendendo sicuramente più difficile l’accesso alla post season. Delle otto andate lo scorso anno solo Portland e Dallas si sono indebolite, in compenso si dà per certo l’ingresso ai playoff dei Thunder (Westbrook e Durant saranno finalmente a pieno regime). Rimarrà verosimilmente una piazza con una lotta che si preannuncia serratissima con anche i Suns tornati in corsa.
La dirigenza mostra fiducia, i tifosi scetticismo ed il resto del mondo curiosità. Curiosità di vedere se la squadra “riscriverà” la sua storia mancando i playoff per il terzo anno consecutivo (non è mai successo ai gialloviola) o se mostreranno orgoglio facendo finalmente partire il tanto atteso processo di crescita. Il GM, con tutte le difficoltà del caso, ha cercato di costruire una squadra logica e che abbia un senso, a differenza degli ultimi due anni. L’intero popolo losangelino è aggrappato a Kobe, a cui si chiede l’ultima grande impresa di una strepitosa carriera.