I Origins di Mike Cahill con Michael Pitt, Brit Marling Usa, 2014 genere, drammatico durata, 106'
Liberaci dal male. Potrebbe essere
questala frase più sintetica per riassumere il tema più urgente del
cinema di Mike Cahill. autore di nicchia assurto al successo con una di
quelle opere a basso budget di cui ogni tanto ci si stupisce per la
capacità di fare tanto con molto poco. Stiamo parlando di cinema
realizzato con pochi spiccioli e molte idee e comunque capace di
ritagliarsi uno spazio adeguato nel panorama del cinema mondiale.
"Another Earth" infatti pur lambendo la fantascienza con una trama che
immaginando la possibile esistenza di una "controterra", vero e proprio
doppione di quella già esistente , esplorava il dolore della perdita e
del senso di colpa, spogliando il concetto di esistenza dai vincoli
dell'esperienza e della ragione. In
quel caso la protagonista cercava di venire a patti con il rimorso di
aver provocato la morte della moglie e del figlio di un famoso
compositore musicale. "I Origins" continua a percorrere la strada già
tracciata del film che lo ha preceduto attraverso la dicotomia tra
scienza e fede, che Ian, un ricercatore medico specializzato nello
studio degli occhi, cerca di confermare sforzandosi di trovare una
spiegazione scientifica all'incognito che normalmente appartiene al
sacro e allo spirituale. Anche in questo caso c'è di mezzo un'amore
spezzato e l'inaccettabilità della morte, come pure la predominza del
caso, qui come allora ingrediente principale per scatenare il
cortocircuito che annulla certezze e rimette tutto in discussione.
Homo Faber del
set cinematografico per la poliedrica applicazione del proprio talento
(dalla sceneggiatura alla fotografia fino agli effetti speciali) Cahill
si addentra nel territorio del dubbio tornandone con risposte quasi
definitive - "I Origins" parte dalla teoria sull'origine della specie
per arrivare a parlare di metempsicosi e di vite precedenti) - sulle
verità della vita. Se il confronto tra i massimi sistemi ricalca schemi e
situazioni già viste, e se in alcuni passaggi la narrazione fatica a
costruire situazioni che siamo all'altezza dei suoi contenuti, è pur
vero che Cahill comferma la capacità di scrutare tra i silenzi e i non
detti di cui gli attori si fanno carico.
Visione affascinante di
espression e volti ripresi con la partecipazione di chi ne condivide il
sentire. E se Brit marling è un habituè del regista (era lei la
protagonista di "Another Earth"), non dispiace Michael Pitt alle prese
con un ruolo -insolitamente per lui - equilibrato.






