Molti turisti, ma anche i romani stessi, camminando per le strade di Roma, non si accorgono a volte di alcune segrete meraviglie che strade e piazze più o meno famose sanno regalare. Spesso infatti si è troppo presi dai grandi e sensazionali monumenti e può capitare di non accorgersi che la città invece può acquistare un sapore unico anche solo passeggiando per i suoi vicoli e camminando con il naso all'insù.
La nostra passeggiata comincia a Piazza Capo di Ferro, proprio dietro Campo de' Fiori, dove si trova lo splendido Palazzo Spada realizzato nel Cinquecento che presenta sicuramente una delle facciate più originali della città. Si scorgono infatti, all'interno di nicchie, otto bianche statue rappresentanti altrettanti uomini illustri dell'antica Roma, come ad esempio Romolo, Cesare e Augusto. Sono uomini che con il loro coraggio e le loro alte virtù costituirono un modello esemplare di vita per gli uomini del Rinascimento, che tanto amarono e imitarono l'arte classica con il suo ricco bagaglio di valori morali.
A coronamento del palazzo, tra figure di candelabri, cariatidi e festoni, si scorgono gli stemmi delle due potenti famiglie che dal Cinquecento in poi possedettero l'edificio, i Capodiferro e la famiglia Spada, che nel Seicento al suo interno commissionò a Francesco Borromini la strepitosa Galleria Prospettica.
Proseguendo oltre si giunge in Via di Monserrato, dove è possibile ammirare la facciata della chiesa nazionale degli Spagnoli dedicata a Santa Maria di Monserrato: un monte spagnolo dove si venera un antico santuario dedicato alla Vergine. Ed è proprio dalla parola "Monserrato" - che tradotto letteralmente vuol dire "monte segato" - che prende spunto l'originale decorazione della chiesa: infatti questa volta, sulla facciata, ad attenderci non c'è il semplice rilievo raffigurante il Bambinello in braccio a Maria, ma quest'ultima, in modo assai curioso, ha in mano una sega da falegname ed è intenta a segare un monte!
Poco più avanti si giunge in Piazza Ricci, dove possiamo ammirare in tutta la sua possenza Palazzo Ricci, che presenta sulla facciata ancora le tracce di una ricca decorazione ad affresco, realizzata nel Cinquecento da due grandi artisti quali Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze, i quali decorarono molti palazzi dell'aristocrazia romana dell'epoca. Anche qui ci si ispirò alle gesta dell'antica Roma, modello indiscusso di virtù e coraggio, e la storia scelta fu quella di Muzio Scevola e della famosa mano nel fuoco.
Dalla piazza si giunge poi in Via dei Banchi Vecchi, dove possiamo ammirare forse il palazzo decorato più famoso di tutta Roma, la cosiddetta Casa dei Pupazzi. Questa graziosa palazzina cinquecentesca fu realizzata per volere di un ricco e famoso orafo del tempo, tale Giovanni Crivelli, che certamente non badò a spese nel mostrare tutta la sua fama e soprattutto la propria reverenza nei confronti del papa. Infatti possiamo ammirare, scolpite nello stucco, una serie di ghirlande, candelabri, scudi, putti, satiri che fanno da contorno a due lastre in bassorilievo dove sono illustrate alcune vicende storiche di quegli anni: nella prima si nota l'imperatore Carlo V che bacia il piede a papa Paolo III Farnese, mentre nella seconda è raffigurato il pontefice che riconcilia Carlo V e Francesco I a Nizza. Non mancano poi alcuni bei ritratti, sempre in stucco, di alcuni pontefici come Giulio II della Rovere, Paolo III e papa Urbano III, vissuto secoli prima e forse antenato dello stesso orafo.
Attraversando Corso Vittorio Emanuele II, arriviamo poi in Via della Fossa dove si trova Palazzo Amedei, che purtroppo è molto rovinato e meriterebbe davvero un bel restauro. Solo così potremmo nuovamente ammirare le sue decorazioni a graffito che ripropongono finte bugne, motivi di girali, conchiglie, vasi, grifi, putti alati e tra le finestre due affreschi con scene sacre e scritte.
Giunti in Piazza San Simeone invece incontriamo il maestoso Palazzo Lancellotti, che custodisce ancora oggi un aneddoto curioso: sulle due colonne poste ai lati del portale d'ingresso si leggono ancora le lettere rosse VVE, iniziali della frase "Viva Vittorio Emanuele". Il riferimento al re d'Italia venne scritto in maniera indelebile da qualche "burlone" di turno che voleva farsi gioco della fedeltà al papa del cardinale Lancellotti, che serrò il portone della sua casa in segno di protesta il giorno in cui Roma venne annessa al Regno d'Italia e che venne riaperto solo dopo i Patti Lateranensi.
Subito dietro la piazza, imbocchiamo Via della Maschera d'Oro, dove si trovano gli ultimi due edifici degni di nota per le loro decorazioni. Il primo è Palazzo Milesi che nel Cinquecento venne decorato dai noti Polidoro e Maturino, i quali realizzarono la facciata con scene legate alla mitologia greca, come la Storia di Niobe, a personaggi storici, tra cui Catone Uticense e a leggende romane come il Ratto delle Sabine e le Leggi di Numa Pompilio. Il secondo, invece, realizzato da Jacopo Ripanda sempre nel Cinquecento, presenta, oltre a episodi ispirati alla storia di Roma, anche eroti ed elementi vegetali, figure femminili con recipienti ricolmi di frutta e cornucopie, draghi e figure fantastiche tratte dal mondo marino, tutte incise in monocromo sull'intonaco. Queste decorazioni così superbe e fantasiose ci fanno intuire subito quale doveva essere non solo il livello tecnico raggiunto da questi artisti, ma anche l'importanza che i proprietari davano all'aspetto esteriore delle proprie dimore, un libro di memorie che doveva raccontare a tutti, e per immagini, la propria vita, i propri valori e le proprie virtù.
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