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I pendolari

Creato il 30 aprile 2012 da Silkandscissors

I pendolari

Treno per Torino. Partenza ore 14.45 da Bologna.
Fermate Modena: entra una vecchia signora dall’acconciatura candida e raccolta vestita da un completo beige sovrastato da un giro di perle grandi quanto biglie.
Occupa il primo posto libero, non curante del fatto che su ogni biglietto c’è un posto assegnato. Ci pensa un piccolo signore, troppo vestito per il clima primaverile di oggi, a ricordarglielo: ” Signora, in teoria c’è scritto su carta dove deve sedersi”, mentre tenta con fatica di far raggiungere alla sua valigia il portabagagli. Si giustifica sbraitando ”contiene 200 kg di parmigiano”.
Nel mentre un 60enne dal capello troppo lungo e troppo tinto cambia posto incessantemente, attaccando bottone con ogni povero passeggero. Rappresenta il tipico italiano-caricatura, la comparsa che da copione passa i pomeriggi al bar con gli amici giocando a carte e rosicchiando patatine.
Da dietro sento tossire una donna, così forte che istintivamente mi giro per assicurarmi che non abbia sputato un polmone.
La donna di fronte a me invece è sul punto di piangere; fissa un punto fuori dal finestrino corrugando le sopracciglia e incrociando le braccia. Sbuffa. Chiude gli occhi. Ora ha davvero l’occhio lucido. Muove le labbra per mordersele. Cambia idea. Eppure fino a dieci minuti fa era intenta a truccarsi come se dovesse presentarsi ad un appuntamento galante.
La ragazza sulla mia destra avrà la mia stessa età, ma è ancora studentessa. Rilegge i suoi appunti sfiorandosi il collo con la mano come le madonne nei santini. Una ciocca di capelli color oro le sfiora le spalle, i restanti sono raccolti in uno chignon distratto. Gli occhioni celesti delineati dalle ciglia truccate sbattono incessantemente.
La signora sul punto di piangere si è alzata; indossa un lungo impermeabile e scompare.
Il mio sguardo ora è attratto da una cartaccia di cioccolato finita per terra: ciò causa l’apertura del mio stomaco e il suo lamentoso ruggito.
La biondaocchiazzurri si è addormentata.
La meridionale di fianco a lei stringe le labbra a bacio. Indossa una camicetta fantasia, dei Rayban rosso fuoco e tiene a sé un bauletto di LV decisamente taroccato.
Fermata: Piacenza. Sale una donna di colore decisamente tonica con una parrucca in testa. Dietro di lei, il sosia del testimonial della Birra Moretti: un nonnetto guizzante con baffo curato e abito verdone.
A seguire, quello che si potrebbe definire il classico uomo d’affari: sulla cinquantina, bell’orologio al polso, pancia che racconta la sua passione per la buona cucina, giornale aperto davanti al viso sbarbato. Sa di dopobarba e di albergo quattro stelle. Non cinque, perchè sarebbe salito in prima classe. Me lo immagino stamattina in hotel, mentre utilizza tutti i prodotti in omaggio: dalla ciabattina monouso al cioccolatino sul cuscino.
La signora con la tosse continua a dare spettacolo: credo che mi abbia colpito con un pezzo della sua tonsilla.
Mi passa di fianco il carrello degli snacks, spinto da un biondino niente male.
”Scusa!” Cerco di fermarlo con la mia voce assonnata, ma non serve. Sono decisa ad inseguirlo, e sotto lo sguardo dei passeggeri gli chiedo un Kit Kat. E lo scruto nei suoi occhi azzurri. Beth, diamine, paga. Grazie al mio gesto, anche altre persone riescono a raggiungere il cameriere: la biondaocchiazzurri (sarebbero perfetti insieme e inizio a sognare sul loro matrimonio dove io parteciperei in quanto ”fautrice del loro incontro”) prende una Coca-Cola, un tizio dall’aria trasandata si accontenta di un caffè.
Sono infastidita dalla ragazzina seduta al mio fianco: non fa altro che tentare di sbirciare quello che sto scrivendo. Sono in una posizione cosi contorta che penso avrò mal di schiena per i prossimi 5 giorni. Spero tu legga anche questo: cretina.
L’uomo d’affari ha ancora tra le mani ”la stampa” e noto che porta la fede: deve essersi sposato qualche chilo fa, perchè gli stringe l’indice creando un solco ombreggiato. Beh, perlomeno la porta e non la nasconde in tasca.
Urla provengono da un qualche anziano meridionale, che come tutti i suoi simili non è in grado di parlare a bassa voce al telefono. ”We Gennà, aggie capito, ti porto u prosciutt crud e u parmigian”. Prossima fermata?

Beth



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