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” “i perdenti radicali”. Definizione riferibile non tanto a coloro che si possono percepire come gli sconfitti della globalizzazione o delle trasformazioni culturali insite nella modernità, quanto a quelli che non sono stati o non sono in grado di e...

Creato il 11 febbraio 2015 da Paolo Ferrario @PFerrario

A conclusione di questo itinerario nel rancore, incontriamo un elemento che riconnette quanto detto ora sulla situazione italiana con il significato più generale del “populismo globale”. E che ci consente di individuare i segni tangibili di un percorso che non ha un solo luogo d’elezione: ha infatti a disposizione il mondo intero. Si tratta dei temi evocati dal sociologo tedesco Hans Magnus Enzensberger ne Il perdente radicale (Einaudi, 2007). Enzensberger segue le tracce di quella scia di sangue che attraversa l’orizzonte contemporaneo e che dalle nostre piccole barbarie domestiche ci conduce fino a incontrare la figura dei terroristi kamikaze. Dal caso degli adolescenti assassini nei college americani fino all’11 settembre c’è – suggerisce Enzensberger – un filo di disperazione e di rabbia, di cieca violenza e di studiata esaltazione del rancore che finisce per legare gli assassini di provincia ai killer delle Twin Towers. I primi indicano una tendenza, una possibilità che si cela nelle contraddizioni manifeste di un modello culturale in crisi, i secondi fanno parte dell’esercito di coloro che socializzano questa crisi e ne fanno la bandiera di una guerra planetaria. In comune, questi due esempi apparentemente così lontani tra loro, hanno il senso della sconfitta, la percezione di una inadeguatezza che si trasforma in furia omicida, in uno sterminato desiderio di morte e di distruzione. In entrambi i casi siamo di fronte a quelli che lo studioso tedesco presenta come “i perdenti radicali”. Definizione riferibile non tanto a coloro che si possono percepire come gli sconfitti della globalizzazione o delle trasformazioni culturali insite nella modernità, quanto a quelli che non sono stati o non sono in grado di elaborare un vocabolario del cambiamento, un lessico emozionale con cui rispondere alle modifiche di breve o di lungo corso che attraversano il loro spazio di vita. «In ogni momento — scrive Enzensberger — il perdente può esplodere. Questa è l’unica soluzione del problema che riesce a immaginare: il parossismo del disagio che lo fa soffrire».Il vero problema nasce però quando dalla follia individuale si passa a ciò che il sociologo definisce come la “socializzazione del rancore”.

da TecaLibri: Guido Caldiron: Populismo globale


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