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Il lit blog di Minimum Fax: risposte di Nicola Lagioia e Francesco Pacifico
Quando è nato minima&moralia? E chi è il fondatore?
Nicola Lagioia: minima&moralia è nata nell’estate del 2009, ma ne parlavamo da almeno un annetto. In particolare, ne parlava un piccolo gruppo di scrittori e intellettuali formatosi per le ragioni più disparate intorno alla casa editrice minimum fax ma ben distinto da essa. Se non ricordo male l’idea iniziale l’ha avuta Christian Raimo, che prima ha bombardato di mail i futuri redattori, e poi ha fatto lo stesso con gli editori di minimum fax.
Quanti sono i redattori oggi, se si escludono i contributi occasionali?
NL: i redattori di minima&moralia, oltre a Francesco Pacifico, Christian Raimo e il sottoscritto, sono: Damiano Abeni, Gianluca Cataldo, Cristiano de Majo, Fabio Guarnaccia, Alessandro Leogrande, Francesco Longo, Tiziana Lo Porto, Carlo Mazza Galanti, Gorgio Vasta. Abbiamo anche una caporedattrice generosamente offerta da minimum fax, Giulia Bussotti, la quale dà quotidianamente ordine e senso ai post che ognuno di noi le invia indiscriminatamente.
Da che cosa è scaturita l’idea del blog?
NL: Come dicevo, l’idea era quella di raccogliere i contributi di alcune (a nostro parere) brillanti intelligenze che – tra i tanti altri – avevano avuto la casa editrice minimum fax come punto d’incontro. Allo stesso tempo, era fondamentale che la casa editrice minimum fax non interferisse più di tanto con la poetica di ogni singolo autore, non dettasse la linea, lasciasse insomma liberi i vari redattori di scrivere quello che gli pareva, potendo dire tuttavia la propria e non vincolante sul livello qualitativo dei contenuti, consegna alla quale la casa editrice si è fino ad ora attenuta.
Francesco Pacifico: Articoli scritti bene senza troppi troll fra le palle. Più o meno si è parlato di questo, o almeno è così che io ho tradotto le prime riunioni in un concetto che riuscissi a capire. Creare un posto in cui si postasse con un minimo di dignità, senza sobillare l’angry mob letteraria a fare risse con qualunque pretesto.
Quali sono gli obiettivi?
FP: Sono gli stessi obiettivi di tutti i blog culturali, direi: far circolare le idee approfittando di un mezzo che ha moltiplicato il potere della stampa: il copia-incolla.
NL: Alzare ulteriormente il livello del dibattito culturale di questo paese, sia attraverso contenuti nostri, sia dirottando – dal caos dell’informazione culturale al tempo di internet – sul blog contributi di altri autori. E, quando pure non siamo capaci di alzare il livello, cerchiamo almeno di dare degli argomenti che affrontiamo una visione diversa da ciò che si può trovare altrove.
Credete che i blog letterari siano semplice condivisione culturale oppure possano anche avere altre funzioni?
NL: I blog letterari hanno avuto in questi anni il merito di ospitare i dibattiti culturali che non si limitassero alla singola recensioncina. Rispetto alle riviste tradizionali, i lit-blog rappresentano una moltiplicazione di punti di vista. Rispetto ai quotidiani, come si direbbe in linguaggio giuridico hanno coperto un vuoto normativo. Basti pensare all’inchiesta sulla “responsabilità dell’autore” promossa in questi mesi da Nazione Indiana.
FP: Le pagine culturali dei giornali si tengono in piedi con una struttura complessa, farraginosa, l’insieme di favori e controfavori e attenzioni che sta alla base dei rapporti fra stampa e case editrici rende di base poco credibile l’attività culturale di giornali e riviste. Sembra un po’ ipocrita detto da uno che scrive per il blog di una casa editrice. Amen. Ho passato metà della mia vita adulta a parlare male di minimum fax e l’altra metà a collaborarci. Io personalmente sul blog tengo una rubrica settimanale sulla scrittura. Preferisco farlo qui, dove nessuno mi dice niente o chiede niente, dove non devo fare favori e posso scrivere degli scrittori che preferisco. Sui giornali bisogna sempre mettersi in fila, usare mille attenzioni. Non bucare l’uscita di un certo libro ma poi, passato il momento, rinunciare a parlare di cose che si hanno a cuore solo perché è passato il momento. Piegare insomma un’esperienza dai tempi lunghi come la lettura a una serie di sveltine isteriche, passioni consumate così in fretta che non sviluppano amori. (D’altra parte che bella cosa sono i soldi, e i bonifici, e vivere scrivendo di libri: che bella cosa i giornali e le riviste quando ci pagano puntuali.)Tutto ciò per dire che la condivisione culturale è una cosa che si dà solo su internet, al momento. I tweet di Giuseppe Genna, per esempio: più ossessivi dell’arrotino, eppure mi mandano spesso in direzioni interessanti, mi fanno scoprire cose continuamente.
E pensate più a isole lontane fra loro o a contenitori che si integrano e si scrutano con piacere, stimolandosi a vicenda?
NL: Immagino i blog letterari come schegge di uno stesso mondo.
FP: Se c’è una preoccupazione non è certo che si precipiti nel solipsismo. Se c’è un rischio è non saper stare da soli e formulare un pensiero autonomo: lo stimolo reciproco è ineluttabile. Cliccare poi è più facile che leggere, dunque si ha spesso un’esperienza veloce ed estensiva. Il rischio è non riuscire a rileggere bene le proprie cose, ma su quelle degli altri si capita sempre e si impara sempre qualcosa che non si sapeva. È difficile isolarsi davvero. Ci si sveglia, si sale sulla collina, il computer, e si ammirano spesso panorami stupefacenti e vasti.
Gli addetti ai lavori (case editrici, scrittori, agenti letterari, critici, ecc) si sono riversati in massa nei mondi virtuali, incluse le piazze dei social network, uno fra tutti Facebook, qual è la vostra opinione in merito? La letteratura ha beneficiato di questa *democratizzazione* dei contenuti e delle comunicazioni?
FP: Aumentare la superficie relativa del mondo letterario, la quantità di punti in cui si possa entrare in contatto con la cultura, è ovviamente positivo. Però non si può leggere grandi libri e rimanere interamente democratici. La letteratura propone sentieri anche solitari e difficili. Chi vuole leggere libri tanto per lisciarsi le piume e usare citazioni a casaccio sul profilo di facebook può vivere nel più democratico dei mondi possibili ma non farsene niente. E poi a volte democratizzazione implica che si ricevano mail copia-incollate di editori o blogger che ti rivolgono domande standard senza neanche dirti: “Ciao, Francesco, ti scrivo perché ho letto questo tuo pezzo/libro/racconto, vorrei sapere la tua opinione sull’argomento X o sul dato libro”. Ma semplicemente, impersonalmente: “Gentile Autore, le rivolgo alcune domande…” Come fosse una lettera prestampata. Poi ci si lamenta delle lettere di rifiuto delle case editrici… Certe pratiche di para-editoria e para-giornalismo in rete mi fanno pensare che la spersonalizzazione e la standardizzazione non abbiano a che fare con il profitto – perché nei blog non girano soldi – ma con altro: forse lo spirito da collezionista, non so, non riesco a capire.
NL: Qui esprimo un’opinione personale e quindi non posso parlare che a mio nome e non a quello di minima&moralia. Credo che internet abbia migliorato il dibattito letterario, il discorso intorno alla letteratura, non la letteratura in sé, non dunque i singoli libri, che devono a internet (non come luogo d’espressione, ma come presenza tecnologica in grado di cambiare il nostro profilo antropologico) più o meno quanto la letteratura dell’ultimo secolo e mezzo deve al telegrafo, al telefono, alla radio, alla televisione.
Escluso il vostro blog e Sul Romanzo, indipendentemente dalle idee e se non altro per una questione di possibile discutibile autoreferenzialità, qual è il blog letterario che seguite con più interesse?
NL: mi collego normalmente a Nazione Indiana, Ilprimoamore, Carmilla, Giugenna. Ho poi una passione tutta particolare per Lafrusta.net e per scaruffi.com. Mi collego a questi siti con lo stesso spirito – mutatis mutandis – con cui consulto i quotidiani on line per sapere cosa succede nel mondo.
FP: Non seguo i blog direttamente: leggo gli articoli linkati su facebook e twitter dalle persone che conosco, di cui mi fido, e finisco di volta in volta dove mi portano loro. Sperando di finire il meno possibile su quelle pagine di commenti astiosissimi che formano il pan di spagna intriso di fango alla base del dibattito culturale. La cosa più sorprendente di un blog importante come Nazione Indiana, per dire, è che ogni giorno dimostra, attraverso i commenti dei suoi lettori, che la letteratura da sola non basta per diventare civili, l’educazione si impara da un’altra parte.
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