Esiste infatti un’obiezione abbastanza diffusa nei critici della Chiesa e sarebbe quella che i Papi, nelle loro dichiarazioni lungo i secoli, si sarebbero contraddetti tra loro relativizzando, di conseguenza, il magistero della Chiesa e l’insegnamento della verità così come ispirata da Dio al successore di Pietro. Ovviamente l’obiezione è indimostrata, nessun Pontefice ha mai ribaltato un dogma, come ha spiegato di recente padre Angelo Bellon, docente di teologia morale. L’onere della prova spetta a chi afferma l’opposto.
Ma la risposta va ampliata: nessun Pontefice ha mai contraddetto un altro quando quest’ultimo ha parlato “ex cathedra”, ovvero quando ha esercitato la cosiddetta infallibilità papale, sancito dal Concilio Vaticano I nel 1970 (e non dal Papa stesso) rifacendosi ad una lunga tradizione che risaliva alla cristianità primitiva. Il Concilio Vaticano I ha voluto parlare solo di una forma particolare di infallibilità: quella del Papa quando esprime sentenze dogmatiche (gli altri due casi in cui il magistero è infallibile sono stati stabiliti dal Concilio Vaticano II nella Lumen gentium al punto n. 25: i documenti del Magistero in cui il Papa presenta la dottrina cattolica in cui impegna la propria autorità di successore di Pietro e quando i vescovi sono radunati in Concilio ecumenico).
Non tutte le omelie o dichiarazioni del Papa sono verità infallibili e mai lo potranno essere quando esulano dall’ambito della fede e della morale, ad esempio i libri di Papa Ratzinger su Gesù sono volutamente firmati “Joseph Ratzinger”, proponendo esplicitamente il suo pensiero e la sua ricerca di teologo. Sinteticamente, il Concilio Vaticano I ha stabilito che occorrono una serie di condizioni da realizzarsi contemporaneamente perché si tratti di un dogma di fede e dunque non modificabile più da nessuno:
1) Il Papa deve parlare come maestro di tutta la cristianità, rivolgersi a tutta la Chiesa;
2) Deve affrontare una dottrina o verità rivelata concernente la fede o i costumi;
3) Dev’esserci la volontà di dare una decisione dogmatica e non un semplice avvertimento o solo una istruzione generale;
4) La ragione della sua infallibilità risiede nella assistenza particolare dello Spirito Santo, che preserva da ogni errore, e non nell’ispirazione o rivelazione da parte di Dio; tanto meno risiede nelle sue capacità e lumi naturali o alla sua personale virtù;
5) Le proposizioni del Papa sono irreformabili per se stesse e non per l’adesione dell’episcopato.
Occorre inoltre precisare che l’infallibilità non deve essere confusa con l’impeccabilità, quest’ultima riguarda la vita delle persone, così come quella del Pontefice. Un Papa peccatore (anche tanto peccatore, come lo sono stati alcuni), che come tutti gli uomini deve confessare i suoi peccati, può essere infallibile in alcune sue dichiarazioni (abbiamo visto quali). «In determinate circostanze e a determinate condizioni, il Papa può prendere decisioni in ultimo vincolanti grazie alle quali diviene chiaro cosa è la fede della Chiesa, e cosa non è», ha spiegato Benedetto XVI nel libro-intervista “Luce del mondo” (2010), «il che non significa che il Papa possa di continuo produrre “infallibilità”. Normalmente, il Vescovo di Roma si comporta come qualsiasi altro vescovo che professa la propria fede, la annuncia ed è fedele alla Chiesa. Solo in determinate condizioni, quando la tradizione è chiara ed egli sa che in quel momento non agisce arbitrariamente, allora il Papa può dire: “Questa determinata cosa è fede della Chiesa e la negazione di essa non è fede della Chiesa”. Ovviamente il Papa può avere opinioni personali sbagliate. Ma come detto: quando parla come Pastore Supremo della Chiesa, nella consapevolezza della sua responsabilità, allora non esprime più la sua opinione, quello che gli passa per la mente in quel momento».
Vi possono essere, invece, cambiamenti di giudizio nel Magistero della Chiesa su questioni particolari, che per altro non impegnano la fede e per le quali contano molto le circostanze storiche in cui tali giudizi sono stati espressi. E’ doveroso non confondere queste con le dichiarazioni “ex cathedra”, come fa chi invece sostiene la tesi della contraddizioni tra Pontefici. Infine, vi sono altri insegnamenti in materia di fede o morale presentati come veri o almeno come sicuri, anche se non sono stati definiti con giudizio solenne né proposti come definitivi dal magistero ordinario e universale. Tali ad esempio le istruzioni sulla bioetica, che «sono espressione autentica del magistero ordinario del romano pontefice o del collegio episcopale e richiedono, pertanto, l’ossequio religioso della volontà e dell’intelletto». Le proposizioni contrarie a questi insegnamenti «non possono essere affatto insegnate».
Come Gesù Cristo ha “preteso” dire “io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6), così durante l’Ultima cena ha dato a Pietro il compito di “confermare i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32) e così gli attuali Pontefici fanno oggi, sicuri della loro autorità data dalla successione apostolica. Per questo Sant’Agostino disse: “Roma locuta est, causa finita est” (Serm. 131, c.10, n.10), ovvero: «Roma, e cioè il Papa, ha parlato, la discussione è finita».
La redazione