Magazine Opinioni

I possibili luoghi dell'arca

Creato il 25 dicembre 2013 da Dariosumer
L'ARCA IN ETIOPIA
Nel 1992 lo scrittore Graham Hancock diede alle stampe un testo (12), estremamente sconcertante, in cui dopo anni di ricerche ed indagini sul campo fece conoscere al mondo occidentale una tradizione etiope cui pochi sembravano aver riservato il dovuto interesse.
Diventato ben presto un best seller internazionale, il volume di Hancock si basava su una tradizione etiope estremamente antica e codificata all'interno di uno dei testi più sacri per questo popolo, il Kebra Nagast, in cui si narra di come l'Arca fosse stata trasportata da Gerusalemme in Etiopia dal figlio avuto segretamente tra la regina Saba Makeda (13) e re Salomone, conosciuto come Menelik.
Il Kebra Nagast, o Gloria dei Re, fa la sua prima comparsa verso gli inizi del XIV secolo e narra di come Menelik avesse sottratto l'Arca dal Tempio di suo padre favorito da un complotto religioso con alcuni ebrei ribelli. Approdo finale della reliquia sarebbe stata la città di Axum ove nei secoli sarebbe stata custodita e dove sarebbe ancora oggi conservata presso la chiesa di Santa Maria di Sion. Gli ebrei etiopi, ovvero i falascià di Menelik, sarebbero così diventati gli eterni custodi del simbolo tangibile del patto di alleanza tra il Dio di Israele e Mosé.
Di "arche", o tabot, purtroppo però in Etiopia ne esistono moltissime, e se ne parla di 20.000, ovvero almeno una per chiesa, realizzate e fatte costruire come simboli tangibili dell'antico onore ricevuto ovvero come prove tangibili di una continuazione nei secoli dell'antico patto di alleanza con la divinità.
Nel 1990 tre professori universitari italiani (14) sarebbero però stati tra i pochi privilegiati nella storia etiope, e al mondo, a riuscire a vedere il sacro manufatto:
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
"Nel 1990 ci trovavamo ad Axum per un invito ufficiale del governo etiope e, dopo una serie di cerimonie, venne organizzato un incontro con l'abuna, la massima autorità religiosa. Questi ci ricevette con i parametri solenni e ci condusse a visitare la vecchia chiesa cristiana di Santa Maria di Sion ad Axum, una chiesa costruita nel Seicento dall'imperatore Fasiladas... Dietro l'altare maggiore, protetta da un baldacchino di velluto rosso con ricami, c'era l'Arca. L'abuna non voleva affatto mostrarcela, ma un giovane chiericò aprì la tenda e noi potemmo vedere una cassa di legno scuro, lunga un metro e alta sessanta cm, con il tetto a doppio spiovente. Non c'erano più le lamine d'oro e la superficie stessa appariva deteriorata.Appena l'abuna si accorse che stavamo osservando l'Arca, rimproverò aspramente il chierico, ordinandogli di abbassare immediatamente la tenda...".
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
La religione copta non permette infatti a nessuno, se non a colui che viene incaricato a vita di custodirla, di poter vedere l'Arca, si narra che allo stesso Negus Hailè Selassiè fosse stato opposto un secco rifiuto quanto aveva espresso il grande desiderio di vedere l'Arca (15).
L'ipotesi formulata da Hancock dimostrerebbe come l'Arca fosse stata trasferita inizialmente dalla Palestina all'isola Elefantina, in Egitto, ove nel secolo scorso venne portato alla luce un tempio in tutto e per tutto simile all'antico tempio salomonico (16), per poi passare dal Sudan ed infine arrivare in Etiopia sulle rive del lago Tana.
Recenti spedizioni hanno confermato come in questo lago, che si trova a circa duemila metri di altitudine, esistano antiche tradizioni che confermano il passaggio e la permanenza di una cassa di legno che la tradizione vorrebbe identificare con l'Arca di Israele.
Nei primi anni del nuovo millennio sono state avanzate diverse critiche alla tradizione etiope dell'Arca, contestazioni di tipo prettamente storico e religioso che vedrebbero nel Kebra Nagast uno strumento di legittimazione dopo l'antico scisma venutosi a creare tra la chiesa cattolica e quella ortodossa, e nella tradizione dell'Arca un mezzo per convalidare le antiche pretese dinastiche e religiose etiopi.
È stato stimolante, oltre che curioso, venire a conoscenza dallo scrittore Grant Jeffrey (17) di una conversazione da lui avuta con il principe etiope Stephen Menghesa, bisnipote dell'imperatore Haile Selassie, in cui parlando proprio dell'Arca conservata in Etiopia Menghesa abbia rivelato come durante la proclamazione dello stato di Israele, nel 1948, molti falascià etiopi ebbero modo di discutere con le autorità israeliane per il ritorno dell'Arca in Israele ovvero per iniziare a costruire il Terzo Tempio ebraico. Se quest'ultimo progetto sembra, per ora, essere totalmente naufragato non sappiamo altresì se l'Arca etiope sia stata realmente restituita ad Israele oppure sia ancora in Etiopia. La presenza ancora oggi dell'Abuna entro il recinto della chiesa di Santa Maria di Sion sembra però farci escludere anche questa ipotesi.
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
Note:
12. "The Sign and the Seal", trad. Italiana Il mistero del Sacro Graal, Ed. Piemme, Casale Monferrato 1992.
13. Ovvero la leggendaria regina di Saba.
14. Giuseppe Infranca, dell'università di Reggio Calabria, l'architetto Paolo Alberto Rossi, del politecnico di Milano e il direttore del CNR per le tecnologia applicate ai beni culturali, Vincenzo Francaviglia.
15. L'accesso alla cripta e la visione dell'arca è infatti consentito ad un solo Abuna per generazione.
16. Per l'ebraismo esisteva un solo Tempio ed in tale struttura doveva essere conservata l'Arca. Secondo Hancock il fatto che l'isola Elefantina ospiti un Tempio ebraico costituisce la prova inoppugnabile che tale luogo fu la sede, per un periodo di tempo limitato, dell'Arca prima che questa fosse definitivamente trasportata in Etiopia.
17. Nel suo testo "Armageddon: Appointment with Destiny", Frontier Reasearch Pubblications, 1997.
L'ARCA SUL MONTE NEBO
Nel libro dei Maccabei (18) si narra di come Geremia avesse nascosto l'Arca e l'Altare dell'Olocausto in una grotta situata nel luogo "...che aveva ospitato Mosé per contemplare l'eredità del Signore", luogo in cui il patriarca aveva osservato la Terra Promessa prima di spirare.
Secondo diversi studiosi tale altura sarebbe da identificare con il monte Nebo, probabilmente il moderno Jaban an-Naba, a circa cinquanta chilometri da Gerusalemme oggi collocato all'interno del territorio giordano.
Geremia, continua la tradizione biblica, avrebbe nascosto i sacri oggetti in un antro che avrebbe successivamente murato. Tale precauzione venne probabilmente imposta dalla paura che gli attacchi del sovrano babilonese Nabucodonosor, nel 587 a.C., potessero condurre alla distruzione del Tempio di Gerusalemme e del suo contenuto.
Geremia, successivamente, si sarebbe pentito del gesto compiuto e, ritornato sul Nebo, non sarebbe più stato in grado di identificare il luogo in cui aveva sepolto l'Arca.
In tempi più recenti studiosi come Anthony F. Futterer affermarono di essere riusciti a trovare il luogo in cui la sacra cassa era stata seppellita sul Nebo.
Secondo quanto reso noto Futterer sarebbe morto mantenendo un grande segreto sulla scoperta da lui fatta non prima di averlo rivelato però al suo amico reverendo Clinton Locy.
Locy, nel 1981, avrebbe reso compartecipe delle proprie conoscenze l'archeologo statunitense Tom Croster (19) che nello stesso anno organizzò una missione tesa a ritrovare la grotta perduta.
Grazie alle informazioni del reverendo Locy, Croster si indirizzò fin da subito sul monte Pisagh, nella catena del Nebo, dove ben presto poté identificare una cavità che sembrò essere l'entrata per una grotta naturale.
Il 31 ottobre del 1981 Croster e altri studiosi si introdussero dentro l'antro percorrendo i suoi tunnel e le sue asperità con grandi difficoltà.
Durante questo cammino ipogeo l'archeologo si trovò per ben due volte davanti a muri antichi che sembravano essere di chiara costruzione umana, ma in nessun caso vennero ritrovate iscrizioni o suppellettili. Meta finale di questo aspro cammino fu una camera intagliata nella roccia che fin da principio mostrò antiche tracce di presenze umane. Attente analisi identificarono tale struttura come un'antica chiesa in stile bizantino collegata, attraverso un pozzo verticale, ad un grotta posta ancor più in profondità.
Se fino a questo punto le scoperte di Croster risultano estremamente interessanti all'interno di un contesto archeologico e storico, quanto affermato successivamente non ha trovato ad oggi ulteriori verifiche se non nelle stesse parole di chi le ha pronunciate (20).
I tentativi successivi di coinvolgere le autorità giordane nella riesumazione dell'Arca sembrarono portare al totale disinteresse dei responsabili competenti conducendo lo stesso Croster a celarsi in una cortina di silenzio e riservatezza che sembra perdurare ancora oggi.
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
Note:
18. Maccabei 2, 1-8.
19. In riferimento alla spedizione sul monte Nebo consultare "Biblical Archaeology Review", May/June 1983, p. 66-69.
20. Le stesse prove fotografiche prodotte da Croster durante la missione, e che ritrarrebbero l'Arca, non sono mai state fatte vedere a nessun individuo o studioso per stessa volontà dell'archeologo, producendo in questo modo ancora più domande, e dubbi, sulla effettiva autenticità della scoperta.
L'ARCA SOTTO IL TEMPIO
Il saggio arabo Maimonide (1135-1204) afferma: "...quando Salomone fece costruire il Tempio pronosticò la sua distruzione e fece costruire una grotta segreta, molto profonda, ove Giosia diede istruzione di nascondere l'Arca dell'Alleanza".
Questo dato, che Maimonide attribuisce al giudeo Ilamado Arabaita, potrebbe aver ispirato una missione che nel 1908 cercò l'Arca sotto il Tempio di Salomone.
Montagu Brownlow Parker (21) iniziò le proprie ricerche dal museo turco del Topkapi, ad Istanbul, dove un esperto di studi biblici, lo svedese Walter H. Juvelius (22), lo indirizzò verso una meta sicura.
Juvelius affermava di aver trovato un codice all'interno di una copia manoscritta del Libro di Ezechiele, nel quale si affermava che l'esatta collocazione dei tesori perduti del Tempio era proprio sotto il Monte Moriah a Gerusalemme, in un punto cui si poteva accedere solo attraverso un complesso sistema di cunicoli sotterranei.
Intenzionati a riportare alla luce, dopo quasi due millenni di oscurità, la reliquia più sacra per la religione ebraica e cristiana, Parker e Juvelius si associarono e grazie agli ingenti finanziamenti della duchessa di Marlborough, e di altri finanziatori americani (stimati in circa 125.000 dollari), i due improvvisati archeologi iniziarono il loro viaggio verso la città santa. Arrivati a Gerusalemme i due avventurieri si resero subito conto dei problemi che le autorità mussulmane avrebbero potuto creare e quindi, in maniera poco furba, iniziarono fin da subito a corrompere le autorità sperando di ottenere i permessi tanto agognati. Fu proprio grazie a queste corruzioni che il gruppo venne a conoscenza, tra il 1909 ed il 1911, di diversi passaggi sotto il monte cui avrebbero potuto accedere per cercare il loro tesoro.
La spasmodica ricerca fu però interrotta bruscamente il 17 Aprile del 1911, quando Parker e i suoi collaboratori cercarono di compiere il gesto più sacrilego che l'autorità islamica potesse concepire. Parker, assieme ad un piccolo manipolo di uomini, tentarono di entrare nel Sakhra , una grotta di presunta origine naturale situata al di sotto della Roccia Sacra, nel Sancta Sanctorum della moschea mussulmana.
In questo luogo anticamente veniva disposta, durante il periodo del Primo Tempio, l'Arca dell'Alleanza. Lo spavaldo avventuriero inglese riuscì a calarsi nel silenzio della notte all'interno della grotta e a togliere alcune pietre che bloccavano l'ingresso ad una antica galleria. La fortuna non fu però vicina a Parker quando si fece scoprire da una guardia notturna posta a protezione del recinto sacro che avevano violato. Scoperti i sacrileghi profanatori della moschea, la guardia si diresse in città riuscendo a raccogliere, in meno di un'ora, una folla inferocita, indignata ed oltraggiata dal gesto compiuto. Sebbene pronti a linciarlo, i mussulmani non furono altrettanto veloci come Parker che ce la fece a fuggire dalla spianata del Tempio non riuscendo peraltro a rimettere più piede nella Città Santa.
Nel 1993 Randall Price pubblicò sulla rivista Messianic Times (23) un articolo in cui si confermava che antichi archivi rabbinici menzionavano il fatto che l'Arca era stata tolta dal Secondo Tempio per essere nascosta in un luogo segreto all'interno della sue grotte sotterranee.
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
Note:
21. Secondogenito del terzo conte di Morley.
22. Poeta, studioso e ricercatore che fu attratto fin da giovane età dall'archeologia biblica.
23. www.messianictimes.com.
L'ARCA NELLE ROVINE DI GILGAL
L'archeologo reverendo Vendyl Indiana Jones (24), personaggio da cui fu tratto il celebre eroe filmografico portato sullo schermo da Steven Spielberg, ha speso molti anni della propria vita di studioso e biblista scavando e studiando gli antichi insediamenti di Qumran, nel Mar Morto.
Attraverso uno dei rotoli rinvenuti alla fine degli anni '40 in questo insediamento esseno, Jones afferma di essere riuscito a trovare la "via giusta" per scoprire dove l'Arca fosse stata nascosta.
Attraverso il Rotolo di Rame (25) Jones ha ottenuto una traduzione in cui, oltre ad essere indicati vari tesori sepolti in precise collocazioni geografiche prima della disfatta del 70 d.C., sarebbe chiaramente indicata l'ultima ubicazione dell'Arca dell'Alleanza.
Dal 1952, anno in cui iniziò le proprie ricerche, Jones ha condotto senza sosta decine di campagne di scavi che hanno prodotto a livello internazionale ed archeologico una mole di dati veramente interessante su coloro che abitarono questi insediamenti. Attraverso anni di studi il reverendo Jones sarebbe riuscito a riscoprire come l'Arca fosse stata inzialmente portata a Qumran per poi essere trasferita, e definitivamente nascosta, nella città di Gilgal.
Se la costanza e la tenacia di Jones hanno permesso, da un lato, di conoscere meglio quella che fu l'antica comunità essena, portando altresì alla riscoperta di una considerevole quantità di nuove informazioni su questa setta religiosa, per quanto riguarda il fine ultimo delle sue ricerche nessun indizio evidente ha ad oggi condotto lo studioso alla risoluzione del suo più importante obiettivo, la riscoperta dell'Arca.
Molti ricercatori si sono negli anni avvicendati nel criticare gli scavi del reverendo, non tanto per i metodi utilizzati quanto per quello che viene considerato "un vizio di forma basilare" ovvero una traduzione sbagliata, e pilotata, del Rotolo di Rame.
Ovviamente da parte dell'interessato le uniche repliche a tali contestazioni sono state di natura filologica e linguistica facendo notare in più occasioni come la traduzione comunemente accettata di tale rotolo fosse viziata da una cattiva conoscenza dei termini.
Lasciando tali disquisizioni al campo accademico è possibile però oggi asserire che forse Jones ha avuto in parte ragione in certe sue affermazioni, indicando realmente quello che potrebbe essere stato l'iniziale "cammino di salvezza" dell'Arca, ma sbagliando altresì nell'interpretare il suo ultimo luogo di riposo con la città di Gilgal.
I POSSIBILI LUOGHI DELL'ARCA
Note:
24. www.vendyljones.org.il.
25. Per maggiori informazioni sul Rotolo di Rame consigliamo "L'ultimo mistero di Qumran", di Robert Feather, ed. Piemme, Casale Monferrato 2003.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :