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I poveri nel 2030: che fine faranno?

Creato il 15 ottobre 2013 da Molipier @pier78
I poveri nel 2030: che fine faranno? Genny Sangiovanni Genny Sangiovanni vedi altri articoli 15 ottobre 2013 10:30

L’epoca attuale verrà forse ricordata come quella istituzionalmente più pacifica. Le molteplici istituzioni esistenti fanno a gara per riempirsi bocca e documenti di intenzioni non bellicose e dialoghi raffinati sulla fraternità.

L’Unione Europea (o l’Europa in generale come esperimento politico) è la più abile istituzione capace di portare finalmente la pace in Europa dopo il violento Novecento e le varie organizzazioni mondiali riescono a far dialogare personaggi culturalmente diversi in tavole rotonde.

Tutto è così meravigliosamente democratico e pittoresco che al pubblico sembra di aver raggiunto il migliore dei modi possibili per collaborare globalmente verso un’esistenza migliore.

A questo punto forse qualcuno starà ridendo, maleducati.

A questo punto arriva la notizia: la Banca Mondiale si pone il nuovo obiettivo di eliminare la povertà assoluta entro il 2030 (passando per una sua riduzione al 9% entro il 2020). In circa 16 anni nessuno dovrà più vivere con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno.

Il neopresidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, riorganizza così l’istituzione dopo 20 anni di assenza di riforme. Nel sud del mondo 1 miliardo di persone è ancora indigente di cui 400 milioni bambini.

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, presente alla riunione del Comitato per lo sviluppo, svoltosi a Washington, ha ricordato il ruolo decisivo svolto dalla Banca Mondiale in questi anni di crisi economica. Solo nel 2010 l’istituto ha prestato 66 miliardi di dollari, tre volte la cifra elargita negli anni precedenti la crisi economica.

La riforma della Banca Mondiale, spiega Ignazio Visco, si basa sulla massima collaborazione interna e sulla creazione di 14 aree globali tra cui l’agricoltura, l’istruzione, la sanità, l’energia e il commercio per rendere l’istituto più efficiente.

Secondo il governatore si deve assicurare “una piena coerenza fra il piano e le necessità finanziarie della nuova strategia, senza chiedere un nuovo aumento di capitale e mantenendo un profilo di rischio prudente”.

L’accento viene qui posto, con il solo scopo di suscitare una riflessione, sull’unione dei concetti di ‘aiuto’ e di ‘prestito’ utilizzati come strumento successivo per combattere la povertà estrema.

(pausa di riflessione)

Un’indagine condotta tra i 10.000 dipendenti della Banca Mondiale ha fatto emergere l’esistenza di una “cultura della paura” insieme al “timore del rischio” e ad una scarsa collaborazione: la Banca Mondiale è organizzata fondo per fondo e regione per regione, secondo l’istituto stesso questo sistema è troppo segmentato.

L’indagine ha rivelato anche che i tecnici dell’Istituto passano meno dell’1% del loro tempo a sostenere altre regioni.

La “rivoluzione” consisterebbe dunque nell’abolire la suddivisione geografica o settoriale ed accorpare le varie funzionalità in grandi dipartimenti.

Questo renderebbe la banca più efficiente ed in grado di muoversi sul territorio più velocemente rispondendo alle esigenze dei vari paesi in breve tempo. Una strategia ampia.

Kim ha sottolineato che la Banca Mondiale “esaminerà un progetto per trasformare le nostre attività, la nostra struttura e la nostra cultura per raggiungere gli obiettivi.

Guardando agli ultimi 30 anni, abbiamo visto progressi nella riduzione della povertà: 700 milioni di persone in meno vivono in estrema povertà anche se la popolazione mondiale è cresciuta di 2,5 miliardi di persone”.

Il presidente ha infine concluso la riunione del Comitato con l’auspicio di una celere soluzione anche per il debito USA, la cui prospettiva incerta fa vivere difficoltà a tutto il mondo, inclusi i paesi poveri.

Di tutto il lavoro svolto e di quello ancora da svolgere resta solo un dubbio: Davvero?

Fonti:

Lettera43.it
Repubblica.it 

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