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I primi della lista (di Roan Johnson, 2011)

Creato il 25 luglio 2012 da Iltondi @iltondi

Nel giugno del 1970, a Pisa, due ragazzi, militanti di sinistra, anziché prepararsi alla maturità seguono oltre il confine italiano il carismatico Pino Masi (Claudio Santamaria), cantastorie impegnato che si è già fatto un certo nome nella lotta del potere operaio. Masi teme un colpo di Stato, crede di averne pure delle notizie certe, e sostiene che gli obiettivi immediati del nuovo regime fascista saranno proprio gli intellettuali di sinistra come loro. Appunto, i primi della lista. I tre si ritrovano così a chiedere asilo politico all’Austria… I primi della lista (di Roan Johnson, 2011)

Il ’68 è già passato, ma non la sua scia di contestazioni. Si sono già verificati il colpo di Stato in Grecia (1967), con la dittatura dei colonnelli all’insegna dell’anticomunismo, la strage di Piazza Fontana e la morte misteriosa dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della questura di Milano (1969). Gli anni sono quelli tumultuosi dell’instabilità politica e di ideologie radicali, che portano spesso a conseguenze drammatiche. In questo quadro, dopo un breve prologo che fa da sommario al clima di tensione che si respirava allora, si inserisce la commedia italiana I primi della lista, esordio nel lungometraggio del regista italo-inglese Roan Johnson. È un road movie che gode di momenti divertenti, azionati dalle paranoie di Pino Masi (personaggio eccentrico, che nella vita ha collaborato con Pasolini, De André, Dario Fo e molti altri) e dai rapporti conflittuali di Renzo Lulli con il padre (rispettivamente il debuttante Francesco Turbanti e un ottimo Sergio Pierattini). Nel cast anche un altro esordiente, Paolo Cioni (che interpreta il terzo della banda, Gismondi), e Daniela Morozzi, spesso vista in serie televisive, nei panni di una madre premurosa (la mamma del Lulli). Tratto da una storia vera, su soggetto dello stesso Renzo Lulli, la pellicola è sì incentrata sui deliri del protagonista ma mira, con le dovute cautele, a essere presa anche sul serio, dato che 6 mesi dopo il fatto raccontato ci fu un effettivo tentativo di golpe, poi fallito, da parte del comandante militare Junio Valerio Borghese. Nella seconda parte del film si ride meno, ma l’impianto, giocato costantemente sull’equivoco e sugli episodi generati dalla diversità fra i tre protagonisti, regge fino alla conclusione, nella quale il tutto assume la dimensione di un’avventura nostalgica e indimenticabile. Nel finale compaiono i tre veri Masi, Lulli e Gismondi, con didascalie al seguito e sulle note di Quello che non ho di Fabrizio De André (incisa nel 1981, è un omaggio volutamente anacronistico).



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