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I problemi di Heineken in Congo

Creato il 25 settembre 2013 da Danemblog @danemblog
Il marchio Primus, la birra prodotta dalla Bralima – società controllata da Heineken -, è un orgoglio nazionale in Congo. Ma Primus, come come altre realtà di ogni genere in Africa centrale, esiste all'interno di un mondo di conflitti, paesi devastati da guerre e violenza, in cui il commercio della birra diventa un affare complicato e controverso.

I problemi di Heineken in Congo

La Primus è il prodotto
di punta di Bralima

La Bralima fu fondata nel 1923 con il nome di "Brasserie de Lepoldiville" (Leopoldiville era la vecchia Kinshasa), ma per i primi anni non ottenne grande successo, perché aveva un rapporto qualità prezzo inferiore ai prodotti tedeschi e belgi diffusi sul mercato. Poi nel 1960, con l'indipendenza congolese, il nome si trasformò in quello attuale, acronimo di "Brasserie, Limoderies et Malteries Africaines", e aumentò la propria produzione: il picco fu raggiunto nel 1974, anno in cui sponsorizzò il "Rumble in the jungle" di Kinshasa, tra i pesi massimi Mohammed Ali e George Foreman.

Heineken che ne era azionista dal 1930, ne prese il controllo dal 1982, anticipando i grandi cambiamenti globali che stanno interessando il commercio degli alcolici e mantenendo l'azionariato anche durante la guerra civile che rovesciò Mobutu nel 1997 e nonostante le continue lotte interne tra governo e ribelli. La società olandese non distribuisce i profitti per paese, ma si stima che il business legato ad Africa e Medio Oriente rappresenti il 14 per cento del totale, per un valore intorno agli 800 milioni di dollari.
La presenza di Bralima all'interno del territorio della RDC è fortemente radicata e capillarizzata: molti i locali sponsorizzati dal brand Primus a cui si abbina la gestione del business delle celebrità. Si dice che Bralima sia la principale casa discografica del Congo, fornendo a cantanti come il rapper JB Mpiana contratti da 300 mila dollari all'anno, per concerti coperti dai propri marchi.
Dalla Bralima è gestito anche un fondo caritatevole, in ottemperanza alle politiche di RSI (o Corporate Social Responsability), azioni di natura etica e responsabilità sociale nel territorio, nelle quali Heineken si è impegnata, cercando di gestire le problematiche d'impatto sociale all'interno dei propri affari. Azioni in cui sono impegnate quasi tutte le multinazionali operanti all'interno di paesi fragili, e che la stessa Banca Mondiale ha definito "cruciali per i paesi che devono emergere dalla violenza"Sono stati attivati ambulatori gratuiti per far fronte all'impellenza della condizione sanitaria, dispense di grano, costruzione di orfanotrofi. Tutto rientra all'interno dell'Heineken Africa Foundation, con cui la multinazionale sostiene anche programmi per la cura prenatale, cliniche per controllare l'anemia a cellule falciformi, banche del sangue, scuole elementari, campagne anti-Aids. 
Ma nonostante questo, le attività commerciali di Heineken in Congo sono sottoposte alle problematiche in cui l'apertura economica – anche la più socialmente responsabile – può cedere in certe zone del mondo. La diffusione di Bralima nella fascia orientale della repubblica congolese, infatti, sarebbe sottoposta a dazi pagati a gruppi di ribelli.

I problemi di Heineken in Congo

Guerrieri M23, sullo sfondo la pubblicità Bralima

La zona est del Congo, è infatti controllata dal famigerato gruppo armato M23, organizzazione militare operante tra le province del Nord Kivu e Sud Kivu, vicino al volatile confine con il Ruanda. Essenzialmente di etnia Tutsi, il gruppo è l'erede del CNDP (Congresso nazionale per la difese del popolo di cui Bosco Ntagand è capo) che aveva combattuto contro le forze governative. Si riteneva che la guerra fosse finita nel 2009, con l'accordo da cui prende nome il M23, "Movimento 23 marzo", data in cui si prospettò la rimozione delle truppe dal Kivu e l’evoluzione del CNDP in un regolare partito politico - il nome ha il fine di sottolineare il carattere fallimentare degli accordi. Lo scorso anno però, il gruppo ha iniziato la propria attività conquistando la città di Goma, tra massacri, stupri e saccheggi: la tregua momentanea, è stata siglata a fine agosto 2013, dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva dato mandato per la creazione di una speciale brigata d'intervento da porre al fianco dell'esercito regolare congolese: nello stesso mese i caschi blu dell'Onu sono stati impegnati anche in operazioni di bombardamento nell'area. Quella in Congo, è considerata dalle Nazioni Unite la più grande operazione di peacekeeping al mondo.
La diffusione della birra Primus in questi territori è notevolmente complicata, ma tuttavia attiva. Secondo Jason Miklian e Peer Schouten di "Foreign Policy", il passaggio dei camion Bralima per i posti di blocco dei ribelli, sarebbe vincolato al pagamento di 500 dollari – da un rapporto Onu del 2008, si stima che un singolo posto di blocco possa valere intorno ai settecento mila dollari l'anno.
Miklian e Schouten, sulla base dei dati di commercializzazione e di consumo pro capite di birra, hanno stimato che il traffico di camion Primus per i blocchi stradali dei ribelli orientali, è di duemila unità annuali. Questo significherebbe che considerato il costo del passaggio, ogni anno verrebbe fornito qualcosa come 1 milione di dollari ai ribelli per garantire la vendita dei prodotti Bralima nelle zone dell'est Congo.
Soldi con i quali Heineken rischierebbe di finanziare - indirettamente - i ribelli in guerra.
La comunità internazionale ha imposto controlli sulle aziende che fanno affari direttamente o indirettamente con gruppi militari attraverso la Risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu n.1493, e gli Usa con l'Executive Order 13413 che penalizza qualsiasi società americana o sua controllata trovata "ad aver fornito materialmente o finanze o supporto tecnologico" ai militanti anti-governativi che operano nella RDC.
Tuttavia nonostante gli osservatori internazionali abbiano inasprito i controlli, le disposizioni restano molto difficili da far rispettare, in quanto sebbene si siano individuate svariate aziende locali di distribuzione che operano in collaborazione o sotto il racket dei ribelli, diventa tutto più complesso quando si sale di livello. D'altra parte le multinazionali dichiarano di appoggiarsi ad attività indipendenti per la diffusione dei loro prodotti nel territorio.
Il governo congolese sarebbe stato informato  ufficialmente dei fatti - ammesso che non lo fosse già - nel 2005 attraverso i dati emersi dal Rapporto Lutundula - rimasto insabbiato per diversi mesi, dove emergevano questa e altre problematiche e incoerenze di cui si parlò dopo le denunce dell'ex Ministro delle miniere e candidato alla presidenza Diorni Ndongala.
Heineken contattata da Foreign Policy nel periodo dell'inchiesta giornalistica, ha risposto tramite John-Paul Schuirink, financial communications manager, che avrebbe aperto un'indagine in merito e sospeso i pagamenti di fatture verso terze parti locali. In uno scambio di mail con i giornalisti americani,  ha fatto notare: "questa zona rappresenta molto meno dell'1% del nostro volume totale nella RDC e che la stragrande maggioranza delle nostre consegne nella zona sono al di fuori dei territori che sono sotto l'influenza di M23".
Ma sempre FP riporta che il responsabile delle comunicazioni di Bralima, Malanda, avrebbe dichiarato a Miklian e Schouten: " Per Heineken, ciò che conta sono i nostri obiettivi di vendita. Se li facciamo, tutto è buono. Se no, guai!". Dichiarazione che è stata disconosciuta e condannata da Schuirink, appena ne è stato messo al corrente.


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