I professionisti di Pisapia

Da Brunougolini
Non so come andrà il voto di Milano. Sarà però importante riflettere, quale che sia il risultato finale, sulle diverse componenti di quella folla che ha scommesso su Pisapia.  Tra loro non c’è solo il mondo del lavoro tradizionale, ma anche una parte nuova, il mondo dei professionisti fino a ieri sedotti dal berlusconismo rampante. 
Ha scritto Sergio Bologna, uno che ha dedicato studio e attenzione a questo fenomeno: “L’aria nuova viene innanzitutto dai giovani e giovanissimi, che non ne possono più di una condizione del lavoro che umilia le loro competenze e rende invivibile una metropoli per chi deve campare dei propri introiti, non ne possono più della volgarità dei media e della disinformazione prodotta dalla stampa, non ne possono più – essendo una generazione scolarizzata – di essere trattati da imbecilli”. Sono i  “nativi digitali”… “Non sono l’anti-politica, come pensano le mummie della sinistra, ma sono il post-politica”.
E’ probabile che – enfasi a parte – Bologna abbia ragione. Del resto un sindacato tradizionalista (“conservatore” per qualcuno) come la Cgil se ne è accorto. Ora nella sede di Corso d’Italia, a Roma,  siede un responsabile del settore: Davide Imola. E’ stato tra gli organizzatori di un convegno che ha preso spunto da un’apposita ricerca dell’Ires. L’argomento erano appunto i professionisti, ovverosia coloro che, lontani dal mondo salariato, erano magari considerati una casta di ricchi notabili. Non è più cosi. Sono una massa di 3 milioni- 3 milioni e mezzo di persone,  lavoratori autonomi, con alte competenze, ma senza tutele.
 E che hanno visto decrescere la propria forza contrattuale, i compensi e quindi la capacità di autotutela, a cominciare da quella previdenziale. Certo non sono tutti eguali. Il 20 per cento sono a forte rischio di precarietà, il 68,5%  denuncia  scarse tutele". Poi ci sono gli affermati che però vorrebbero accedere più facilmente a diritti di cittadinanza. Anche le cifre sul reddito variano. Così la media del reddito annuale è stata (nel 2009) inferiore a 10.000 euro per il 23 per cento;  tra 10.000 e 15.000 per il 21,6 per cento; tra 15.000 e 20.000 per il 17 per cento; tra 20.000 e 30.000 per il 18,5 per cento e più di 30.000  per il 17,2 per cento. La difficoltà principale risiede (per il 60,1 %) nell’attesa del pagamento. Mentre, la discontinuità  occupazionale, crea dei notevoli problemi anche per l’accesso al credito (71,2%). 
Anche qui sarebbe necessaria una politica che scavi nel profondo cominciando, dice Imola, dalla riforma delle professioni e da un maggior riconoscimento professionale per chi opera fuori dagli ordini. Un deputato del Pd Cesare Damiano, già ministro del Lavoro con Prodi, ha presentato una proposta di legge relativa alla promozione di uno statuto del lavoro autonomo. Qualcosa si muove e non solo a Milano.

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