Ogni anno, nel nostro Paese, si assegna un’infinità di premi d’ogni sorta e tra questi migliaia sono destinati ai poeti. Premi, premi per tutti, dai poeti estemporanei che improvvisano ottave nelle sagre di paese, ai “Poeti laureati”.
Migliaia di premi, decine, centinaia di migliaia di poeti. In Italia vi sono più poeti che lettori: incredibile dictu! A giudicare dal numero dei premi si direbbe che gli Italiani campino di pane e poesia…e invece sappiamo che “il companatico” è composto da ben altri ingredienti.
A cosa servono, allora, tanti premi? Quasi sempre il loro scopo è quello di riempire di “patacche” le case dei poeti e, soprattutto, di riempire di soldi le tasche degli organizzatori: accademici da avanspettacolo, presidenti di pseudo associazioni letterarie, spacciatori di sottocultura, si fanno in quattro nell’escogitare i metodi più subdoli per solleticare la vanità dei poeti ed attirarli nelle loro trappole.
A volte si arriva alla truffa: di alcuni concorsi, banditi molti anni or sono, non si sa più nulla e i poeti aspettano, come il colonnello di Màrquez, una lettera che, forse, non arriverà mai.
A questo punto c’è da chiedersi come mai, quando si cerca di arginare lo spaccio della droga, non si prendano provvedimenti anche nei confronti di questi odiosi spacciatori di sottocultura. Sono tantissimi e i loro costumi sono sempre gli stessi. Agiscono come per un tacito accordo o a causa di un comune patrimonio genetico, che li spinge a infestare i membri della stessa specie, come nel caso della Peronospora o della Fillossera. Sarebbe giusto, almeno, esporli al pubblico ludibrio.
Anche quando non si arriva alla truffa, i metodi con cui questi signori gestiscono i loro traffici è, a dir poco, indecente. Ogni anno una massa di ingenui versa a costoro il suo obolo (per “tasse di lettura” e segreteria e per l’inserzione nelle “Antologie dei finalisti” si può arrivare a centinaia di Euro), ricevendone in cambio un premio quasi garantito, che consiste in un diploma, una patacca e, nel migliore dei casi, in un “Artistico trofeo” appositamente creato da un artista di “chiara fama”.
Ma non è tutto. E’ prospera, infatti, una categoria di ingenui che, sperando di estendere la loro fama condominiale o rionale, con altri e più esclusivi riconoscimenti, si espone alla più inverosimile sequela di tiri mancini.
I retrobottega degli spacciatori, infatti, sono forniti di tutti gli accessori, fra i quali sono particolarmente ambiti i titoli accademici, che vengono proposti, con circolari stampate in migliaia di copie, a una ristretta cerchia di eletti, accuratamente selezionati in una rosa altrettanto ristretta di illustri poeti.
I titoli e i simboli di queste accademie sono quanto di più spudorato e pacchiano si possa immaginare. C’è chi, con volpina furbizia, è arrivato a creare uno stemma che ricorda quello della Repubblica Italiana, senza arrivare al plagio, ma ottenendo egualmente un effetto visivo che induce a pensare a chissà quale crisma ufficiale. Tali diplomi, in realtà, non valgono più della carta su cui sono stampati.
Al modello base, in cambio di un adeguato compenso, si possono aggiungere la carta intestata, i biglietti da visita e, massima onorificenza, un bel collare di “Senatore accademico”.
Queste accademie, spesso, sono sostenute da abominevoli pubblicazioni periodiche o siti internet, sui quali uno stuolo di critici di “chiara fama” e provata onestà intellettuale è pronta a glorificare qualunque poveraccio sia disposto a pagare ogni riga. Sia nei testi recensiti, sia nelle recensioni, le “licenze” poetiche, ortografiche e sintattiche, ovviamente, si sprecano.
Tutto si compra e si vende, purtroppo, ed è sconsolante sapere che nel nostro Paese esistano decine di migliaia di onesti lavoratori e padri di famiglia e di brave casalinghe che, in mancanza di valori veri su cui fondare la loro esistenza, sono disposti a comprare una patetica illusione all’emporio della sottocultura.
Federico Bernardini
Immagine: Mezzo Toscano, fonte http://it.wikipedia.org/wiki/File:Toscanello.jpg