11 Dicembre 2015
L’otto dicembre è morto John Lennon. Buffo, non ho mai saputo fino all’altro giorno che di secondo nome facesse Winston. E, in fondo, non me ne è mai importato nulla. Mai sopportati i Beatles.
A Londra, tre anni fa, nel 2012, cominciarono a circolare certi volantini. Li si poteva trovare dovunque. Appiccicati ai pali delle fermate degli autobus, nelle stazioni dell’Underground, sotto i tergicristalli delle automobili. Persino sul cancello di Buckingham Palace. Nessuno stupore, lì dentro qualche anno fa c’era entrato persino Batman.
The Yellow Fab Four. I Beatles Gialli, come i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse. Fate attenzione! Recitava l’avviso.
Nessuno se ne fregava più di tanto. Me compreso.
Sì, ogni tanto arrivava qualche aggiornamento dall’Asia. Ma il pensiero comune era: in fondo è in Asia. È lontano. Chissà che casino hanno combinato laggiù. E, qualunque cosa sia, non arriverà mai fin qui.
Ci sbagliavamo.
***
Stamattina piccola sosta sul blog di Alex. Prese, ovviamente, le contromisure adeguate. Non riuscirà a rintracciarmi, se ci proverà. Uno dei trucchetti che mi ha insegnato Norys, nell’ultima chat via Skype.
Risparmiatevi il pensiero. Skype è offline. E, anche se funzionasse, non lo userei mai.
Norys… me lo immagino su una barca, o in qualche rifugio antiatomico. Lui a questa cosa s’è preparato da quando è venuto al mondo. La sognava tutte le notti.
Passeggiata mattutina. Lei è rimasta a casa. Sono sempre un po’ nervoso quando succede. Ma non se ne parla di farla uscire con questo freddo. Non voglio che si ammali.
Deplorevole da parte mia non aver saputo rinunciare. Ma è l’ultima cosa bella rimasta.
E io sono un egoista. Oltre che il solito stronzo.
Meno male che gli inglesi, d’altro canto, sono un popolo di cacciatori. Nelle case dell’upper class si trovano fucili Beretta, cartucce calibro 12, e tutto l’occorrente per la caccia alla volpe. Nei campi e nei boschi, invece, qualche altra cartuccia già sparata che è possibile riciclare. Sorpresi? Si può fare davvero, ma bisogna avere l’occhio allenato. E tuttavia sparo poco. Solo se se necessario.
Le volpi proliferano. Le lepri proliferano. I volatili pure. I cacciatori sono quasi estinti.
La natura la fa da padrona in questa cazzo di apocalisse. La razza umana è nella merda itterica. Fino al collo. Il mondo, al contrario, finirà con lo scoppiare… di salute.
In un villaggio, ho visto una decina di tipi appendere un giallo a un lampione e torturarlo. Credo fosse un rito di esorcismo aggiornato all’apocalisse del terzo millennio. Due impugnavano le corde con le quali stringerlo per impedirgli di dimenarsi, piedi, e mani dietro la schiena, il lampione tra la spalla e le braccia, un terzo lo punzecchiava sul torace con uno spuntone di ferro arroventato. Il quarto gli strappava con le tenaglie le unghie dei piedi. Un quinto brandiva un pastorale e sbatteva con violenza il crocifisso sulla bocca di quello stronzo.
Un prete, infine, salmodiava. In latino. O, almeno, ciò che gli inglesi chiamano latino. I restanti erano la piccola folla che si gode lo spettacolo.
Me ne sono stato ben nascosto ad ascoltare. Il prete gli chiedeva il nome e quanti fossero lì dentro, nel giallo. Quello non faceva altro che grugnire, come un posseduto di quelli che si vedono nei film. La cosa mi ha sorpreso, ma non più di tanto. Quando la scienza scompare, inghiottita dall’abisso di una cura che non c’è, vince l’occulto. Di nuovo.
Antiche tradizioni fanno derivare dalla conoscenza del nome delle cose, viventi e non viventi, il potere assoluto su di esse.
Se così fosse, i Gialli hanno già vinto. Loro non hanno più nome. Sono una massa indistinta sulla quale non si ha più alcun potere.
I Fab Four sono arrivati. Meglio scappare.
***
7 Settembre 2013
La tenda è scossa dal vento. L’autunno è arrivato con leggero anticipo. È sdraiata sulla brandina, il respiro affannato, ma regolare. Faccio del mio meglio per tenerla al riparo dagli spifferi. Nel frattempo controllo le cinghie che la legano al letto. Tengono.
Fuori, c’è il solito andirivieni di imbecilli in tuta militare che sbraitano convinti di avere tutto sotto controllo. Anche quelli della Croce Rossa hanno iniziato a urlare. Isterismo di massa.
Non si riesce più a distinguere una semplice epatite dal giallismo. Se ti ammali di fegato, rischi di beccarti una pallottola in fronte come rimedio universale.
Un consiglio? Non ammalatevi.
Sono riuscito a non essere espulso dal paese, ma non a imbarcarmi per l’Irlanda. Le frontiere sono chiuse per davvero. Un Rolex basta a restare. Per andare in Irlanda, la verde Irlanda, un intero deposito di cibo in scatola potrebbe non essere sufficiente. Dicono che lì la situazione sia sotto controllo. Non hanno più un euro in tasca e la loro economia non è molto lontana dal semplice baratto, ma ora sembra il paradiso. Questo è quello che dicono… Comincio ad avere dei dubbi, visto che la situazione era sotto controllo anche a Londra… E ora Londra brucia.
Il Tamigi fa il suo sporco lavoro e diffonde la pestilenza nell’aria e nel mare.
Poggio il palmo della mano sulla sua fronte. È fredda e bagnata. Il giallo del suo volto è intenso. Lei sgrana gli occhi e quelli sembrano fosforescenti, tanto sono itterici. Nonostante il bavaglio tenta di mordere la mia mano. Ma è debole. Non si nutre da giorni. Le flebo sono inutili. Tutti gli antibiotici del mondo, anche. Sul viso, sulle mani, i capillari e le vene si sono rotte rendendola livida.
Siamo alla fine.
Come si fa a restare accanto ai propri cari fino all’ultimo?
Facile. Basta aver già promesso il cadavere. Qualche coglione crede ancora di poterci fare qualcosa, studiandoli in privato. Se lo beccano va dritto in forno, insieme al corpo che ha rubato.
***
4 Agosto 2012
Ora ho tre problemi. Oltre alla fine del mondo, certo.
L’iPad che si è spaccato. Zooey che mi guarda fisso ed è imbambolata. Quelle cazzo di telecamere a circuito chiuso.
Ho ammazzato un tizio. Che sia un infetto, uno zombie, un fottuto morto che cammina oppure no, a quel che resta del mondo, che si illude di contare ancora qualcosa, non importerà. Mi prenderanno, mi metteranno dentro e mi processeranno per darsi un contegno. Un iPad contro le mani nude di quel figlio di puttana. Qualche avvocato brillante potrebbe persino invocare l’eccesso di legittima difesa.
Il mondo è proprio quello che sembra: un posto di merda governato da pazzi furiosi.
Un grande magazzino è proprio un posto di merda dove restare intrappolati.
Sul bancone scorgo una scatola di kleenex. La afferro e gliela porgo. L’automa Zooey ne prende uno con la punta di pollice e indice, dopo una decina di secondi, sempre in automatico, inizia a pulirsi il mento e il collo imbrattati del sangue della guardia del corpo.
Vorrei mettermi a urlare per darle uno scossone, ma non sono così pazzo.
Dobbiamo toglierci di qui. Adesso.
La prendo per un braccio, trascinandola al mio fianco. Forse è un’idea del cazzo, ma ho visto la zona abbigliamento adulto donna e più in là dei camerini. Nei camerini non si entra, tranne che per provarsi i vestiti. Gli zombie hanno istinti umani. Devono averli. A meno che non capiti uno zombie pervertito, oppure non facciamo casino, non dovrebbe entrare mai in un camerino vuoto.
Oppure siamo fregati.
In ogni caso, non posso respingere nessuno con le grucce appendiabiti, i reggiseni push-up o le boccette di profumo. Davvero un posto di merda…
Zooey continua a pulirsi il viso anche adesso che è appiccicata a me, stretti nel camerino, in piedi entrambi sullo sgabello. Il cleenex è ridotto uno straccetto rossastro. Io la sostengo col braccio sinistro. Non mi sembra sul punto di svenire, solo confusa.
Le prendo la mano con delicatezza e gliela allontano dal viso, accompagnandola lungo il fianco. È fredda. I suoi occhioni azzurri fissi nei miei.
È davvero bellissima.
E io? Io non sono così bastardo. Non la stringo neppure per darle un po’ di calore, e forse dovrei… Approfittarne, dico.
Poi arrivano i passi. Regolari, incerti, accennati. Che cazzo…
Subito dopo, l’ombra che si allunga sul pavimento, da sinistra verso destra, sotto la tendina, lì fuori. Arrivano i piedi. Le punte di due stivali che si posizionano davanti alla tenda.
Parte la musica. Una musica del cazzo, lì in filodiffusione. Mi scaravento contro la tenda e chiunque ci sia al di là. Afferro la sagoma avvolgendola col panno e stringo forte. Gli anelli della tendina cedono uno dopo l’altro e finisco a terra, io e il pesce che ho preso.
A cavalcioni, come prima. Sembra essere un buon metodo. Colpisco col pugno almeno tre volte all’altezza del viso e allo stesso tempo urlo. O forse mi sembra di urlare.
Poi smetto, di colpire e di credere di gridare. Lì sotto, qualcuno si sta lamentando anziché grugnire. Una voce femminile.
Scosto il tessuto e ci trovo una bella ragazza. Capelli castani e occhi verdi. E naso rotto da cui cola del sangue che le è finito in bocca.
Merda.
fine terzo episodio
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