[Continua, ormai avranno capito anche i sassi turchi, dalla puntata precedente.]
Terzo giorno a Sultanhamet e comincio a non poterne più della ressa. Così io e il #belGabriele ci affidiamo alla saggezza e ci alziamo praticamente all’alba, alle sette cioè – a mia discolpa posso dire che per noi è alba perché qui il fuso orario è di un’ora avanti, ma siamo delle pappemolle, lo so.
Così alle nove belli pimpanti ci troviamo di fronte all’ingresso del Topkaki, con una coda piuttosto affrontabile e rapida. Così alle nove e mezza siamo tra le corti di quella che era la residenza del sultano e che oggi è uno dei monumenti più visitati del paese. Come prevedevo la visita dura qualche ora, non sto a raccontarvi la rava e la fava né che è di una bellezza da mozzare il fiato perché tanto ve ne accorgerete solo andandoci; ho solo una piccola osservazione.
Come molti sapranno – e chi non lo sapesse lo scoprirà adesso – ho trascorso l’erasmus a Granada; ho quindi visitato in lungo e in largo i monumenti arabi della penisola iberica, ho sfinito tutti raccontandone le meraviglie e ne so abbastanza da poter fare questa riflessione. Eccola.
L’Alhambra è un monumento che afferma la vittoria dell’oriente in un posto occidentale, ed è totalmente arabeggiante: decorazioni geometriche, bugie, non un dettaglio discontinuo dallo stile di questo popolo. Qui siamo in una porta tra occidente e oriente, e anche se il caro Mehmet doveva affermarsi, prima o poi l’influenza proveniente dall’Europa dell’ovest si sarebbe fatta sentire. E così è stato: in alcune parti (penso all’harem per esempio) le decorazioni arabe si alternavano ad affreschi figurativi che richiamavano il Tiepolo e la scuola veneziana; in altre il gusto occidentale quasi predomina, rendendo alcuni dei palazzi più recenti quasi dei salotti viennesi, come il #belGabriele mi ha fatto giustamente notare.
Poi, chiaramente il contesto – giardini e fontane – riporta all’oriente. Ma quel mare di sfondo, che divide l’Europa dall’Asia, sembra suggerire che le dicotomie non esistono, che alla fine due linee culturali finiscono per incontrarsi.
[Continua...]