“i ragazzi devono sapere!”

Da Nicla

Intervista a Giovanna Lupi, insegnate di Igiene, presente a Be4eat 2013 con una delegazione di alunni

“Vent’anni fa sarebbe stato impossibile”. Invece oggi, qualcosa è cambiato. “L’attenzione a ciò che si mangia e perché lo si mangia è diversa. I genitori sono diversi. E di conseguenza anche i ragazzi.
Insegnate per passione Giovanna Lupi, vicentina, da anni attenta al tema dell’alimentazione (in particolare quella a base vegetale), non ha dubbi a riguardo. “La società sta cambiando. E lavorando nella scuola si percepisce. L’attenzione all’alimentazione e a tutto ciò che può essere un ritorno al semplice e al fatto in casa, c’è ed è in crescita. L’assurdo è che tutto questo avviene mentre in TV i diversi programmi di cucina insegnano a condire e ad aggiungere ingredienti grassi e visibilmente insalubri per una ricerca del gusto a tutti i costi cui la gente inizia a diffidare”.

Docente di Igiene e anatomia e biologia, Giovanna era a capo di una delegazione (circa 24 ragazzi) dell’Istituto biologico Boscardin, indirizzo sanitario, che nella giornata di domenica ha lavorato come volontaria nello staff di Be4eat 2013.
Insegno alimentazione ed epidemiologia da diversi anni- spiega Giovanna-. Come potevo non approfittare dell’arrivo a Vicenza di uno tra i ricercatori epidemiologici più importanti al mondo senza fare in modo che i miei alunni potessero davvero capire fin dove può spingersi questa scienza nella ricerca medica?”.

Domanda scontata… Come l’hanno presa i genitori?

“Sono stati molto aperti. Alcuni già tendono ad una alimentazione vegetariana, per cui certe tematiche erano già presenti in casa. Ma anche con altri genitori il messaggio è passato subito. Io credo che i genitori siano concordi che i nostri ragazzi hanno bisogno di sapere: devono aprire la mente, imparare ad ascoltare nuovi messaggi e sviluppare uno spirito critico verso tutto ciò che viene venduto loro come facile e normale”.

Te l’aspettavi questa apertura?
“Francamente sì. Da un lato il nome del dr. Campbell ha aiutato: non proponevo la partecipazione ad un seminario qualunque e questo i ragazzi l’hanno capito subito. D’altra parte, tuttavia, la società è più attenta. Quando vent’anni fa ho iniziato a far seguire mia figlia da un pediatra vegetariano ho incontrato non poche difficoltà a far passare la mia scelta al contorno familiare. Oggi non è più così. Le famiglie sono più sensibili al tema alimentare. La voglia di capire e sapere cosa stiamo mangiando e perché lo stiamo mangiando è entrata in larga misura nel tessuto sociale. Mi colpisce invece come la televisione e il mondo dello spettacolo non si sia accorto di ciò. E’ come se ci fossero due universi paralleli: un contesto familiare sempre più folto che chiede semplicità e genuinità, e un mondo di programmi TV che propone di tutto e di più alla ricerca di un gusto esagerato che cozza contro la salute e la prevenzione”.

A scuola è stato difficile far passare il messaggio?
“La scuola è un immenso elefante burocratico, e questo è risaputo. Tuttavia ciò che si può fare, lo si fa. Nel caso della partecipazione al seminario del dr. Campbell è stato abbastanza facile. Alcuni insegnati sono vegani e mi hanno sostenuta nella presentazione del progetto alla preside che, appena capita l’importanza, ha approvato la partecipazione volontaria di una delegazione di studenti. Il tutto ovviamente coinvolgendo i genitori che hanno dovuto accompagnare e prendere i propri figli. Altre cose invece non cambieranno mai: da sempre dentro la scuola si vede la presenza di distributori automatici e qui nasce l’ incongruenza (la ricerca della salute contro la presenza di merendine a scuola) su cui io mi sto battendo facendo leva su un progetto salute che esiste e che dovrebbe guardare magari un po’ più sul concreto. Ma è ancora una lotta contro i mulini a vento”.

E i ragazzi…?
“Loro sono già andati avanti. Il mondo dei giovani è così: corre veloce, da una cosa all’altra e oggi al centro della loro attenzione ci sono le verifiche, gli esami e le vacanze natalizie. Ma so che qualcosa, al di là dei crediti che rimarranno per l’esame di maturità, gli è rimasto dentro. Lo vedo, lo sento. Si percepisce dai loro discorsi. Del resto chi lavora con loro sa che non bisogna avere false illusioni: pastasciutta e bistecca è tutto ciò che i nostri ragazzi conoscono in fatto di cibo. Ciò che cambia è l’esperienza: sentire parlare di digiuno, di malattie legate al cibo e di scelte differenti in campo alimentare dà una marcia in più al senso di criticità e capacità di analizzare fino in fondo, senza pregiudizi. Non tutto quello che ti passano alla televisione è oro colato. E non esiste medico migliore di noi stessi. Questo era ciò che volevo insegnare, e questo è ciò che è passato”.


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